Aretusa, Ermafrodito e Atteone: “Le Metamorfosi” di Ovidio chiudono la XIV edizione di VeliaTeatro
| di Giuseppe GalatoL’acqua. La natura. E il rapporto, “da cinquanta anni a questa parte”, interrotto fra l’uomo e ciò che lo circonda: sono questi i temi introdotti da Sista Bramini nella sua rivisitazione de “Le Metamorfosi” di Ovidio.
L’interprete ci trasporta in questo “viaggio” alla riscoperta del legame uomo/natura ripercorrendo tre miti: quello di Aretusa, la ninfa trasformata in fonte (quasi a continuare il racconto di Demetra e Persefone iniziato la sera prima), ci narra di Ermafrodito e di come divenne un essere con entrambi i sessi, e ci parla di Atteone e di come venne tramutato in cervo dalla dea Artemide dopo averne scorto le nudità nel bosco.
Sista Bramini si sofferma in particolare sul significato iniziatico di quest’ultimo mito. Di come Artemide rappresenti la verità e di come Atteone ne avesse scorto la sua più intima natura. E di come quest’ultimo fu costretto a non poter comunicare agli altri ciò che era riuscito a carpire fra la purezza della natura, metafora di come la verità sia conoscibile solo a livello del tutto personale ma impossibile da comunicare.
Ad accompagnare sul palco Sista Bramini, questa sera, la sola Camilla Dell’Agnola, alla viole e alla voce, nell’esecuzione di musiche originali scritte dalla stessa musicista, accompagnamento che non si limita a fare da sfondo ma diventa parte integrante della narrazione grazie anche a inedite forme onomatopeiche, sia suonate che cantate/recitate, quando l’esecutrice accompagna nella recitazione la narratrice doppiandone la voce ma usando frasi nonsense o nell’uso di strilli acuti ad imitazione dei versi animali (come in alcune tecniche vocali in particolare asiatiche arrivate fino ai giorni nostri anche grazie a personaggi come Demetrio Stratos e Yoko Ono).
“La metamorfosi – spiega l’autrice e attrice dello spettacolo, Sista Bramini – è il modo per accostarsi ad altre realtà che riteniamo a noi estranee, a condizioni percepite quali contrarie a noi stessi. Siamo diversi, ma molto più simili ai nostri opposti, rispetto a quanto crediamo. E l’acqua è l’elemento più vicino alla trasformazione, al flusso ciclico”.
Una serata conclusiva, per VeliaTeatro, pregna di riflessioni, dal rapporto alienante con la tecnologia dell’essere umano del 21esimo secolo all’importanza dell’acqua come fonte primaria di vita (che negli ultimi tempi sembra debba essere considerata come merce di scambio qualunque, fra privatizzazioni ed affini) fino allo stato della cultura in Italia, con un appello a credere nella cultura la quale, oltre a fare bene (secondo alcuni studi negli stati che investono nella cultura c’è molta meno criminalità giovanile e molta meno depressione), è anche fonte economica e di guadagno.
E lo dimostrano le tante presenze di queste sei serate e VeliaTeatro.
Ma probabilmente l’imbarbarimento di una intera popolazione è programmatico.
ARTICOLI CORRELATI
Il dolore di una madre e la nascita delle stagioni a VeliaTeatro: “Demetra E Persefone”
Enea chiude la prima parte di VeliaTeatro a Casalvelino Marina
VeliaTeatro: Odisseo rivive all’ombra della torre Angioina di Velia
“Cantami, o Diva, del Pelìde Achille l’ira funesta”: Gianluigi Tosto fa rivivere “L’Iliade” a Velia
Foto a cura di Michele Calocero
©
©Riproduzione riservata