23 novembre 1980: il terremoto che cambiò per sempre la storia della Campania

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23 novembre 1980: il terremoto che cambiò per sempre la storia della Campania

Alle 19:34:53 di quella domenica sera, la terra tremò per 90 interminabili secondi. Un boato, poi il silenzio. In quell’istante, il sud Italia cambiò per sempre.

Il terremoto del 1980 colpì un’area di 17.000 chilometri quadrati tra Campania e Basilicata, distruggendo interi paesi e lasciando dietro di sé una scia di morte e dolore. Oggi, a 44 anni da quel tragico evento, il ricordo è ancora vivido nelle testimonianze di chi visse quei momenti.

Le testimonianze di chi c’era

Giovanni Russo, all’epoca un giovane di 23 anni a Balvano, ricorda con voce rotta:

“Ero in casa con la mia famiglia. Quando è iniziato a tremare, pensavamo fosse un camion di passaggio. Poi il soffitto è crollato. Ho perso i miei genitori e due fratelli quella sera. Non passa giorno che non li ricordi.”

A Castelnuovo di Conza, uno dei paesi più colpiti, Anna Vitale, allora quindicenne, racconta:

“Era una giornata fredda. Ero con mia madre in cucina quando abbiamo sentito un rombo che sembrava venire dal sottosuolo. La casa si è piegata su se stessa. Sono rimasta intrappolata per ore sotto le macerie, stringendo la mano di mia madre, che però non ce l’ha fatta.”

A Salerno, dove il terremoto si è avvertito con forza, Michele D’Amato, oggi ottantenne, ricorda le immagini del caos:

“Eravamo al terzo piano di un palazzo. Tutto si muoveva, come se fossimo su una barca in tempesta. Quando siamo riusciti a scendere, per strada c’era solo polvere, urla e gente che correva. La città sembrava irreale.”

Il bilancio di una tragedia

Le cifre parlano di circa 3.000 morti, 8.848 feriti e più di 280.000 sfollati. Il danno economico fu stimato in oltre 26 miliardi di euro. Solo in provincia di Salerno si contarono 674 vittime e 2.468 feriti, con paesi come Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni e Conza della Campania quasi completamente rasi al suolo.

Don Antonio Esposito, parroco di un piccolo comune irpino, sottolinea il ruolo fondamentale della solidarietà:

“La gente arrivò da tutta Italia per aiutare. Era come se ogni confine fosse caduto. Ricordo camion pieni di viveri, coperte, volontari che scavavano senza sosta con le mani nude. In mezzo al dolore, quella fu la luce.”

La memoria di oggi

Oggi, 44 anni dopo, i segni del terremoto sono visibili non solo nelle macerie, ma anche nei cuori di chi lo ha vissuto. Molti comuni hanno organizzato commemorazioni, accendendo candele e raccogliendosi in silenzio.

“Non possiamo dimenticare,” dice il sindaco di Camerota, Mario Salvatore Scarpitta, “perché il ricordo di ciò che è stato deve guidarci nelle scelte future. La sicurezza sismica deve essere una priorità per tutti noi.”

La ricostruzione è stata lenta e spesso accompagnata da polemiche. Tuttavia, tra le difficoltà, il ricordo di quella tragedia ha cementato un senso di comunità e resilienza che ancora oggi contraddistingue queste terre.

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