Altura-Campania in merito alle dichiarazioni del sindaco di Pollica Stefano Pisani
| di Federico MartinoIl sindaco di Pollica, Stefano Pisani, dopo aver agganciato il rendez-vous con Gian Antonio Stella ed essersi mostrato addolorato per gli scempi elencati nella presentazione dell’ultimo best seller “Vandali”, ha lanciato, dalle colonne de “Il Mattino” del 2 agosto scorso, un “j’accuse” contro l’Ente Parco, la Soprintendenza e i vincoli che – ahi noi – bloccherebbero lo Sviluppo.
Ecco, secondo l’epigono di Angelo Vassallo, uno dei freni all’espansione economica delle terre cilentane sarebbe da individuare nella pretesa dell’Ente Parco di limitare la realizzazione dei fabbricati rurali ai soli Imprenditori Agricoli Professionali.
Pensate un po’ che assurdità: case rurali possibili per i soli agricoltori. E perché, sembra chiedersi l’ineffabile Pisani, non anche per notai, ingegneri, elettricisti o faccendieri?
Insomma, l’Ente Parco, del tutto inopinatamente, ha inserito nel proprio Piano un codicillo vessatorio che richiede – quale indefettibile requisito soggettivo per edificare nelle zone rurali – la qualifica di agricoltore. Il limite, irragionevole e antidemocratico, impedisce di disseminare il territorio di falsi fabbricati rurali e tanto – secondo il sindaco di Pollica – è contrario allo “Sviluppo”. Dunque, da cancellare. Oppure? Oppure si esce dal Parco, tié.
La pensa così anche l’altrettanto inconsapevole vicesindaco di Casal Velino, comune già da tempo vandalizzato, al punto da apparire come un avamposto della peggiore Calabria.
Sembrerebbe una boutade, ma non lo è. E potrebbe apparire davvero eccessivo chiosare l’intervista rilasciata, in una notte di mezza estate, da un paio di ignari amministratori cilentani.
Ma Pollica non è un posto qualsiasi. Il ruolo di “comune-guida” – attribuitogli, a torto o ragione, all’indomani della barbara uccisione di Angelo Vassallo – carica di peso specifico le esternazioni dell’attuale Sindaco, conferendogli – quasi parlasse ex cathedra – un’autorevolezza tanto immeritata quanto suscettibile di implicazioni disastrose. La poltrona ereditata non funziona, però, come il seggio papale. Non dà infallibilità. E il disastro urbanistico della Campania non può essere ignorato.
L’orribile megalopoli che congiunge – senza soluzioni di continuità – Cava de’ Tirreni a Torre del Greco e poi a Napoli è originata dall’uso improprio – lo stesso che sogna Pisani – delle zone agricole, chiamate ad assolvere, senza uno straccio di pianificazione, a funzioni residenziali e produttive.
La devastazione del paesaggio rurale del Cilento, fortunosamente ancora incompiuta – è un fenomeno del tutto analogo, generato – complice una legge regionale criminogena e, per questo, mai abrogata – dal compiacente rilascio di permessi per la costruzione di falsi fabbricati rurali con lo scopo, neanche tanto nascosto, di conferire rendita fondiaria a suoli altrimenti privi di valore.
Villettopoli nasce così. L’effetto sul territorio e sull’ambiente è già stato – Ascea e Casal Velino dovrebbero pur saperne qualcosa – devastante. Concentrazioni edilizie da periferie urbane, impermeabilizzazioni diffuse, elettrodotti, acquedotti, viabilità, opere di contenimento dei terreni, inquinamento della falda dovuto all’incontrollata dispersione nel sottosuolo dei reflui.
Si è fatto scempio del paesaggio rurale: le immagini satellitari di Google Heart dimostrano inequivocabilmente come interi agglomerati siano stati realizzati soltanto sulla base dei confini di proprietà: il particellare catastale elevato a rango di piano regolatore, l’unico che abbia mai realmente funzionato.
Ed è questo il disastro, che Stefano Pisani – su cui incombe l’onere del Continuatore – confonde per “Sviluppo” e sembra auspicare. Eppure, gli basterebbe visitare un parco vero o sbirciare dal finestrino di un treno, quando si reca a ritirare un premio alla memoria di Vassallo, per percepire
come la struggente bellezza del paesaggio rurale – cui fa da contrappunto quella dei nuclei urbani, densi e ben definiti – postuli la netta separazione tra aree edificate e territorio libero.
Gli basterebbe sfogliare le leggi di regioni come la Toscana, l’Umbria o le Marche – di cui ammiriamo le ancora splendide campagne – per capire che la norma introdotta dal Parco del Cilento, contro cui lancia i suoi sgangherati anatemi, rappresenta solo un modesto, davvero modesto e insufficiente tentativo per arginare il malaffare dell’urbanistica fai-da-te che, senza freni, avrà presto ragione del nostro patrimonio culturale e paesaggistico. Cilento incluso.
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