Cilento, misteriosa invasione di filtri di plastica sulle spiagge: si indaga sulle possibili cause

| di
Cilento, misteriosa invasione di filtri di plastica sulle spiagge: si indaga sulle possibili cause

Hanno fatto la loro comparsa anche lungo la Costa del Cilento i misteriosi dischetti di plastica forata che hanno invaso in particolare la spiaggia di Marina Piccola a Capri nei giorni scorsi. A dare per primi l’allarme, quindici giorni fa, sono i giovani volontari dell’Enpa, ente nazionale protezione animali di Capri, che sotto il coordinamento di Fabio Ferraro hanno provveduto a ripulire l’arenile della baia un migliaio di misteriosi dischetti alla discarica della differenziata per la plastica. Oggi altre segnalazioni nel porto turistico di Capri e lungo tutto la fascia costiera della Campania

E’ stato allertato il comandante della Capitaneria di Porto, tenente di vascello Daniele Praticò, che ha dichiarato che nessun allarme di inquinamento marino legato alla presenza di dischetti forati era arrivato dalla capitanerie del golfo e nemmeno negli uffici di Marina Grande era stata segnalata la presenza dello spiaggiamento di questi oggetti. L’arcano è stato svelato nel tardo pomeriggio quando il sito ufficiale di Clean Sea Life, che sta portando avanti una campagna di sensibilizzazione per la riduzione dei rifiuti marini, ha annunciato che tantissime segnalazioni arrivavano da varie zone del versante tirrenico del centro e sud Italia. Si tratterebbe di oggetti impiegati nei sistemi di trattamento biologico delle acque: sarebbero i supporti dove crescono i batteri che depurano l’acqua, assimilandone i nutrienti. Resta il mistero su come siano arrivate sul largo tratto di costa che va dal litorale laziale a Ischia, Capri e Positano fino a toccare il Cilento. Una spiegazione logica potrebbe essere quella del comandante della Capitaneria di Porto di Capri Praticò, secondo cui potrebbe essere un gran quantitativo di dischi per i trattamenti biologici da una nave portacontainer nel corso della navigazione.

Nel Cilento
A segnalare la situazione nel Cilento, alla redazione di Stile Tv, sono stati diversi operatori turistici della zona, preoccupati del grado d’inquinamento che stanno provocando e del continuo ripetersi del fenomeno. Sulla riva e davanti a molti stabilimenti balneari, infatti, sono stati trovati enormi quantità di questi dischetti bianchi, in materiale plastico non biodegradabile, di forma circolare e forati, con un diametro di 4.5 cm ed uno spessore di 2 mm. Sono gli stessi rinvenuti in altri posti della Campania. Le prime ipotesi fanno pensare che si tratti di filtri per capsule del caffè, per tubi industriali o depuratori. 

Un misterioso fenomeno di cui si sono occupati anche il Corriere della Sera  e il TG5. «Si tratta di una forma d’inquinamento mai vista prima sulla nostra costa – spiega l’ex consigliere comunale delegato alla fascia costiera, Maurizio Paolillo a Stile Tv – sono veramente migliaia e sparsi sul tutto il nostro litorale, fluttuando anche in acqua, chiediamo che vengano avviate opportune indagini per risalire alla natura di questo pericoloso fenomeno»

L’esperta
«Stiamo facendo una mappatura e coordinando una dettagliata raccolta di informazioni e segnalazioni. Le prime sono partite due settimane fa dal golfo di Napoli, da Ischia, ma questo non vuole dire che lo sversamento sia stato lì». Secondo Eleonora de Sabata, portavoce di Clean Sea Life, progetto LIFE co-finanziato dell’Unione Europea c’è ancora molto lavoro da fare per risalire a dovegli oggetti di plastica, simili a filtri industriali, siano finiti in mare e poi sul litorale laziale e campano. «Le analogie con l’incidente in America sono realmente molto forti – precisa -. Mi riferisco al disastro dell’impianto di trattamento di Hookset (Usa – New Hampshire) che il 6 marzo del 2011 andò in tilt scaricando dai 4 a 8 milioni di dischetti simili a quelli ritrovati tra Civitavecchia a Amalfi». Di certo migliaia di questi oggetti di origine sconosciuta sono finite sull’arenile: adesso è quindi importante, secondo l’esperta, «accrescere l’attenzione sulla quantità di rifiuti presenti in mare e sulle coste, mostrare in che modo ne siamo responsabili e promuovere l’impegno per l’ambiente».

