Elea-Velia: tomba romana distrutta, il peggio non ha mai fine
| di Lucia CarielloAncora un danno causato ai siti archeologici del Parco Nazionale del Cilento.
Resti di una tomba ad inumazione di epoca tardo–romana sono stati distrutti dagli operai addetti alla ripulitura dalle erbacce.
Per gli addetti ai lavori è un grave episodio ed un grave danno alla cultura, per chi scrive un episodio che deve ulteriormente far riflettere sull’incredibile stato di abbandono in cui versano oramai da lungo, troppo tempo i siti archeologici del Parco.
In un momento di massima visibilità turistica (siamo oramai a ferragosto) certamente non è un biglietto da visita di cui andar fieri, considerando che parliamo proprio dell’antica Elea, una delle perle archeologiche non solo del Cilento.
Urge ricordare che i reperti ossei rinvenuti, in particolare resti di bacino, di femore lungo e giunture, erano in loco da diverso tempo spezzati, accatastati e commisti a frammenti di vasellame e ceramica sigillata ed uniti a loro volta a probabili resti di una tomba alla cappuccina in una zona al confine con la linea ferroviaria, in area extra-moenia, ossia fuori le mura, area dedita alla sepoltura ed inumazione dei corpi.
Ancora una volta uno scenario desolante simbolo dell’ennesimo disastro archeologico avvenuto in un’area classificata come di notevole interesse causa presenza di una necropoli di epoca romana solo in parte scavata.
“Talvolta capita che gli addetti allo scavo facciano un danno, in gergo tecnico, si dice scavare come una talpa” spiega Gervasio Illiano, archeologo della Federico II, che nel 2010 ha partecipato ad una campagna di scavo proprio nel quartiere meridionale dell’antica città.
“Purtroppo – continua Illiano – questo tipo di incidenti sarebbe sempre da evitare, poiché creano una grave lacuna nelle conoscenze”.
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