Ostigliano e il culto di San Vito Martire tra fede e leggenda (Parte I)
| di Giuseppe ConteLa devozione verso il martire Vito, ha radici antiche e si diffuse in modo capillare soprattutto in territorio italico, nella parte meridionale.
Anche la venerazione ad Ostigliano ha radici profonde, ed è testimoniabile in sporadici rituali sopravvissuti nella tradizione locale.
Per parlare di San Vito, vista la laboriosa sua storia, bisogna intraprendere anzitutto un viaggio verso le origini sia storiche che leggendarie.
Dati agiografici e storico-geografici, risultano in tal senso, assolutamente indispensabili.
STORIA DI UN SANTO CONTESO. Nonostante la scarsità documentaria e le innumerevoli incertezze sulla veridicità dei fatti, Vito è Santo indubbiamente storico: un martire lucano, molto probabilmente.
Tuttavia esso è trattato in diversi Martirologi, tanto da far supporre l’esistenza di almeno due martiri col nome di Vito.
Gran parte degli studiosi sono concordi nell’affermare che San Vito sia nato in Sicilia ed abbia subito il martirio in Lucania. Nel Martirologio di San Girolamo, però, si legge che In Lucania Natalis Viti […] in contrapposizione, come aveva ben notato secoli addietro il Ventimiglia, al dato fornitoci dall’antichissimo MS. di Anversa in cui si legge che in Sicilia natalis Sanctorum Viti, Modesti, Crescentia.
Nell’ipotesi migliore, dunque, abbiamo due versioni contrastanti della storia di San Vito, oppure dobbiamo accettare che si tratti di due figure diverse.
Inoltre, vi è anche chi ha sostenuto che Vito fosse romano e a questo punto abbiamo ben tre versioni, circa il luogo natale del Santo.
Sommando i dati di cui disponiamo, dopo una fugace lettura, si evince la sola certezza che il Santo subì il martirio, e lo subì sulle rive del Sele.
Alle discordanza sul luogo natio, si evidenziano una serie di elementi ricorrenti nelle molteplici versioni, tanto da accettare, senza riserva alcuna, la risoluzione che si tratti dello stesso Santo, le cui gesta, però, sono narrate per mano di eruditi diversi.
Concordi si è nell’affermare che Vito subì il martirio in tenera età, se pur in un anno imprecisato, dovuto alla confusione storica, in un certo qual verso, e alla documentazione non sempre interpretabile.
In linea generale, l’anno di vita che vide la salita al cielo del giovincello, si divide tra il settimo e il dodicesimo, mentre in altri scritti è posticipato al quindicesimo. Una confusione “così precisa”, potrebbe essere dettata da una errata trascrizione o interpretazione del numero romano con cui ci viene fornito il dato “VII” e “XII”, mentre a se stante risulta essere l’accezione che ritiene il XV come risolutivo, questione di cui parleremo di qui a poco. Tuttavia, considerando le numerose benevolenze di cui si narra e le insidie della vita che il Santo ha dovuto sopportare secondo la storia, è maggiormente preferibile riconoscere il quindicesimo anno come data di morte terrena.
PASSIO VITI. Per comprendere a pieno la travagliata esistenza di Vito, è dunque indispensabile ripercorre alcune tappe della sua passione, narrataci con varianti, in diversi martirologi cristiani.
Chi è Vito? Il giovane Vito fu devoto seguace di Cristo durante tutta la sua breve esistenza. Manifestò la sua profonda devozione in età molto precoce, ed esternava la sua credenza in opere di bene, le quali, per intervento divino, si traducevano in continui miracoli. La pratica del miracolare lo accompagnava ovunque: miracolava e si miracolava! Tanto serve per giustificare l’uscita indenne dalle numerose torture a cui venne sottoposto.
Appellandoci alle fonti storiche più attendibili, è possibile tracciare un quadro più o meno credibile della sua esistenza.
Secondo questi documenti, la paternità di Vito è attribuita alla Sicilia, ma gli storici non sono concordi nell’affermare che sia nato lì, per poi, in seguito alle vicende narrate nella più nota Passione del Santo, essere catapultato in Lucania.
Abbastanza sicura e riconosciuta anche dalla chiesa, è la data della sua ricorrenza, fissata al 15 del mese di Giugno.
Le scarne notizie storiche a lui riferite, nel martirologio Geronimiano, si traducono in due parole: Lucania Viti.
Risalente al VI-VII secolo è comunque una Passio Viti, che annovera dati e contesti sul santo.
Secondo questa Passio, Vito nacque in Sicilia, sotto Diocleziano: Tempore quo Valerianus praeses, sub Diocletiano et Maximiano imperatoribus, persecutionem Christianorum in Sicilia prouincia exercuit, erat ibidem sanctus puer Vitus, multa signa in nomine eorum faciens, et die noctuque misericordiam diuinam implorans ; cui hoc est a Deo responsum : Faciam tecum, Vite, ut petisti misericordiam.[…] (Al tempo in cui il preside Valeriano, sotto gli imperatori Diocleziano e Massimiano, avviò la persecuzione in Sicilia contro i Cristiani, viveva lì un fanciullo di nome Vito, che compiva nel loro nome molti miracoli, implorando notte e giorno la misericordia divina. A lui il Signore disse così: “Ti concederò, o Vito, la misericordia che hai chiesto”.).
