Nuove scoperte al Santuario di Hera alla foce del Sele
| di Lucia Cariello«Il santuario di Hera alla foce del Sele continua a sorprendere. È il luogo di ritrovamento di uno dei fregi dorici più antichi e più complessi: le metope di prima metà VI sec. a.C. – scavate dal 1934 in poi ed esposte nel Museo di Paestum – con scene dal mito greco da Sisifo a Clitennestra e Oreste. Un ciclo singolare sul quale ci stiamo interrogando ancora… » così Gabriel Zuchtriegel – direttore del Parco archeologico di Paestum – apre la conferenza stampa, presso il Santuario di Hera alla foce del Sele. «Grazie alle ricerche dell’Università Federico II di Napoli – continua Zuchtriegel – con la direzione prima di Giovanna Greco e adesso di Bianca Ferrara, si getta nuova luce sul contesto più ampio del Santuario. Particolarmente interessante la struttura di tardo VI sec. a.C. di cui ancora non è chiara la funzione e la relazione con il Santuario. Spero le ricerche vadano avanti nel futuro, con la partecipazione dell’Università e il sostegno del Comune. Intanto noi stiamo lavorando sulla riapertura del Museo Narrante, danneggiato durante le inondazioni nell’area; abbiamo ricevuto per questo progetto un finanziamento europeo e del MiBACT e i nostri architetti stanno procedendo».
Alla conferenza è presente la professoressa Bianca Ferrara – Ricercatore di Archeologia Classica presso il Dipartimento di Studi Umanistici Università degli studi di Napoli Federico II – che presenta i risultati dello scavo da lei diretto: «Quattro settimane di lavoro quelle che hanno visto impegnati gli studenti e i giovani archeologi laureati della Federico II nel santuario di Hera alla foce del Sele. Negli ultimi anni le annuali campagne di scavo condotte dall’Università degli Studi di Napoli Federico II nel santuario si sono concentrate nella cd. Zona C, individuata nel 1950, ubicata a 530 m circa a S/E dalla Zona A, cuore dell’area sacra. Nell’area insistono due edifici che si sovrappongono anche se con un diverso orientamento; il più recente restituisce la planimetria di un’unità abitativa, di forma quasi quadrata (21,40×24,30 m), orientamento Nord/EstSud/Ovest, con ambienti disposti intorno a una corte centrale. L’edificio sottostante, più antico, è realizzato in blocchi isodomi e restituisce una planimetria rettangolare, perfettamente orientata Nord/Sud. I materiali recuperati all’interno della trincea di fondazione consentono di datarne la costruzione tra i decenni finali del VI e gli inizi del V sec. a.C. L’edificio più recente a pianta quadrata presenta caratteristiche planimetriche che restituiscono un modello di riferimento di un complesso abitativo, noto nel mondo italico, da quello di Roccagloriosa, alla villa del Moltone di Tolve, nella sua fase di III sec. a.C.; la funzione abitativa dell’edificio è confermata dalla tipologia dei materiali ritrovati – ceramica da mensa, dispensa, cucina – e dalla presenza di due pithoi, uno dei quali trovato in sito e con tracce di restauro in antico. I materiali rinvenuti, in contesti non disturbati, consentono di datare l’impianto dell’unità abitativa, nella sua prima fase tra la fine del III e l’inizio del II sec. a.C. L’attività di scavo nel 2017 si è concentrata, in particolar modo, nel settore meridionale di questo edificio, interessando il settore a N/O della corte centrale (ambiente E), il corridoio divisorio e l’ambiente B che ha restituito le tracce di una consistente opera di canalizzazione per il deflusso delle acque. L’aver intercettato i livelli non intaccati di frequentazione e di abbandono della struttura ha consentito di datarne con un buon margine di sicurezza l’impianto nei primi decenni del II sec. a.C. e la definitiva defunzionalizzazione entro il II sec. d.C. Gli studenti e i giovani archeologi – del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II che hanno partecipato allo scavo – hanno mostrato grande interesse ed entusiasmo nella conoscenza del santuario e del territorio circostante, percepito come una realtà viva e inclusiva, fortemente identitaria per anche per la popolazione locale. Le attività di scavo, nell’ambito di una più ampia collaborazione con il Parco Archeologico di Paestum e con gli Enti locali, hanno offerto un’occasione preziosa di conoscenza e formazione per gli studenti che vi hanno preso parte anche nell’ambito dello svolgimento dei tirocini universitari e hanno contribuito a creare un solido, duraturo e vivace legame e scambio con la popolazione locale, favorendo la promozione e la valorizzazione del sito e di altre attività a esso connesse».
A conclusione dei lavori, infine, in occasione del trentennale dell’avvio delle ricerche presso il santuario al Sele, nei prossimi mesi sarà organizzata una giornata di studi dedicata all’attività di ricerca svolta in questi anni e ai risultati conseguiti che hanno fatto luce su aspetti inediti della vita e del ruolo del santuario e dell’area gravitante intorno ad esso dall’età arcaica alla piena età romana.
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