Pochi medici, disservizi e ore di attesa: il San Luca di Vallo della Lucania «è l’ospedale dei balocchi»

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Pochi medici, disservizi e ore di attesa: il San Luca di Vallo della Lucania «è l’ospedale dei balocchi»

Nel Cilento sono quattro gli ospedali che garantiscono, nonostante tagli e ridimensionamenti, copertura sanitaria al territorio. Vallo della Lucania, Sapri, Polla e Roccadaspide a cui andrebbe ad aggiungersi Agropoli, da alcuni anni diventato un Saut (servizio ausiliario unità territoriale). Il nuovo piano ospedaliero della Campania ha rimescolato le carte e tra i 4 il San Luca di Vallo sembra essersi ‘salvato’ da possibili e drastici ridimensionamenti. La situazione non è comunque delle migliori. «Siamo in stato comatoso», ci confida un medico che racconta come «la carenza di personale, ad esempio, allunghi drasticamente i tempi di attesa». Ma come vivono questa situazione i pazienti e le famiglie che ogni giorno si rivolgono agli ospedali per ricevere delle cure? Il giornale del Cilento ne ha incontrato alcuni all’interno del pronto soccorso del San Luca di Vallo della Lucania. Ecco le testimonianze raccolte.

«Il Cilento ha un solo ospedale e non è possibile che lo abbiano ridotto così» è la prima voce che si sente entrando al pronto soccorso lo scorso due luglio, intorno le 20.  A parlare è un padre, un turista, che ha appena portato la figlia in ospedale, sembra in seguito ad una brutta caduta che le ha fatto uscire la spalla. Non è l’unico ad essere scontento o nervoso. Tutti i pazienti presenti, e sono molti, hanno qualcosa da ridire sull’organizzazione, sul personale, sulla struttura. «E’ l’ospedale dei balocchi» fa eco una paziente. Molti sono in sala d’aspetto da alcune ore, soprattutto chi aspetta notizie dei familiari all’interno ma non mancano neanche i pazienti.

C’è un gran via vai ed un gran vociare. L’infermiera di turno richiama più volte pazienti e familiari che si appostano davanti la porta d’accesso sostando nel corridoio: «Signori cortesemente in sala d’attesa e seduti perché questo è un passaggio, se arrivano le ambulanze con le barelle questo è l’unico passaggio».  Alcune persone escono fuori a fumare, dove fuori sta per il box di sosta per le ambulanze ed inevitabilmente un po’ di fumo entra nella sala d’attesta mentre le persone al suo interno iniziano a confidarsi e sfogarsi. Come se il pronto soccorso fosse diventato una piazza, un luogo di aggregazione dove scambiarsi aneddoti ed esperienze in ambito sanitario.

«Noi siamo a Castellabate e una volta avevamo l’ospedale di Agropoli e ce l’hanno tolto, era comodo – racconta una donna proveniente dal milanese,  al pronto soccorso per un incidente -. Ci siamo recati comunque all’ospedale civile ma mi hanno spiegato che ai fini dell’assicurazione c’è bisogno del referto del pronto soccorso, mi hanno detto di venire a Vallo. ‘Ma lei sta scherzando vero?’ gli ho risposto. Per questa storia, se siamo fortunati, stasera torniamo a casa a mezzanotte». La donna racconta di come non sia solo la sanità campana a soffrire e di come anche a Milano ed in altre parti d’Italia si registrino disservizi, spesso anche peggiori. «Vengono prima gli amici degli amici dei parenti e dei cugini – scherza una signora -. Spesso si va avanti per conoscenza, qui come altrove». «Sono già due ore che sono qui» sbuffa un’altra donna in attesa del risultato di alcuni esami. 

«A me hanno chiuso fuori, ci sta là una signora che aspetta da tre quarti d’ora – si aggiunge alla discussione un’altra donna a cui viene fatto notare come ci siano dei casi di carenza di personale -. E ci sta un’emergenza? Non c’è personale, per questo poi muoiono 17/18 persone al reparto Medicina e quelli che ci sono non fanno niente». Duro l’attacco della signora che con i figli sta aspettando in sala d’attesa «Non ci voglio stare più qua», fa uno dei piccoli. «Uno qua deve venire con i carabinieri, sempre, c’è un signore del paese dove abito io che ogni volta prima di venire qua chiama i carabinieri» continua la donna che, ironia della sorte, preannuncia l’arrivo dei carabinieri nel pronto soccorso da lì a qualche minuto. «Ma signora c’è anche chi lavora bene» ribatte una paziente alle polemiche della donna, che però ribatte.

 «Le persone che lavorano bene in questo ospedale sono la minoranza, io ho bisticciato anche col primario, hanno fatto aspettare 4 giorni per un’ecografia, io l’ho minacciato, gli ho detto ‘o me la fai o lascia il posto a chi vuole lavorare’ – racconta la signora -. Quando io sono andata giù hanno fatto la ricerca dell’oro per trovarlo e comunque non c’erano altri pazienti oltre noi in quel moment e c’era un altro signore che mentre io piangevo dalla rabbia mi fa ‘mo vediamo se lo trovo’ stavo per scendere a cercarlo con una mazza». «Ma signora è un reato» ribatte scherzando un ragazzo. «E non è reato quello che fanno loro? Io se lascio qualcuno sulla strada mi sbattono dentro ma se sbagliano loro non gli fanno niente perché hanno il culo protetto», la donna non vuole sentir ragioni. Arrivano delle urla dalle sale mediche probabilmente la ragazza con la spalla fuori.

Una situazione intollerabile, quella della sanità locale, stando alle parole di alcuni pazienti. Una situazione strana quella in cui si trova ad operare il personale sanitario che fa quel che può con i mezzi che ha in un ambiente di lavoro spesso stressante dove, a volte, sono incolpati dai pazienti per alcuni errori gestionali. Il ridimensionamento degli ospedali e la chiusura della struttura di Agropoli hanno creato, stando a quanto riferito dai cittadini, non pochi disagi ai degenti. Tempi di attesa lunghi che a volte spingono i pazienti a rivolgersi alle strutture private, le uniche che, al momento, riescono a garantire tempi accettabili. I collegamenti stradali poi non aiutano certo a raggiungere gli ospedali, presenti soprattutto sulla costa. È questo il futuro della sanità pubblica locale? 

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