Nacque da padre pagano, ma ben presto si convertì al cristianesimo praticando miracoli.
Giunse all’orecchio di Valeriano la notizia che vi fosse un giovane che venerava ed adorava il Cristo: Sed et peruenit ad eumdem Valerianum, quod beatus Vitus, nobilissimi uiri Hylae filius, Iesum Christum Dominum Deum coleret et adoraret. Tunc praeses uocauit patrem eiusdem uenerabilis pueri, et dixit ei: “Quid est quod audio de filio tuo, quoniam Deum, quem Christiani colunt, adorat ? Si uis eum sanum et incolumem habere, ab hac eum stultitia satage revocare”.
(Giunse però all’orecchio del preside Valeriano che il beato Vito, figlio dell’illustre senatore Ila, venerava il Signore Dio Gesù Cristo e lo adorava. Allora il preside chiamò il padre di Vito e gli disse: “Cos’è quel che sento dire di tuo figlio? Egli dunque adora il Dio venerato dai Cristiani? Se vuoi che egli non subisca danni e resti vivo, fa in modo che si allontani da questa follia!”).
Fu sottoposto a diverse torture. La prima ai tempi della grande persecuzione, ad opera di Vespasiano. Pare all’età di 7 anni, ma secondo altri, di anni ne aveva 12. Nella ricostruzione agiografica di San Vito, i numeri VII, XII e XV, rivestono un ruolo fondamentale. Intorno ad essi ruotano una serie di dati. Il primo è dato dall’età in cui il Santo dovette subire la prima tortura: 7 o 12? Credo che questo primo dibattito debba motivarsi in una errata interpretazione ad opera dei vari trascrittori che si sono accollati l’onere di riportare la biografia di Vito, vista la somiglianza dei numeri VII e XII. Anche il numero 15 rientra più volte nella narrazione; oltre ad essere la data in Giugno, ufficialmente riconosciuta dalla chiesa, come data di morte e conseguente commemorazione, è anche la presunta età, alla quale sia sopraggiunta la morte del martire. Inoltre, non pochi sostengono che sia anche l’età della prima tortura. Insomma, una matassa difficile da sciogliere. Queste controversie, però, forniscono riflessioni concordi, ovvero Vito morì in età adolescenziale.
Nei racconti, a volte, appare affiancato da un precettore: Modestus; e una nutrice: Crescentia (figura che, nel corso della storia è stata confusa con altro personaggio riconosciuto come Crescenzo). Per alcuni, queste figure non hanno alcuna importanza; per altri, invece, sono al centro della scena, almeno nella parte iniziale della narrazione e fondamentali per i primissimi anni di vita del Santo. “Modestus”, simbolo della modestia, e riconosciuto come Santo in seguito, compare nei primi anni di vita di San Vito, introdotto probabilmente dal padre, affinché distogliesse il giovane dal praticare la fede cristiana. Anche “Crescentia”, è una figura probabilmente innescata dal padre, ed introdotta ancor prima di “Modestus”. Pare fu scelta come nutrice per allattare Vito, in quanto il piccolo rimase orfano di madre all’atto della nascita. E Crescenzia, come Modestus, assunse la sua simbologia: la “crescenzia” per l’appunto, in seguito personificata ed elevata a figura santa. Accantonando tutte queste ipotesi, indubbio è che la loro “popolarità” è dovuta a Vito.
Con l’intervento divino, assistito da un angelo, su una navicola giunge sino in Lucania, nei pressi del Sele, insieme ai suoi precettori Modesto e Crescentia, e qui, comincia a compiere miracoli e convertire le genti.
