Fotoracconto del centro storico di Marina di Camerota tra incuria e degrado
| di Luigi MartinoIl racconto
Sono le 18.14 di giovedì 12 aprile quando il mio smartphone squilla. «Pronto Luigi sono Domingo, senti porta la macchina fotografica ti faccio vedere una cosa!». «Certo», rispondo credendo di poter catturare scorci magnifici di Cilento. Riattacco il telefono. Ho gli occhi appesantiti perchè ho fissato per troppo tempo lo schermo del pc. Non fa niente, il dovere mi chiama. Rettifico: Domingo mi chiama. Prendo le chiavi della vespa, lo smartphone e il cofanetto con la mia digitale e raggiungo Domingo, ex comandante dei vigili urbani di Marina di Camerota, sempre attento (troppo attento) alle problematiche del comune. Lo trovo al bar in compagnia di amici. Stava bevendo una birra. Forse due. Lascia tutto così come è e mi fa un cenno per indicarmi la strada. Ci intrufoliamo come briganti per le stradine del centro storico di Marina di Camerota. Vicoli e vicoletti si intrecciano, scalinate ti conducono in posti dove tanto tempo fa nasceva il paese. «Qui con il mazzuoccolo si faceva l’erba», racconta Domingo. Forse parlava da solo, non so. Le vecchiette affacciate alle finestre ci guardano con sospetto. Un uomo, un ragazzo e una macchina fotografica: avranno pensato. Da queste parti non è cosa buona. «Faranno cattiva pubblicità al paese» dicono molti. Si, il cattivo pensiero è rivolto sempre a chi tira fuori le problematiche di questo piccolo paradiso terrestre. I colpevoli sono l’uomo, il ragazzo e la macchina fotografica. Chi con l’indifferenza ha ridotto in questo stato il centro storico di Marina di Camerota non ha nessuna colpa…per la gente del posto.
Ma torniamo a Domingo e alla sua telecronaca mentre passeggia fra cumuli di scarti edili e scuote il capo come per dire «no, non ci siamo». Le erbacce affogano i muri centenari del centro. Le automobili vengono parcheggiate senza regole. Senza un piano ben preciso. Domingo prova ad immaginare il centro chiuso al traffico, riservato solo ai pedoni. Poi apre gli occhi. Era un sogno. Piazza San Domenico è infatti un grande parcheggio circolare. I camion e le auto nascondono lo storico ristorante “Da Valentone”: un pezzo di storia di questa terra. Rimbombano le parole del parroco mentre osserviamo le cabine telefoniche e i cartelli per le affissioni arrugginiti. «Ottimi oggetti d’arredo per una pese turistico», esclama la mia guida. Mentre cammina Domingo mi fa sbellicare dalle risate: è riuscito ad inciampare nei mattoni che compongono i viottoli intorno alla piazza, ben cinque volte! Ma si è sempre salvato. Meglio per lui. Si è fatto tardi, sono quasi le 19 e il mio accompagnatore svolta a destra ed entra all’interno di un alimentari. Pensavo volesse mangiare, ma no. Lui prende per mano il proprietario e gli domanda: «Abbiamo scoperto di chi sono quel mucchio di tavole di legno accantonate da settimane in quel vicoletto?». Il salumiere risponde: «E che ne so io Domingo. Al massimo ti posso dire che prosciutto ho in offerta». Simpatico il salumiere. Un poco meno quella pila di pali e tavole in legno abbandonate lì, ammuffite dal tempo e dagli escrementi degli animali. Dimenticate, si fa per dire, molto probabilmente da una ditta edile del posto.
Ad un certo punto non trovo più Domingo. Poi guardo attentamente intorno a me e lo scopro: con il suo maglioncino arancione si era mimetizzato vicino ad una casa appena pitturata. Arancione la casa come il suo maglioncino anni 70. Ha stile Domingo, però. Fra gli archetti di via Sant’Alfonso i nostri occhi sono costretti a scoprire addirittura un motorino lasciato lì come lettiera per gatti. «E’ fermo da mesi», fa sapere l’anziana donna che abita nella casa affianco. Non la casa arancione dove Domingo si è mimetizzato, quella azzurrina con i contorni degli infissi gialli. «Qui – mi confida Domingo – le case vengono pittate con i colori più bizzarri, ma giustamente – continua – non siamo mica in Grecia». Il tour per il centro strico di Marina di Camerota (purtroppo) è finito. Accompagno Domingo al bar, anche perchè gli amici lo hanno tartassato di telefonate durante la nostra passeggiata. Non sono per niente geloso, però. Saluto il mio amico alzando la macchina fotografica al cielo, come in segno di vittoria. Lui si gira. Mi guarda ed esclama: «Alla prossima puntata». A quel punto ho capito che Domingo pensava che avessi in mano una videocamera. Colpa della birra, forse…
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Le immagini della passeggiata
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