La mappa
«Sul nostro sito cleansealife.it troverete una cartina in continuo aggiornamento – spiega de Sabata -. Dobbiamo aggiungere infatti, anche Talamone. Le correnti principali vanno da Sud a Nord e la quantità di dischetti dispersi in mare deve essere impressionante». La de Sabata ha anche inviato un catalogo di supporti di plastica impiegati nei sistemi di trattamento biologico delle acque e dalle foto, confrontate con quelle dei dischetti trovati sulle spiagge in questi ultimi giorni, l’ipotesi che si tratti di capsule per il caffè, appare del tutto da scartare. «In questo momento mi trovo a San Diego per la Sixth International Marine Debris Conference e, caso ha voluto, che io sia circondata da biologi e oceanografi da tutto il mondo a cui, ovviamente ho chiesto un parere a riguardo. Concordano tutti con la tesi che si tratti di supporti e il collegamento con l’incidente di Hookset è inevitabile». Ciò che è ora fondamentale «è il backtracking – sottolinea – e cioè il monitoraggio a ritroso, per cercare di risalire da dove e quando tutto è iniziato». Per questo il suo appello è: «Segnalate e teneteci aggiornati. Mandate le vostre foto con data e luogo a info@cleansealife.it o sulla nostra pagina Facebook. Gli oceanografi del Lamma, il Laboratorio di Monitoraggio e Modellistica ambientale per lo sviluppo sostenibile della Regione Toscana con cui collaboriamo, sono al lavoro proprio per cercare di risalire alla genesi del disastro».

La plastica è un problema mondiale
«Siamo ormai invasi e sono ovunque, perfino nell’aria che respiriamo. La contaminazione proviene da diverse fonti ed una tra queste è quella dei vestiti che indossiamo». Così Marevivo commenta lo studio diffuso da Orb Media che lancia un’ulteriore allarme sulle microplastiche e le microfibre rilasciate dai tessuti sintetici. Secondo i dati della ricerca dell’università statale di New York in Fredonia, i livelli di fibre di plastica nelle marche di acqua in bottiglia analizzate potrebbero essere il doppio di quelli che si trovano nell’acqua di rubinetto, ma purtroppo tracce di microfibre si trovano anche in quest’ultima.

Tra i tipi di plastica ritrovati ci sarebbe il polipropilene (54%), lo stesso materiale con cui si realizzano i tappi, nylon (16% e il polystyrene (11%), anche se l’origine di queste microplastiche rimane sconosciuta. Questa ricerca, spiega Rosalba Giugni, presidente di Marevivo, «dimostra l’onnipresenza dell’inquinamento da microplastiche nell’acqua, in tutta le nostre risorse idriche. Le ripercussioni sull’ambiente marino (le microplastiche rappresentano il 90% dei rifiuti galleggianti negli oceani) e la stessa salute umana, tanto da preoccupare anche l’Organizzazione mondiale della sanità, ormai ci sembrano evidenti».

«Anche se al momento non esiste una soluzione concreta per risolvere il problema – conclude Giugni – è inevitabile che il nostro rapporto con la plastica debba cambiare. Dobbiamo essere più sostenibili, riducendo l’uso della plastica, soprattutto quella ‘usa e getta’, preferire materiali eco friendly per i nostri vestiti e investire nella ricerca di tessuti naturali. È necessario, però, anche migliorare il sistema di filtraggio dei depuratori delle acque reflue in modo da trattenere queste minuscole particelle».

©

Consigliati per te

©Riproduzione riservata