Operazione Chernobyl, sopralluogo commissioni anticamorra nel Vallo di Diano: il giorno dopo

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Operazione Chernobyl, sopralluogo commissioni anticamorra nel Vallo di Diano: il giorno dopo

Dopo sette anni dall’inizio delle indagini, la Commissione regionale anticamorra ha preso atto dei siti segnalati come incriminati dalla procura di Santa Maria Capua Vetere, sui quali, secondo il pm Ceglie, sarebbero stati sversati tonnellate di rifiuti tossici. E all’indomani dei sopralluoghi nei terreni del Vallo di Diano, da parte della Commissione anticamorra, il Codancos locale continua a porsi degli interrogativi. 

«Il giorno dopo il sopralluogo – scrive in una nota Roberto De Luca, responsabile Codacons del Vallo di Diano – rimane purtroppo ancora senza risposta l’interrogativo implicitamente posto da Salvatore Medici il 27 novembre 2011 in un suo editoriale apparso sul sito di UnoTV: ‘Il grano del terreno di San Pietro al Tanagro – scriveva – intanto era cresciuto nei terreni sequestrati. Sul foglio di sequestro il terreno misurava 12mila metri quadri, ma il nucleo operativo ecologico ne sequestrò 4mila. Così il grano cresciuto nei 4mila metri quadri rimase incolto, l’altro, quello dei restanti metri quadri, a pochi centimetri dalla sezione sequestrata, fu tagliato e probabilmente venduto’. Ossia, ancora non si sa se tutti i terreni indicati dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere siano stati posti sotto sequestro nel luglio del 2007 e correttamente custoditi nel periodo del sequestro stesso (stessi terreni nella catena alimentare). Se, durante il sequestro, siano state immessi prodotti agricoli provenienti da questi, se, attualmente, i terreni siano ancora sotto sequestro».

«E in effetti, dopo la dichiarazione del figlio di uno degli indagati (qui), non solo restano gli interrogativi di sopra, sulla base deli quali abbiamo cercato di sensibilizzare gli organi di controllo, ma ne sorge anche un altro. Sullo sfondo del video, ripreso durante il sopralluogo, – scrive ancora De Luca – si vedono dei terreni coltivati in una zona irrigua che nella prossima primavera produrranno, verosimilmente, derrate alimentari. Ad oggi, proprio per il ritardo subito dall’iter processuale, non sappiamo cosa contengano i terreni posti sotto sequestro dall Procura di Santa Maria Capua Vetere, né il contenuto dei circa trenta fascicoli, delle 100.000 intercettazioni, delle foto e dei filmati. E, proprio per questa nostra ignoranza delle cose, ci chiediamo se quegli stessi terreni che si vedono nel video corrispondano a quelli posti sotto sequestro e, qualora questo fosse il caso, se in questi stessi terreni oggi si producano alimenti per uomini o animali. Premettiamo, tuttavia, – prosegue nella nota – che il processo dovrà svolgersi davanti a un giudice. Cionondimeno, a noi interessa capire che cosa una comunità, per mezzo delle istituzioni che la rappresentano, debba fare per tutelare la salute pubblica ora e adesso. Infatti, dagli atti di accusa della Procura sammaritana si evince che il rinvio a giudizio per 39 persone, tra i quali il padre della persona che ha interloquito con le Commissioni regionali, viene chiesto … perché in concorso tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in mancanza delle prescritte autorizzazioni o attraverso false dichiarazioni di inizio di compostaggio o di produzione di ammendante per l’agricoltura, nonché con le condotte descritte ai capi che precedono, effettuavano illecitamente smaltimenti di rifiuti pericolosi e non pericolosi, rifiuti allo stato solido, liquido e semiliquido, mediante spandimenti illegali ettari di terreni siti all’interno di aziende agricole, nonché attraverso abbandoni nell’ambiente, ed inoltre a ridosso di cave e burroni, riempiendo vallate ed affossamenti, abbandonando i rifiuti selvaggiamente nel fiume Sabato, affluente del fiume Calore, a sua volta affluente del fiume Volturno, procedendo inoltre allo smaltimento illegittimo mediante immissione diretta nelle reti fognarie pubbliche, nei depuratori pubblici o in canalette private, confluenti in corsi d’acqua superficiali, di rifiuti liquidi provenienti da fosse settiche, nonché dai serbatoi delle navi attraccate o comunque ormeggiate nel porto di Napoli, complesso di attività illecite che ha consentito lo smaltimento illecito di un quantitativo di rifiuti paria 980.000 ton. (per difetto);…».

«Auspichiamo, allora, – continua il responsabile Codacons – che le parole del figlio di uno degli indagati corrispondano al vero; ossia, che nel singolo terreno (?) di sua proprietà, per il quale è stato chiesto il sequestro dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere nel 2007, non vi sia alcunché di pericoloso per la salute dei cittadini. Ma per gli altri terreni, che cosa possiamo dire? A questo riguardo possiamo solo dire quanto segue. Il 16 agosto 2007 il Pubblico Ministero che ha condotto le indagini ha spedito il fax allegato ai vari Comuni nei cui confini ricadevano i terreni interessati dalle attività illecite. In questo documento si legge “la presente vale come richiesta di interventi da parte delle Amministrazioni competenti attesa l’estrema pericolosità derivante dalle attività criminali accertate in tema, in particolare, di smaltimenti illeciti di rifiuti”. Purtroppo, i membri delle Commissioni intervenute sui luoghi sembravano ignari dei fatti pregressi. Sembra, addirittura, che un consigliere regionale abbia appreso dalla stampa dell’inchiesta Chernobyl, iniziata otto anni fa, solo otto giorni prima, così come viene documentato in una intervista di Gianfranco Stabile e come simpaticamente riportato da Pasquale Sorrentino nel suo Blog “La Mosca delMattino”. Mi chiedo – prosegue De Luca – i giornali arrivano tardi in Regione e la Magistratura non viene riconosciuta come tale? All’inizio hanno anche chiesto una mappatura, gli è stato ricordato che esistono i dati gps già noti alle forze dell’ordine. Così è accaduto quello che noi paventavamo: i membri della Commissione non hanno ancora acquisitogli atti in possesso del Tribunale di Salerno, dove adesso si stanno svolgendo le udienze preliminari per il processo Chernobyl. Auspichiamo che presto si possa cercare di capire qualche scampolo di verità andando a spulciare tra i circa trenta fascicoli dell’inchiesta. Anche noi – conclude Roberto De Luca – stiamo cercando di capire cosa sia accaduto in questi territori. Il 5 luglio 2013 l’avv. Elisabetta Giordano rappresentava al Gip, dott.ssa Cioffi, nell’udienza camerale per la questione dei rifiuti illecitamente smaltiti nel Vallo di Diano, le ragioni dell’opposizione alla richiesta di archiviazione formulata dalla Procura di Sala Consilina al nostro duplice esposto sullo smaltimento illecito dei rifiuti. La questione è tutta contenuta nei post “Atti Pubblici”, dove si riportano gli esposti che la nostra sede ha effettuato sulla base di notizie giornalistiche, e “Una speranza” dove è riportata integralmente l’opposizione alla richiesta di archiviazione. Ad oggi, ancora non siamo a conoscenza della decisione del Gip. Ma questa è un’altra storia, che tratteremo con dovizia di particolari a parte». 

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