Lettera dal Brasile: «A Marina di Camerota i giovani non hanno sogni»
| di Luigi MartinoCari amici chi scrive dal Brasile é Antonio Stefani (Toto per gli antichi amici) vostro concittadino, l’argomento Marina di Camerota mi interessa da sempre, probabilmente dalla nascita, e certamente si potrebbe scrivere un libro per elencare i tanti problemi affrontati e da affrontare per aiutare il nostro paese. Chi come me ha lasciato l’Italia con degli ideali da raggiungere e per soddisfare il desiderio di attuare e riuscire a fare, nel mio specifico costruire e partecipare di cultura, soffre molto al rientro, incontrando lo stato spesso di abbandono del nostro paese, il solito deplorevole ed inconcepibile pressappochismo, la costante precaria confusione, soffre nel vedere la mancanza di responsabilità definite. Dicono che i principali amanti del proprio paese siano proprio gli emigranti perché ne sentono il costante amore per la lontananza, e forse è così, ed è anche un pò come come i figli: chi è vicino non si accorge, ma chi li vede ogni tanto vede tutti i loro cambiamenti buoni e cattivi.
Io sono in Brasile da più 23 anni e sono stati più di venti i miei ritorni a Marina. Purtroppo il più delle volte l’ho vista peggiorare, fino a quest’ultima estate, dove per la prima volta io proprio io, non avevo più voglia di ritornarci e non sapete cosa significhi questo per chi ama ed ha amato sempre i nostri luoghi, scoglio per scoglio, persona per persona, amato come può fare solo chi sta distante dai propri lidi e dalla propria famiglia. Ho analizzato questa sensazione e l’ho discussa una sera con degli amici proprio lì a Marina: dissi che tanto tempo fa avrei paragonato Marina ad un’amante, sempre pronta a darti bellezza, piacere, e sempre in qualche modo amata. Ma da anni ormai Marina sembra più una povera mercenaria, sfruttata in tutto e da tutti, e abbandonata a se stessa con poco rispetto e nessun amore, preda degli stranieri. Ho capito che anno dopo anno Marina è svanita, non solo la nostra Marina fisica ma principalmente quella ‘spirituale’, quella magia intima che tutti trovavamo in questo luogo, che conosciamo e che amiamo da sempre, ma abbiamo difeso poco, molto poco. Di anno in anno l’anima di Marina si è spenta, lottizzata dagli ‘stranieri’, bruciata sul rogo del guadagno a tutti i costi. L’anima di Marina si è persa e si è confusa nel caos del porto e delle spiagge tra la massa di bagnanti, non turisti. Forse è per questo che io, proprio io, per la prima volta non l’ho più sentita mia, avevo ritrovato un paese ma non l’anima del mio paese, quella con la quale tutti siamo cresciuti e che ci ha reso felici e uniti. In effetti l’attuale situazione è molto triste e complicata, Marina sta perdendo totalmente la sua identità. Voglio dire che un paese che comprende il rispetto di sé, della propria cultura e storia, del passato, e lo difende e lo integra lo rende attuale lo mantiene e lo accresce, crea e coltiva la propria anima e ne fa oggetto anche della sua fortuna turistica. ‘L’ anima se si mercifica muore’.
Conosciamo tutti le principali cause di tanti problemi: il non riconoscere o voler riconoscere la vera vocazione turistica di Marina e pianificarne gli obiettivi, l’aumento incessante e non contrastato della massa di “bagnanti” e non turisti, l’economia locale basata prevalentemente sulla locazione di appartamenti a famiglie composte spesso da molti individui con pochi soldi, che certamente non migliorano l’economia ma ne usano i servizi, sporcando (mare e terra) con spesso poca educazione civica, ancora meno turistica. In definitiva possiamo dire che tutto ciò che avevamo ed in parte possiamo salvare di bello e di unico da un punto di vista ambientale, paesaggistico e persino morale, questa nostra così straordinaria bellezza di coste, mare, monti, gente e cultura. Questa immane ricchezza, che sarebbe il punto di forza di un turismo più importante, più ricco ed anche meno numeroso, é stata vanificata perché rivolta a una moltitudine di bagnanti, villeggianti non turisti sono persone con interessi diversi sia per educazione sia per cultura, sia per economia ma principalmente per obbiettivi. Non volendo essere duro ma realista in questo caos, usando un’immagine, abbiamo praticamente buttato le perle ai maiali. Chi si ricorda Marina degli anni ’60 si deve ricordare l’atmosfera che si respirava, atmosfera precedente a quelle scelte fatte che oggi ancora pesano sul nostro sviluppo. Oggi purtroppo si è accettato e optato per il massimo di gente in poco spazio con il conseguente collasso di tutte le già precarie infrastrutture, è risaputo che la quantità è nemica della qualità.
