Tra Sele e Tanagro: analisi diacronica delle dinamiche territoriali. Parte III
| di Lucia CarielloUno studio finalizzato ad analizzare nello specifico le trasformazioni del comprensorio Sele–Tanagro in un arco cronologico che va dal Neolitico all’Età del Bronzo finale, periodo nel quale l’area è stata occupata in modo differente da diverse popolazioni.
Continua da: Tra Sele e Tanagro: analisi diacronica delle dinamiche territoriali. Parte II
§5. Ipotesi di percorsi e viabilità protostorica
La viabilità nel nostro territorio è assicurata da ben 5 ipotesi di percorsi (B, C, D, E, F,) interni ad esso, a cui si affiancano altri due percorsi esterni (A, G). La maggior parte di essi attraversa il territorio nel senso della latitudine, disponendosi cioè quasi in senso Est-Ovest (A, B, C, D, E), mentre gli altri due seguono un andamento Nord-Est/Sud-Ovest (F, G), in relazione alla conformazione geomorfologia del territorio e alla disposizione degli spartiacque.
Il percorso A rappresenta la grande direttrice viaria tra la Lucania interna e la costa tirrenica; essa, seguendo il corso del Tanagro-Sele, collega anche il Vallo di Diano, attraverso il passo dello Scorzo, ovvero le storiche Nares Lucanae, alla piana pestana e picentina.
Il percorso B, provenendo dalla piana pestana, evita l’aggiramento del Massiccio degli Alburni ed è quello prevalentemente utilizzato dai vari siti che si susseguono lungo il suo asse e che per mezzo di esso risultano collegati sia tra di loro sia alla piana pestana.
Il percorso C, oltrepassando il Calore, segue il tracciato di fondovalle di un vecchio tratturo e da Madonna del Piano di Aquara, attraverso il fondovalle del Calore, si innesta sotto Bellosguardo con la “Trazzera degli stranieri”, costeggia Monte Pruno e prosegue per il “Passo della sentinella”, sboccando nel Vallo di Diano.
Il percorso D lambisce da settentrione i rilievi del Monte Soprano e la valle del Calore a quota più alta e giunge a Sacco per immettersi nel Vallo più avanti, tramite la Sella del Corticato.
Il percorso E lambiva Monte Soprano, Monte Sottano e Monte Chianello e raggiungeva Laurino; da qui si dirigeva a Sacco Vecchia, unendosi con il percorso precedente, per usufruire poi della Sella del Corticato.
Anche il percorso F, la cosiddetta “via del sale”, che partiva dalla valle dell’Alento e attraversava il passo di Cannalonga, si congiungeva col percorso E all’altezza di Laurino, prima di proseguire verso Nord insieme a quest’ultimo e raccordarsi con il percorso D.
Il percorso G, pur esterno al nostro comprensorio e non appartenente alle grandi direttrici, è in ogni caso da tenere presente perché in qualche modo lo delimita dalla parte meridionale; esso è quello che da Montesano arrivava a Roccagloriosa ed al golfo di Policastro.
§6. Considerazioni conclusive
L’analisi territoriale ha definito una fase di mutamento e di forte penetrazione durante il Bronzo medio a cui fa parzialmente riscontro solo la situazione durante il Neolitico medio/finale.
Nelle altre fasi la difficoltà di reperimento dei dati e la modestia dei rinvenimenti nel nostro comprensorio non offrono un quadro altrettanto generoso.
Gli Alburni e la Valle del Calore mostrano una grande vitalità durante il Bronzo medio per il ruolo importante che riveste in questo periodo l’economia dell’allevamento con i suoi spostamenti per la pratica della transumanza.
Diventa facile seguire i percorsi di penetrazione dalla costa verso l’interno e viceversa, punteggiati dai numerosi rinvenimenti archeologici.
Con il Bronzo finale ed il fenomeno di selezione e concentrazione degli insediamenti, i rilievi degli Alburni e del Cervati e la valle del Calore sembrano spopolarsi. Rimangono in vita, invece, gli insediamenti che si concentrano all’esterno del comprensorio (Eboli, Battipaglia, Agropoli, Atena Lucana) che, da posizioni emergenti e strategiche, si proiettano verso la costa o verso le grandi aree pianeggianti anche interne.
