Quando la leggenda diventa storia: il fascino intramontabile dei “Munacieddi”(Parte II)
| di Giuseppe ConteDopo aver tracciato un quadro più o meno chiaro sulle presunte origini dell’ormai mitologico “munacieddo”, attraverso le storie napoletane e le somiglianze oltralpe ed oltreoceano, ci addentriamo nel panorama cilentano. Prima però, una breve considerazione circa le ipotesi avanzate dagli occultisti e da diversi studiosi di tradizioni. In tale contesto il “munaciello” è visto come un demone malefico, che la credenza popolare ha voluto in qualche modo e chissà per quale ragione, etichettare come “benefico”, forse per minimizzare e trasformare la verità in un clima decisamente più mite.
I “munacieddi” e il Cilento. Non meno interessanti sono le varianti cilentane, le quali in alcuni casi, pare affondino le radici in tempi decisamente più lontani rispetto alle versioni più note. Da premettere che nel Cilento “lu munacieddo” è padrone incontestato delle leggende locali, nato con molta probabilità sotto forma pagana e poi cristianizzato per volere della fede popolare. Questo si deduce dal fatto che si è pensato che sia addirittura riconducibile alla venuta dei monaci nel Cilento, a partire dal VI secolo d.C. Avvalorando questa ipotesi, la nascita della leggenda viene anteriorizzata di diversi secoli.
Chi è “lu munacieddo”? All’impossibilità di stabilire con certezza l’origine della leggenda, si affianca una più affermata consistenza di descrizioni fisiche e comportamentali di questo “simpatico omino”. Stando alle testimonianze “di chi l’ha visto” e alle storielle che ci hanno tramandato, il signor “munacieddo” è sempre descritto come di bassa statura e ricoperto dal saio tipico dei monaci, gobbo e deforme ma mai si fa cenno ai tratti somatici: no si sa che faccia ha! Spostandosi di paese in paese, ogni comunità custodisce la sua versione, e a mutare, oltre ai fatti, spesso è anche il nome: c’è chi parla di munacieddi chi di spiritielli e così via.
Quante storie! A sfondo delle varie narrazioni, il contesto d’azione preferito sembra essere l’ambiente domestico ma si manifesta anche al di fuori di queste mura. Le malfatte? Questo meriterebbe un capitolo a a parte, il genere del suo operato oserei definirlo burlesco, schietto e d’immensa vivacità, colorata da mille espressioni. I furti sono numerosi, i dispetti non sono da meno ma ricordo dei casi particolari in cui si manifesta in modo assolutamente ironico, beffardo e tutto cilentano! Ricordo di un episodio in cui mi venne raccontato: una signora friggeva le zeppole £forse era giorno di festa) e nel depositarle nel piatto, si accorse che man mano scomparivano. All’improvviso, voltandosi all’indietro, scoprì il “munaciello” intendo a banchettare e d’istinto l’olio bollente fu arma di difesa per la donna. Ovviamente l’ospite ci rimase un po male e pur se aveva mangiato (e tanto!) ricambiò con una scomunica. Altro episodio, altro luogo: la presenza assidua dell’indesiderato portò un’intera famiglia all’esasperazione, tanto da prendere l’amara decisione di cambiar dimora. E mentre tutti si ritrovavano affaccendati per effettuare il trasloco, eccolo! Puntuale e sorridente appare il “signorino” che gioioso esclama: si cambia casa! Ah, di una cosa mi pare si abbia certezza: la puntualità! Eh si! Pare che non tardasse per l’ora di cena o ad infastidire il sonno della notte.
La mia storia finisce qui e voglio concludere come nell’articolo dell’anno passato, lasciando a voi considerazioni e interpretazioni: <<Voi dite che è tutta una leggenda? Un’invenzione?>>, di sicuro “i munacielli” hanno una storia secolare e con la storia hanno avuto a che fare, se addirittura Francesco II, ultimo Re di Napoli, ne era infastidito…
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