Alici di Menaica, a rischio l’antica pesca del Cilento
| di Marianna ValloneIl rischio è che la pesca della menaica, che oggi sopravvive con fatica quasi esclusivamente nel Cilento e sulle coste della Sicilia, scompaia per sempre. Nonostante si tratti dell’unica pesca «controcorrente» perché rispettosa del mare e compatibile con l’ambiente, in un mondo in cui gli oceani soffrono dell’eccessivo sfruttamento da parte dell’uomo.
Un tipo di pesca tramandato di generazione in generazione, frutto dello sforzo di una manciata di pescatori e prodotto principe della Dieta Mediterranea. Eppure, l’antica tradizione delle alici di menaica, portata sulle coste cilentane dai greci, rischia di scomparire per sempre. La Guardia di finanza minaccia di ritirare le reti perché ritenute della stessa categoria delle ferrettare, quest’ultime impiegate in maniera illegale. Quelle della menaica, invece, sono utilizzate da meno di una decina di piccoli pescherecci in Cilento, soprattutto a Pisciotta, Palinuro, Marina di Camerota e Acciaroli. Una pesca sostenibile, che non fa danni ai pesci, grazie alla particolarità delle maglie piccole, che trattengono le alici più grandi lasciando le altre libere.
«Abbiamo bisogno di sostegno dal Ministero. – spiega Vittorio Rambaldo, pescatore, produttore e membro dell’associazione Alici di Menaica, in una intervista a Impronta Cilento – La Menaica non appartiene alla categori della Ferrettara, ma è tradizionale e preserva il mare. Peschiamo pochissimo, solo esemplari piu grandi, del branco prendiamo solo il 20 per cento». I piccoli pescatori cilentani sono sul piede di guerra: è periodo di pesca – da aprile e fino a giungo – e si rischia di non poter lavorare e soprattutto non portare sulle tavole il prodotto più importante dei presidi Slow Food (lo è dal 2001) della Campania e d’Italia.
«Vanno avanti le industre di mare che distruggono tutto – continua Rambaldo – Ci sentiamo abbandonati». Il riferimento è a una battaglia già denunciata da pescatori locali che hanno lamentato la presenza di predatori del mare, puntando il dito contro imbarcazioni di pesca volante che prelevano enormi quantità di pesce azzurro. Una denuncia partita da Giuseppe Tarallo, già presidente del Parco nazionale del Cilento, tra i primi a lanciare l’allarme insieme ai piccoli pescatori cilentani agguerriti.
«Non vogliamo far finire una tradizione importante del Cilento. Non lottiamo contro la Finanza che fa il suo lavoro, il problema è a monte, vogliamo incontrare con le alte autorità subito», conclude Rambaldo.
Dalla parte dei pescatori anche Slow Food. «Abbiamo bisogno di risolvere una volta per tutte questo problema – spiega Giuseppe Jepis Rivello, fiduciario della Condotta Slow Food Camerota-Golfo di Policastro – anche perché si va oltre il prodotto. Si va oltre l’aspetto commerciale. – aggiunge – Siamo nel cuore della nostra identità e delle nostre radici. Non possiamo difendere e tutelare la Dieta mediterranea mentre poi quelle stesse istituzioni che la difendono si trovano a minarla nel quotidiano. I piccoli pescatori della Menaica, che sono essi stessi presidio di una pratica che va avanti da centinaia e migliaia di anni, non possono essere ostaggio di una legge che non tiene conto di quelli che sono gli aspetti e valori reali della nostra cultura. E’ un problema innanzitutto culturale e poi economico».
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