I siti archeologici del Cilento. Roccagloriosa: un esempio da seguire… con cautela (parte IV)

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I siti archeologici del Cilento. Roccagloriosa: un esempio da seguire… con cautela (parte IV)

Prosegue la nostra inchiesta sui siti archeologici del Cilento partita con dei sopralluoghi a Sacco e Roscigno, due siti in evidente stato di degrado.

Continuiamo con l’analisi del sito archeologico di Roccagloriosa.

Continua da I siti archeologici del Cilento. Roccagloriosa: Un esempio da seguire… con cautela (parte III).

5.§ Il caduceo con iscrizione “de(mosion)”: emerge una identità politica?

Il dato più qualificante per la natura e funzionalità dell’edificio in questione è l’impugnatura in bronzo con iscrizione incisa delle due lettere “DH” = “de(mosion)”.

Lo stato di conservazione frammentario dell’oggetto ha dato adito a non pochi equivoci sulla sua interpretazione, ancor più quando si considera il fatto che un tale rinvenimento è avvenuto in uno stadio iniziale della ricerca sul sito, cioè in un momento in cui, nonostante gli obiettivi e le ipotesi di lavoro qui formulate, la documentazione sul tipo di organizzazione dell’abitato all’interno della fortificazione era estremamente frammentaria ed inquadrata per lo più nell’ambito di un approccio concettuale che privilegiava la natura non complessa e certamente non urbana di tali insediamenti.

Non deve stupire, pertanto, il fatto che un’iscrizione del genere che dichiara la natura pubblica del manufatto abbia dato adito, in un momento iniziale, ad ipotesi interpretative (in particolare l’importantissimo testo in osco di contenuto giuridico del frammento di tabula bronzea rinvenuto nel 1999) approssimate e, se non del tutto, fuorvianti.

In una prima presentazione, tale manufatto, sulla base di raffronti tipologici dall’area magno-greca, era stato identificato quale puntale di lancia evidentemente per particolari usi da parata date le dimensioni e l’elaborata sagomatura, simili a quelle di due esemplari iscritti con dedica provenienti da un’area sacra di Crotone, in località Vigna Nuova.

Inoltre la paleografia del graffito, nonché la particolare disposizione delle lettere e del nesso delta – eta, perfettamente raffrontabili con i bolli su mattoni velini della prima metà del III secolo, aveva fatto inizialmente pensare ad un trofeo della vicina Velia (con cui del resto il centro è strettamente legato per la circolazione monetaria sino ai primi decenni del III secolo).

Tuttavia, alla luce della più recente documentazione epigrafica, sul sito è possibile darne una diversa interpretazione.

Si tratta evidentemente dell’impugnatura bronzea di un Kerykeion (lat. caduceus), originario attributo di Hermes, che poi diviene in età classica il simbolo qualificante dell’araldo (greco: keryx) “… che parla a nome della città…”, pertanto simbolo nelle ambascerie di pace e di guerra.

Presumibilmente, l’esemplare del pianoro di Roccagloriosa era depositato nel menzionato edificio pubblico in cui è stato rinvenuto.

Il graffito “DE” enfaticamente ne designa l’appartenenza al popolo, ovverosia lo qualifica quale oggetto di proprietà della comunità che quindi aveva adottato sia il simbolo stesso sia il termine demosion (attributo dell’oggetto) dall’apparato delle città italiote.

Pertanto è la documentazione stessa del caduceo in questione e la sua qualificazione di oggetto pubblico (o più correttamente appartenente alla comunità) a fornirci una immagine eloquente di una emergente identità politica all’interno della comunità locale.

6.§ Un frammento di fibula bronzea con iscrizione osca

Un’eccezionale spia sul livello di complessità organizzativa raggiunto dall’abitato nei decenni a cavallo tra IV e III secolo è stata fornita dal rinvenimento di un frammento di tabula bronzea opistografa (cioè iscritta su ambedue le facce) con testo in lingua osca (la lingua dei sanniti attestata a Roccagloriosa nella sua variante meridionale), redatto adoperando l’alfabeto greco del tipo ionico–tarantino.

Sebbene il documento sia stato immediatamente identificato quale importante attestazione di un testo di legge, la complessità stessa del testo e l’assenza di documentazione di raffronto ha indotto ad ipotizzarne, in una prima frettolosa presentazione del testo, una datazione esageratamente bassa di fine II secolo a.C.

Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che, in assenza di documenti raffrontabili dall’area lucana (ad eccezione del corpus delle epigrafi su pietra del santuario di Rossano di Vaglio), il testo sia stato automaticamente posto a confronto con l’unico altro documento di paragonabile lunghezza e complessità: la Tabula Bantina.

Non vi è alcun dubbio che si tratti di un testo appartenente ad un taglio cronologico alto, nei decenni a cavallo tra il IV ed il III secolo a.C.

La porzione di testo pervenuta include molti vocaboli la cui interpretazione è resa più complessa dall’assenza di interpunzioni.

Un termine noto e di uso ripetuto nel testo è quello del meddes al rigo 5 della faccia A. Il termine è seguito inoltre dalla designazione della carica medeika(tud).

Sulla faccia B sono da menzionare due importanti attestazioni per la rilevanza che esse assumono rispetto alla problematica dell’organizzazione istituzionale della comunità lucana di Roccagloriosa:

– Agginoud è l’ablativo di un noto termine osco per “deliberato” (lat. sententia) e in altre iscrizioni dove appare esso è preceduto dal genitivo dell’organo deliberante, lasciando così spazio per ipotizzare l’esistenza di un embrionale organo assembleare;

– Il termine touteikais (lat. publicis) è il dativo plurale dell’aggettivo derivante da touta, termine che connota l’entità statale nelle lingue italiche, dunque un chiaro riferimento alla categoria del pubblico. 

CONTINUA

I siti archeologici del Cilento. Roccagloriosa: un esempio da seguire… con cautela (parte V)

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