Sala Consilina, fingono incidente in un negozio e finiscono in manette
| di Marianna ValloneFingono spaccata e finiscono nei guai. I carabinieri della stazione di Sala Consilina hanno eseguito quattro misure cautelari, emesse dal gip del tribunale di Lagonegro, nei confronti di quattro persone per i reati in concorso di incendio doloso e fraudolento danneggiamento di beni.
In manette è finito C.G, 38enne, già in carcere a San Vittore per altri reati, tra i quali alcuni con l’aggravante di stampo ‘ndranghetistico. Obbligo di firma per altri tre: il fratello dell’arrestato, C.C. classe ’77, L.A, 35enne e una donna, R.C., classe ’75. Tra i destinatari della misura cautelare dell’obbligo di firma c’era anche una quinta persona che però risulta morta pochi mesi fa.
I fatti Le indagini sono state avviate dai carabinieri di Sala Consilina e Buonabitacolo, dopo un incendio che si è verificato il 7 luglio 2013 in un negozio di scarpe nel comune capofila del Vallo di Diano. In pratica, il rogo era stato causato dalla perdita del controllo di una Nissan Micra che aveva sfondato la vetrina del negozio di scarpe. I carabinieri, però, hanno notato subito che i conti non tornavano. Troppe perplessità e troppe lacune anche nelle dichiarazioni dei testimoni. Infatti, dopo una serie di indagini, i militari hanno constatato che l’incidente in realtà era stato messo a punto per causare un incendio, risultato quindi doloso, per truffare l’assicurazione dell’auto. Se il piano fosse andato in porto, avrebbe garantito ai quattro, ma soprattutto al proprietario del negozio incendiato, la somma di 150mila euro.
I ruoli Ognuno dei quattro finiti nei guai aveva un ruolo ben preciso all’interno della messa in scena del reato. Gli inquirenti hanno fatto sapere che era stato studiato tutto nei minimi dettagli dal promotore dell’azione per truffare l’assicurazione. C’era chi doveva procurarsi l’auto per inscenare l’incidente per un guasto al motore, chi doveva guidarla e dar fuoco, chi doveva fingere di essere alla guida e testimoniare il falso alla polizia giudiziaria.
I reati L’uomo, proprietario del negozio, dovrà rispondere all’autorità giudiziaria di minaccia, in quanto in più occasioni, avrebbe minacciato i testimoni per non rivelare fatti riguardanti l’incendio dai quali sarebbero subito emersi chiari elementi di truffa. Dovrà rispondere anche di detenzione ai fini di spaccio perché avrebbe consegnato sotto minaccia 300 grammi mi marjiuana a un conoscente per poterla far avere a un testimone che aveva rilasciato dichiarazioni da cui emergevano elementi di colpevolezza delle persone finite nei guai.
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