Avendo saputo di Vito, Diocleziano lo volle a Roma, per ottenere la guarigione del figlio: Interea filius Diocletiani imperatoris uexabatur a spiritu immundo, et clamabat daemon per os eius, dicens: “Si non uenerit Vitus Lucanus, hinc non exibo”. Imperator dixit: “Et ubi possum hominem hunc inuenire?” Daemon dixit: “In territorio est Tanagritano, iuxta fluuium Siler”. Tunc Diocletianus imperator milites armatos misit, ut cum festinatione perducerent hominem, quem daemon nomine designauerat. Cumque uenissent milites ad locum, quem daemonis indicio audierant, inuenerunt Christi athletam Vitum, circa fluuium Dominum exorantem. Ad quem milites dixerunt: « Numquid tu es Vitus? ». Beatus infans dixit: “Ego sum”. Milites dixerunt: « Imperatori es necessario ». Sanctus Vitus respondit: « Et ego tantillus homuncio, ad quid imperatori sum necessarius? » Milites dixerunt: « Filius eius a daemonio uexatur, et ideo te ad eum perduci rogauit ». Sanctus Vitus dixit: « Eamus in nomine Domini ». Cumque peruenisset Romam, nuntiatur Diocletiano imperatori eius aduentus: quem mox ad se introduci iussit. Vultus autem S. Viti erat speciosus nimis, et flammeus sicut ignis, et oculi eius ut radii solis : utpote quia gratia Christi erat repletus. Cui Diocletianus imperator dixit: « Tu es Vitus? ». Ille autem tacuit. Tum Caesar Modestum de quibusdam quae ei uisa sunt coepit interrogare. Sanctus uero Modestus, senex et naturae simplicis, nesciebat congruum imperatori dare responsum. Quapropter Diocletianus imperator, senem exprobrando conturbauit. Unde sanctus Vitus dixit imperatori: “Cur interrogas senem uti iuuenem? Vel propter canitiem debueras ei dare honorem”. Diocletianus imperator dixit: “Unde tibi tanta praesumptio, ut contra potestatis nostrae auctoritatem sic furiose respondere audeas?” Sanctus Vitus dixit: “Nos iracundi non sumus, qui simplicitatis spiritum Christo largiente recepimus : quapropter, columbae mansuetudinem imitamur, Magister enim noster qui nos docuit, natura est bonus, potestate magnus, et simplicitate modestus: et ideo qui eius discipuli uolunt fieri, mites et humiles corde, non iracundi et furiosi, ut denotas, debent esse”. (Il figlio dell’imperatore Diocleziano era allora posseduto da uno spirito immondo, e questi per la sua bocca urlava dicendo: “Non uscirò di qui, se non viene Vito lucano!”. L’imperatore disse: “E dove posso trovare quest’uomo”. Il demonio rispose: “Nel territorio del Tanagro, vicino al fiume Sele”. Allora Diocleziano mandò soldati e uomini armati affinché gli portassero subito quell’uomo che il demonio aveva indicato. E quando i soldati giunsero in quel luogo che il demonio aveva indicato, trovarono l’atleta di Cristo, Vito, che pregava Dio vicino al fiume. “Sei tu Vito?”, dissero. Il beato fanciullo rispose: “Lo sono”. I soldati soggiunsero:
“L’imperatore ha bisogno di te”. “Io sono un uomo dappoco: perché l’imperatore ha bisogno di me?”. I soldati aggiunsero: “Suo figlio è tormentato da un demonio: perciò egli ti prega di recarti da lui”. San Vito disse: “Andiamo dunque, nel nome del Signore”. Giunto a Roma fu annunziato all’imperatore Diocleziano il suo arrivo, e questi ordinò che Vito fosse subito condotto alla sua presenza. Il suo volto era bellissimo e ardente come fuoco, e i suoi occhi splendevano come i raggi del sole, perché egli era ripieno della grazia di Cristo. A lui disse l’imperatore Diocleziano: “Sei tu Vito?”. Ma quello stette zitto. Allora il sovrano cominciò ad interrogare Modesto su certi argomenti. Ma il santo Modesto, vecchio e di animo semplice, non sapeva dare all’imperatore risposte soddisfacenti. Perciò l’imperatore Diocleziano lo rimproverò e lo lasciò confuso. Allora San Vito disse all’imperatore: “Perché poni domande ad un vecchio come se fosse un giovane? Piuttosto avresti dovuto onorarlo per la sua canizie”. L’imperatore Diocleziano disse: “Da dove ti viene tutta questa presunzione per cui osi rispondere in modo così alterato al cospetto della nostra autorità?”. San Vito disse: “Noi non siamo iracondi perché abbiamo in noi, elargita da Cristo, la semplicità dello spirito: perciò imitiamo la mansuetudine delle colombe. Il Maestro che ci ha ammaestrato è buono per sua natura, grande per autorità, e modesto per semplicità. Perciò quelli che vogliono essere suoi discepoli devono essere miti e umili di cuore, non iracondi e furiosi come tu ci chiami”).
Più che indemoniato, è pensabile che il figlio di Diocleziano fosse afflitto da epilessia, ma lasciamo ad altri questa risoluzione. Ritorniamo alle fasi della Passione di Vito.
Nonostante l’avesse liberato, viene ripagato con la tortura, in quanto Vito si rifiuta di onorare gli dei pagani. Ancora una volta, l’aiuto divino, lo riconduce al Sele.
Dopo essere scampato alle torture, prima gettato in pasto ad un leone e poi alla “catasta”, sulle rive del Sele trova il riposo eterno.
La Passione di San Vito, si conclude con il ricordo del martirio : Passus est autem Sanctus Vitus, una cum sancto Modesto et Crescentia, sub die XVII kalendas Iulias, regnante Domino nostro Iesu Christo, cui est honor et gloria, uirtus et imperium, in saeculis saeculorum. Amen. (San Vito subì il martirio, insieme a Modesto e Crescenza, il giorno 15 Giugno, regnando il nostro Signore Gesù Cristo, a cui è onore e gloria, virtù e potenza nei secoli dei secoli. Amen.).
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