§7. Considerazioni conclusive sui siti interni al comprensorio Alburni – Cervati – Vallo di Diano
Non è stato facile delineare le dinamiche di un territorio dal volto tanto ampio e complesso come quello che si staglia tra i fiumi Sele e Tanagro.
Questo studio, lungi dall’essere esaustivo e definitivo, si è proposto il modesto intento di creare una base di riflessione relativa alle dinamiche che caratterizzano il territorio nell’ambito di un arco cronologico decisamente vasto (Neolitico-Bronzo Finale) che vede per la prima volta presenze umane socialmente complesse e organizzate quali iniziano ad essere, per esempio, le prime comunità di agricoltori/allevatori nel Neolitico.
Ho ritenuto opportuno, per tale ragione, prender visione anche dell’area limitrofa al comprensorio, cioè le valli del Tanagro, del Sele e la costa cilentana, con le quali esso interagisce.
L’analisi dei siti interni al comprensorio ha fornito dati interessanti, sinteticamente raffigurati nel sottostante Grafico che illustra la presenza delle singole fasi pre-protostoriche in ciascuno dei siti individuati.
Osserviamo innanzitutto una presenza di siti monofase (9, cioè quasi il 50% di quelli presi in considerazione) datati prevalentemente all’Età del Bronzo (7 su un totale di nove, cioè ben il 78%) ed in particolare, nei quattro casi in cui i dati non sono troppo generici e non significativi, al Bronzo Medio. Ciò non sorprende perché è questo, insieme al Neolitico Finale, il momento di massima presenza insediativa nell’area del comprensorio. Soltanto due appartengono a periodi precedenti: uno è del Neolitico Finale, l’altro dell’Eneolitico. Questi 9 siti monofase comprendono sia quelli in grotta che quelli all’aperto: in particolare, coerentemente con la morfologia montana e carsica del territorio, prevalgono leggermente i siti in grotta (5) rispetto a quelli all’aperto (4).
I siti plurifase sono in numero di 10 e sono costituiti da 6 siti in grotta e 4 all’aperto.
È comprensibile che fra i siti plurifase prevalgano le grotte sia utilizzate a scopo funerario, sia come luogo di stanziamento temporaneo nella pratica dell’alpeggio.
L’unico sito in cui sono rappresentate tutte le principali fasi cronologiche (Neolitico, Eneolitico, Bronzo Antico, Medio e Recente/Finale) è la Grotta di Pertosa, anche se con qualche soluzione di continuità, che si registra in particolare tra il Neolitico Finale e l’Eneolitico 3 (mancano infatti attestazioni per le facies più antiche dell’Eneolitico). Invece in tre grotte (Vallicelli, Ausino, Polla) manca il Bronzo Antico che però si ritrova nella Grotta del Pino e nell’Inghiottitoio di Varlacarla, quindi nell’area prospiciente il Vallo di Diano.
Otto siti plurifase su dieci presentano testimonianze del Bronzo Medio. Cinque siti iniziano il ciclo vitale nel Neolitico e successivamente vengono utilizzati per lunghi periodi, invece i siti che nascono nel Bronzo Medio, esigui per numero (2), proseguono solo nella successiva età del Bronzo Recente.
Queste evidenze testimoniano una brusca interruzione nella frequentazione dei siti del comprensorio alla fine del Bronzo medio-recente, fenomeno di cui non si riesce a comprendere a fondo le cause, se non lo si osserva a livello più ampio.
§8. Dinamiche territoriali ed interazione fra il comprensorio e la valle del Tanagro – Sele
Tra il comprensorio montano Alburni-Cervati-Vallo di Diano, oggetto di questo studio, e la valle del Tanagro-Sele si è instaurato un profondo, ma alterno, rapporto di interazione antropica.
Questa interazione tra il nostro comprensorio e l’area limitrofa si configura al tempo stesso come rapporto tra siti di alta e bassa quota e tra siti interni e siti costieri ed ha come forte componente quella dell’allevamento e della transumanza a corto raggio.
