Dialetti, alle famiglie il compito di insegnare il cilentano ai figli
| di Mariangela CerulloQuando si parla di lingua italiana si tende a presumere di conoscerne tutte le sfumature, dimenticando che esiste un’opposizione forte tra italiano standard ed italiano regionale. Parlare di lingua è un modo per portare alla riflessione e obbligare i parlanti ad ascoltarsi. L’italiano è una lingua nazionale in base all’art.1 della L.482, ma molti italiani fino a 50 anni fa erano bilingui, parlavano correntemente un dialetto e la lingua nazionale. La visione del linguista, o meglio dialettologo, inducono a prediligere il sintagma di lingua locale/varietà linguistica e a non parlare di dialetto, giacché entreremmo nell’ambito del prestigio linguistico. I problemi che si incontrano quando si destruttura una lingua locale sono molteplici, quello della scelta di trascrizione fonetica è relativamente il più semplice, bisogna operare una selezione e studiare sistematicamente ciò che è innato nell’uomo: il linguaggio. Ostica risulta essere anche la scelta di ordine concettuale, linguisti e dialettologi operano schemi diversi, i primi tendono a scoprire leggi universali a livello strutturale ‘sub specie unitatis’ e i secondi a coglierne le sfumature, a perseguire ciò che insegna la scuola tedesca (Cfr. Schlieben-Lange 1983.) secondo la quale ogni codice linguistico possiede una sua testualità . La testualità nelle lingue locali è basata sulla tradizione orale, così com’è orale la trasmissione naturale della lingua tra parlanti adulti e lattanti. Un altro grande ostacolo lo incontriamo quando studiando una lingua locale perché entriamo in contatto con un’altra lingua locale, magari topologicamente vicinissima e coglierne le sfumature è un’impresa ardua; inoltre possiamo incorrere in problemi che concernono il rapporto che sussiste tra la lingua locale e l’insieme regionale o sub-regionale. L’avvento negli anni ’30 delle infrastrutture ha contaminato le varietà linguistiche; in Cilento tuttavia sono ancora ben identificabili alcuni tratti linguistici caratterizzanti, di cui non discorreremo poiché questa sede ha fini generalmente informativi e non peculiarmente divulgativi. La trasmissione della varietà linguistica sub regionale del Cilento spetta alle famiglie, le quali devono assolvere a tutte quelle funzioni definite ‘naturali’. L’identità linguistica unisce una comunità anche quando quest’ultima viene disgregata e garantirne la trasmissione vuol dire soprattutto sopravvivere in quanto entità utopisticamente geografica. E’ difficile mantenere intatta una varietà linguistica locale poiché questa non può essere normativizzata, e pretendere di farlo ci farebbe incorrere in enormi errori di valutazione. Una lingua è in costante mutamento, tanti sono i fattori che potenzialmente potrebbero mutarla ed è pretenzioso asserire di non incorrere nel mutamento, solo le lingue morte rimangono fisse e anche questo potrebbe essere oggetto di dissertazione. Chi crede, erroneamente, che la scrivibilità di una lingua ne garantisca la conservazione è fuori strada, un conto è parlare di lingua nazionale e tutt’altra storia è parlare delle altre varietà linguistiche. Lo scenario è sconfinato. Rosanna Sornicola, nota linguista internazionale, nel volume II° dell’A.L.S (Atlante Linguistico Siciliano) scrive: ‘Forse, come avviene nelle dinamiche storiche, il luogo dell’identità e della permanenza è in ciò che cambia e diviene altro’. In base a quanto detto, pare evidente ricordare che la conservazione del ‘dialetto’ è data dalla rappresentazione che esso ha all’interno della comunità, parlare la lingua degli avi non ci consentirà di conservare tratti ‘puri’ ma almeno il nostro rapporto col passato resterà in maniera indelebile nelle scelte fonetiche inconsce a cui l’evoluzione linguistica ci porterà.
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