Vallo della Lucania, De Luca lascia il Pd
| di Biagio CafaroMarilù De Luca, già vicesindaco di Vallo della Lucania, lascia il Partito democratico. La decisione è stata comunicata mediante lettera aperta al segretario provinciale Pd Nicola Landolfi: «Non c’è spazio in questo partito per quelle idee, né per persone che intendono fare politica in modo pulito e disinteressato, avendo come obiettivo solo ed esclusivamente il bene comune», si legge nella missiva.
De Luca si lamenta dell’immobilismo del Pd: «Avevo sperato che la ventata di novità portata dalle recenti, anche drammatiche vicende, potesse spezzare queste logiche, ma il partito, nella sua tradizionale struttura, conserva tutte le magagne del vecchio modo di fare politica. Nulla è veramente cambiato, se non il nome del segretario. Tutto si è ricollocato negli stessi metodi e finalità nella migliore tradizione gattopardesca».
Le ragioni di De Luca: «Naturalmente ci sono tantissimi che lavorano in modo disinteressato ed ideale, ma contano solo come manovalanza, io sono stata tra questi ultimi. Credo che a questo punto non posso più offrire nulla a questo partito, le cui logiche interne non ho mai condiviso e neppure capito, nelle quali non riesco a muovermi, anche se, colpevolmente e per spirito di militanza, a quelle logiche mi sono spesso arresa».
Terminato l’impegno per il Pd continua quello da cittadina: «Sarò cittadina tutte le volte che mi sentirò chiamata a difendere nel mio piccolo le ragioni della giustizia, della libertà, della solidarietà».
Come da cittadina De Luca si è schierata contro la riqualificazione della piazza Vittorio Emanuele ricevendo anche numerose critiche da parte del sindaco di Vallo della Lucania, Toni Aloia, il quale ha incolpato De Luca di non aver fatto niente in merito alla piazza quando era assessore con delega al Centro.
Di seguito la lettera al segretario Landolfi:
Carissimo segretario provinciale del Partito Democratico di Salerno
Nicola Landolfi
Ormai qualche tempo fa, ci intrattenevamo a casa mia in piacevole conversazione con un mio cugino che si da il caso essere un ottimo professionista, personalità di spicco in campo medico italiano ed europeo, il professore Armido Rubino.
Armido sosteneva che ad oggi i partiti, nella migliore delle ipotesi sono organizzazioni deputate a conservare lo status quo, nella peggiore che si tratti invece o anche, di organizzazioni all’interno delle quali gruppi di potere si fronteggiano per l’affermazione dei propri interessi .
Quando nel maggio 2007 partecipai all’assemblea nazionale dei Ds a Firenze, nella quale si decise lo scioglimento per la costituzione del Pd, mi congratulai con Walter Veltroni , nel cui discorso, ebbi a dirgli, mi ero totalmente rivista, gli dissi allora: «Mi sono sentita letta dentro».
Da queste premesse, nonostante quello che allora consideravo un pessimistico discorso, mi riferisco al caro cugino Armido, è partito il mio impegno nel Pd.
La mia convinzione era che finalmente si sarebbe costruito un partito nuovo, non un nuovo partito.
E’ evidente a tutti, ma lo è ora anche per me, di essere stata vittima del mio insensato ottimismo e della mia incapacità a vedere il male, anche quando questo non si impegna in nessun modo a nascondersi.
E’ un mio limite e ne sono ormai più che consapevole.
In questi anni ho lottato per affermare quell’idea di partito che avevo intravisto nelle parole di Veltroni e nello statuto del Pd.
Purtroppo devo dire di essermi sbagliata su tutti i fronti: non c’è spazio in questo partito per quelle idee, né per persone che intendono fare politica in modo pulito e disinteressato, avendo come obiettivo solo ed esclusivamente il bene comune.
Esistono solo lotte, contrapposizioni personali, strategie nascoste, non confronto di visioni diverse e di idee diverse che un partito democratico deve difendere come un prezioso tesoro.
Avevo sperato che la ventata di novità portata dalle recenti, anche drammatiche vicende, potesse spezzare queste logiche, ma il partito, nella sua tradizionale struttura, conserva tutte le magagne del vecchio modo di fare politica. Nulla è veramente cambiato, se non il nome del segretario. Tutto si è ricollocato negli stessi metodi e finalità nella migliore tradizione gattopardesca.
Naturalmente ci sono tantissimi che lavorano in modo disinteressato ed ideale, ma contano solo come manovalanza, io sono stata tra questi ultimi.
Credo che a questo punto non posso più offrire nulla a questo partito, le cui logiche interne non ho mai condiviso e neppure capito, nelle quali non riesco a muovermi, anche se, colpevolmente e per spirito di militanza, a quelle logiche mi sono spesso arresa.
Aveva ragione Armido!
Finisce oggi il mio impegno nel Pd.
Quello che non finirà è il mio essere cittadina.
Che si esprime innanzitutto nella cura della mia famiglia e dei miei figli, come è naturale, ma allo stesso modo, con la stessa intensità, sarò cittadina, come lo sono stata sinora, svolgendo il mio lavoro di insegnante che profondamente amo.
Sarò cittadina tutte le volte che mi sentirò chiamata a difendere nel mio piccolo le ragioni della giustizia, della libertà, della solidarietà.
Il mio faro di cittadina e di donna resta la Costituzione Repubblicana, di cui mi piace ricordare qui e riportare l’art.2.:
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Ti saluto, Marilù
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