Il fenomeno, presente dal Neolitico Medio in Italia meridionale, è perfettamente rilevabile tra la piana pestana (Paestum-Cerere) e la grotta dell’Ausino, sugli Alburni. Non a caso anche gli altri siti d’alta quota si dispongono ai margini del comprensorio in netta relazione con le rispettive pianure sottostanti: Ausino-Paestum; Pertosa, Polla, Vallicelli-Vallo di Diano; Stio e Campora-Valle dell’Alento-Palinuro. L’attuale mancanza di dati per la parte più interna del comprensorio sembrerebbe indicare una mancanza di interesse ad attraversare l’intero comprensorio da Est ad Ovest, ovvero dal Vallo di Diano alla piana del Sele.
L’Eneolitico iniziale mostra un certo interesse per stazioni di alta quota ed in grotta, sottintendendo ancora un’economia di allevamento anche se non è rilevabile, per mancanza di testimonianze, l’interazione con le piane e la costa.
Le grandi necropoli del Gaudo (Paestum, Eboli, Buccino) privilegiano le zone pianeggianti o pedemontane, inferendo verosimilmente un diverso interesse economico verso la pratica dell’agricoltura e terreni più fertili.
Durante l’Eneolitico finale, rappresentato dalla facies di Laterza, i recenti rinvenimenti della grotta del Pino vengono a colmare un vuoto tra la costa, Paestum-Cerere e l’area apulo-lucana dove tale facies è capillarmente diffusa.
Gli Alburni e la Valle del Calore mostrano una grande vitalità economica durante il Bronzo Medio per il ruolo importante che riveste in generale in questo periodo in tutta la penisola l’economia dell’allevamento con i suoi spostamenti per la pratica della transumanza.
Dall’analisi svolta si evince chiaramente che è soprattutto in questo periodo che si attua il vero popolamento del comprensorio rappresentato da un discreto numero di siti, sia in grotta che all’aperto, dislocati in posizione non casuale, ma a controllo di importanti vie di transito, legate alla pratica della transumanza. La vera novità consiste, infatti, nei siti del complesso di S. Angelo a Fasanella, di quello di Sacco e infine di Laurino che sono di “nuova fondazione”, ma saranno anche di breve vita, tranne Costa Palomba che proseguirà nel periodo successivo. I tre complessi sono formati da siti che si dislocano a breve distanza su un asse latitudinale che tende a collegare, tramite il Passo della Sentinella e la Sella del Corticato, la Piana pestana con il Vallo di Diano.
Non a caso a quest’epoca risalgono le attestazioni di ceramica egea mesoelladica nella Grotta del Pino. Il rinvenimento di tali ceramiche “suggerisce che l’area intrattenesse rapporti significativi con la zona costiera tirrenica e con le isole che,…, ha costituito per lungo tempo un punto di incontro di grande importanza fra l’elemento egeo e quello locale nel corso del Bronzo medio italiano”.
Con il Bronzo finale ed il fenomeno di selezione e concentrazione degli insediamenti, i rilievi degli Alburni e del Cervati e la valle del Calore sembrano spopolarsi. Rimangono in vita, invece, gli insediamenti che si concentrano all’esterno del comprensorio (Eboli, Battipaglia, Agropoli, Atena Lucana) che, da posizioni emergenti e strategiche, si proiettano verso la costa o verso le grandi aree pianeggianti, anche interne.
In tale contesto spicca la persistenza di Costa Palomba, in posizione munita e strategica, che continua ad assicurare, con la sua ubicazione mediana, il collegamento tra la piana pestana e il Vallo di Diano.
Alla luce di questi secolari rapporti tra monti e vallate, tra entroterra e costa, non sembrerà più un caso insolito, ma anzi si inserirà in questo continuum di rapporti, la testimonianza di Capodifiume: qui alle falde del monte Calpazio, presso Paestum, nell’ambito di una piccola necropoli villanoviana, è stata rinvenuta ceramica “a tenda” tipica delle genti enotrie della Lucania e del Vallo di Diano.
Ma, con questa testimonianza siamo già nella Prima età del Ferro, quando diventerà più evidente quel processo di differenziazione etnica prima nascosto dalla koinè appenninica e da quella protovillanoviana che avevano uniformato nel campo della cultura materiale la penisola italiana, e sarà più agevole riconoscere le tracce delle interazioni antropiche tra differenti comunità umane.
In questa sede interessava, invece, cogliere i precedenti di questo fenomeno fin dal Neolitico, ovvero dalle origini delle società complesse capaci di antropizzare il territorio naturale in cui vivono.
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