Paestum: il Museo Narrante resta ancora impassibilmente chiuso
| di Laura Del VermeCapaccio, 10 novembre 2010, le acque del fiume Sele inondano il piano inferiore del Museo Narrante di Paestum; le sale furono devastate e corrose dall’umidità che mise fuori uso anche i complicati sistemi palmari, informatici e l’impianto elettrico. Allora, fu collocato, all’ingresso dell’edificio un cartello”Chiuso per alluvione” che Comune, Provincia e Regione continuano ad ignorare. Nessuna apertura potrà essere programmata, se non arriveranno i fondi per la messa in sicurezza degli impianti che, all’epoca erano stati quantificati in 60.000, 00 euro – il costo di uno dei tanti concerti pop (!) che pure le istituzioni suddette trovano il tempo di organizzare. Oggi, il museo, grazie alle risorse del Mibac, è stato ripulito dal fango ed è presidiato per evitare furti, ma rimane tristemente muto. Ed è paradossale visto che si trattava di uno dei pochi musei narranti del territorio!
La storia di quest’antichissimo santuario è gloriosa e la sua scoperta, avvenuta nel 1934, fu salutata dal mondo scientifico come una delle più importanti vicende della storia della ricerca archeologica in Magna Graecia. Nel corso degli scavi, curati da Paola Zancani Montuoro ed Umberto Zanotti Bianco, furono ritrovate, intatte e bellissime, oltre settanta metope scolpite che costituiscono uno dei cicli lapidei più complessi dell’Occidente antico. Legato al mitico viaggio degli Argonauti per la conquista del vello d’oro, il santuario fu dedicato a Hera Argiva, il cui culto continuò fino al 273 a.C. Con il cristianesimo la devozione si trasforma e sulla collina che sovrasta Capaccio, compare il culto della Madonna del Granato che riprende l’iconografia della Dea Hera in trono con il melograno; immagine questa sacra e ancor oggi, venerata.
Questo luogo espositivo, di nuovissima concezione, era il “luogo del racconto” che attraverso magiche suggestioni: ricostruzioni tridimensionali, filmati, effetti sonori e pannelli illustrativi riusciva ad immergere il visitatore in atmosfere remote. Così, si poteva vivere l’emozione dei ritrovamenti archeologici avendo l’impressione di trovarsi sulle sponde dello scavo. Si poteva essere coinvolti nei dubbi e nelle ipotesi formulate nel tempo sulla provenienza delle numerose lastre archeologiche ritrovate, ascoltando le voci degli eroi che vi sono rappresentati. Si potevano sentire le invocazioni alla dea delle donne che per centinaia di anni hanno offerto doni votivi. Ora è privo di suoni, tace ferito e qualcuno, tra i tanti impegnati in inutili grandi eventi, dovrebbe responsabilmente ridargli la parola.
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