Metanodotto Snam, l’esperto: «Difficilmente realizzabile e vi spiego perché»
| di Marianna Vallone«Lungo il tracciato sommerso del metanodotto, che dalla Sicilia dovrebbe arrivare a Policastro, vi sono diverse ‘mine geoambientali’». E’ il primo dato allarmante che emerge dall’analisi fatta dal geologo Franco Ortolani sulla probabile realizzazione del metanodotto Snam alla foce del Bussento. «Il gasdotto – spiega in una nota il docente di Geologia dell’università Federico II – è difficilmente realizzabile. L’area in esame è pregiata ambientalmente e a vocazione turistica per cui i vincoli che deriverebbero destano motivate preoccupazioni. La condotta sarà destinata a veicolare verso il continente il gas entrante in Sicilia dai due gasdotti internazionali con terminale a Mazara del Vallo (circa il 30% del gas circolante in Italia) e da Gela (un altro 13% circa); servirà anche a veicolare la gran quantità di gas naturale in entrata dai due rigassificatori in progetto a Porto Empedocle e nel siracusano».
Mine geoambientali «Lungo il tracciato sommerso – sottolinea l’esperto – vi sono alcune ‘mine geoambientali’ che creeranno seri problemi alla realizzazione del metanodotto e forse non ne consentiranno la costruzione. Si tratta del Canyon sottomarino di Gioia Tauro e della tettonica attiva di Capo Vaticano che ha causato il disastroso sisma del 8 settembre 1905 con Magnitudo 7 e conseguente tsunami. A poche decine di metri di distanza dall’imbocco del porto di Gioia Tauro iniziano due rami del Canyon sottomarino che collega la costa tirrenica con il fondale abissale attorno alle Isole Eolie. Questo Canyon – continua Ortolani – è tristemente noto in quanto il 12 luglio 1977 fu interessato da una enorme e rapida frana sottomarina che causò anche uno tsunami che provocò danni nel cantiere dove si stava costruendo il porto di Gioia Tauro. La frana si innescò improvvisamente in seguito all’accumulo di ingenti volumi di materiali di riporto in mare proprio sulla testata del Canyon. I sedimenti franati percorsero velocemente tutto il canyon fino a disperdersi nella pianura abissale a circa 3000 metri di profondità tranciando anche un cavo telefonico».
Rischio terremoti «Altro serio problema – spiega ancora Ortolani – è costituito dalla tettonica attiva della zona di Capo Vaticano con faglie sismogenetiche in grado di originare eventi di magnitudo 7 come quello dell’8 settembre 1905 che fu seguito anche da uno tsunami. E’ molto probabile, pertanto, che se si realizzerà la Sealine Tirrenica la condotta dovrà riemergere prima del Canyon di Gioia Tauro. Una volta emersa sarebbe più conveniente continuare il tracciato su terra evitando di ritornare ad un percorso sommerso tra il Golfo di Santa Eufemia e Policastro. In tal modo si eviterebbero i seri inconvenienti ambientali e socio economici tra Policastro ed il Vallo di Diano».
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