Credo che oggi bisogna rivedere prima di tutto il tipo di turismo di massa che affligge la nostra area, troppo vicina purtroppo a centri urbani popolosi e con una economia precaria e com un’entroterra difficile. Bisogna tentare di quantificare il volume necessario del buon turismo che mantenga l’economia locale (autosostenibile), ritrovare la funzione e l’appoggio totale dell’amministrazione su tali problemi, mobilitare la classe degli esercenti, gli impresari, i lavoratori del settore turistico perché attuino un piano globale per migliorare proprio il tipo di turismo. Bisogna capire e far capire che la diminuzione del numero non significa la diminuzione economica, anzi, ma solo una miglior distribuzione dei servizi e dei valori con l’obbiettivo di una maggiore crescita futura. Molte cose qui scritte le conosciamo da tempo, spero però che oggi finalmente, dico finalmente, sia arrivata l’ora di adottarne i principi che, come ho ricordato, erano già definiti e indicati dalla vocazione strutturale del nostro territorio e del nostro paese sin dall’inizio dei tempi ( ricordatevi il Club Mediterranee a Lentiscelle). Marina dovrebbe essere sempre meta di un turismo alla Capri, alla Taormina, per non andar distante. Non alla Riccione, non abbiamo spazi né servizi e tantomeno quella cultura turistica per quel turismo così organizzato e che poi non é detto sia il migliore.
Di antidoti, di bacchette magiche non ce ne sono, oggi c’é bisogno di buona volontà, di ideali, di idee reali e di obiettivi definiti e principalmente di unione e di tanto tanto lavoro. Alcune idee a riguardo io le avrei, parlo per esperienza visto che qui in Brasile sia come architetto che come addetto culturale d’Italia per la regione di San Paolo, in tutti questi anni ho lavorato su temi simili fortificando all’estero la nostra immagine di bravi italiani. Oggi è venuto a mancare ‘il sogno’ tanto caro a noi degli anni ’60 che quel sogno lo abbiamo respirato in tutti i modi, culture e paesi. Sogno forse goliardico ma sicuramente ricco di speranze assolute. Mio nonno diceva che l’uomo più povero era quello che non aveva sogni e qui da noi, nel nostro territorio il sogno é stato soffocato dalle speranze mai realizzate e dai desideri frustrati, per colpa dei valori sbagliati su cui la nostra società moderna si fonda. Questo sogno bisogna farlo rinascere perché il nostro paese e specie i giovani hanno necessità di ideali e sogni che finalmente diventino realtà, realizzazioni figlie di un unico sforzo comune: migliorare la nostra terra.
Infine vorrei aggiungere che io difendo l’intesa di tutti e tra tutti se é basata sulla sana utile e in questo momento essenziale saggezza di riconoscere le cose buone fatte e le buone idee antiche e nuove, ricordandoci anche degli errori per tentare di non commetterli ancora. Credo oggi sia importantissimo collaborare tutti per il bene comune e della nostra Marina di Camerota, offrire tutti le nostre esperienze, che solo possono fortificare il nostro paese. Di parole ne abbiamo dette ed ascoltate tante, ora c’é bisogno dei fatti, per questo al lavoro e buon lavoro.
Spero che quanto ho scritto venga letto e condiviso perché é dettato principalmente dall’amore per la nostra Marina. Un caro abbraccio a tutti voi ed in bocca al lupo dal vostro amico e concittadino.
Antonio (Toto) Stefani
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