Archeologia, turismo, fondi e… metrò del mare nelle parole di Alfonso Andria
| di Lucia CarielloNell’ambito della nostra inchiesta sullo stato di crisi dei siti archeologici del comprensorio (vedi Sacco: un sito sconosciuto, Il Parco archeologico “sommerso” di Roscigno: tra dirupi, rovi e sterpaglie qui la natura tragicamente impera e Roccagloriosa: un esempio da seguire… con cautela) abbiamo avuto modo di fare qualche domanda al Senatore Alfonso Andria che tragicamente conferma una realtà: siamo in serie B.
D: Parco del Cilento e Vallo di Diano, sicuramente uno dei più belli in Italia, certamente quello con i maggiori siti archeologici da visitare: i riscontri economici però sono inferiori alle attese.
R: La spiccata valenza ambientale, il forte richiamo paesaggistico, le emergenze archeologiche molto significative di Paestum e di Velia, i prestigiosi compendi monumentali, a partire dalla Certosa di Padula, i valori diffusi sul territorio fin nei più piccoli comuni, nei loro centri storici, nell’edificato rurale, un patrimonio immateriale che rappresenta un forte segno identitario, l’enogastronomia e, più in particolare, la Dieta Mediterranea di cui il Cilento è la culla, costituiscono gli “ingredienti” per attestare questo impareggiabile comprensorio del Cilento e del Vallo di Diano con il loro Parco nazionale su un livello di maggiore attrattività, che possa indurre anche effetti benefici per l’economia e per l’occupazione locale. Occorre però una strategia mirata dal punto di vista della comunicazione e della promozione, anche al fine di destagionalizzare il più possibile il turismo. A me pare, francamente, che i presupposti ci siano tutti: i riconoscimenti dell’UNESCO prima ai “paesaggi culturali” del Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano con le emergenze archeologiche di Paestum, di Velia e con la Certosa di Padula, poi la recentissima iscrizione della dieta mediterranea nella lista del patrimonio immateriale dell’umanità; una viabilità di gran lunga più agevole che ha enormemente accorciato i tempi di percorrenza da e verso il Cilento (mi riferisco soprattutto alla Futani-Centola); i lavori ormai quasi completati sulla tratta salernitana dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Solo per citare i risultati più appariscenti.
D: Nella mia inchiesta relativa allo stato francamente scandaloso dei siti archeologici nel Cilento mi sono chiesta: è possibile recuperare il tempo perduto?
R: Certo che è possibile, ma bisogna volerlo. Se il Governo avesse più attenzione per le questioni che riguardano la cultura e se investisse in modo adeguato e convinto su quel comparto, renderebbe un servizio anche allo sviluppo dei territori. La cultura è infatti precondizione dello sviluppo. La necessità di intervenire, poi, sul patrimonio culturale è inderogabile. Spesso si rilevano manchevolezze macroscopiche nella manutenzione ordinaria e straordinaria dei siti più accreditati e famosi. Un capitolo a parte è costituito dal patrimonio archeologico, architettonico, artistico e storico diffuso sui territori che, attenzione, non è – come spesso capita di sentire – “patrimonio minore”, nella misura in cui è traccia vivente della nostra storia, rappresentando una filigrana sottile, ma al tempo stesso un tessuto connettivo su cui poggia la nostra identità culturale. Fino a qualche anno fa abbiamo positivamente registrato imponenti interventi almeno nelle più importanti aree archeologiche e nei siti monumentali. Paestum è stata interessata da un importante lavoro di restauro dei templi e da altri interventi anche all’interno del museo nazionale; anche a Velia la Soprintendenza archeologica è intervenuta in modo radicale, impiegando anche finanziamenti europei. A Padula, invece, dopo il recupero della Certosa che la restituì a fine anni ottanta, primi novanta, al suo antico splendore, grazie all’opera della Soprintendenza ai Beni Artistici e Architettonici, si registra oggi una situazione di abbandono. Mi sono attivato in vario modo, anche attraverso interrogazioni parlamentari, ma continuo a registrare l’assoluta sordità del Governo.
D: Tre emergenze da risolvere al più presto.
R: La Certosa di Padula, l’area archeologica di Roccagloriosa, le Grotte del Bussento, per includere anche un luogo di forte valenza ambientale.
D: Tre siti che andrebbero maggiormente valorizzati.
R: Più che di siti dei quali, secondo quanto ho già detto, il Cilento e il Vallo di Diano non difettano, parlerei di comprensori o di piccoli itinerari in grado di coniugare l’indubbia attrattiva delle marine del Cilento, con il fascino delle aree interne e dello stesso Vallo di Diano. Non c’è un paese in tutto intero il territorio del Parco, che non meriti di essere visitato: per i minuscoli centri storici, puliti, ben conservati, restaurati prevalentemente ad iniziativa dei sindaci e dei Comuni; oppure per le tracce di un fatto storico di cui si custodisce gelosamente la memoria, pensiamo ad esempio a questo anno 2011, in cui ricorre il 150° dell’Unità d’Italia e al tanto che diverse comunità locali, nel Vallo come nel Cilento, hanno rappresentato ed espresso nella fase preunitaria e nel processo di unificazione; o ancora per un riferimento di carattere tradizionale, di cultura popolare, di microstoria locale. Inoltre, le attività artistiche di spettacolo, di natura espositiva rappresentano un utile strumento non solo per animare i contenitori, ma anche per attrarre flussi di visitatori che magari, normalmente, se non ci fosse il richiamo dell’iniziativa artistica o culturale, non visiterebbero quel sito. Questi itinerari in parte sono già concepiti, ma possono esserne tracciati di nuovi e credo l’Ente Parco abbia la necessaria attitudine a costruirli e a promuoverli.
D: Parliamo dei fondi: come vede questa nuova ripartizione?
R: È scandalosa, l’ho fortemente criticata, anche attraverso la stampa, dal momento che sono state del tutto escluse le province di Avellino e di Salerno.
D: Soprintendenza e Parco lamentano entrambi una mancata erogazione fondi: dobbiamo allora considerarci una sorta di fanalino di coda?
R: Indubbiamente – anche se mi rincresce affermarlo – è così. Non ci sono grandi attenzioni per il Mezzogiorno e quelle poche risorse che di tanto in tanto si mettono in campo, raramente vanno a beneficio dei nostri territori. Sarebbe perciò necessario un lavoro di squadra più costante ed energico, anche all’interno della rappresentanza parlamentare, così come nel Consiglio regionale e tra i vertici degli Enti locali: un lavoro che sappia talvolta accantonare le differenze di estrazione politica per fare fronte comune a difesa e per la valorizzazione degli interessi alti delle comunità e dei territori.
D: Un sogno: il Cilento volano di una nuova economia turistica. È utopia?
R: Sarebbe un’utopia se il Cilento continuasse ad essere una sorta di miniera chiusa. Non lo sarebbe se ci fosse intorno al Cilento un coagulo di attenzioni istituzionali, un grande sforzo di volontà politica e, perché no, una spinta maggiore anche da parte dell’imprenditoria privata. Ho già detto che i presupposti ci sono tutti per tramutare un sogno in realtà.
D: Metrò del mare, iniziativa volta allo sviluppo turistico dei comprensori marittimi. Il Cilento interno, invece, seppur ricco di storia arte cultura avverte un continuo, progressivo abbandono a sé stesso. Investire in un rilancio di tali ricchezze è impossibile oppure, perdoni la franchezza, economicamente non conveniente?
R: Non è precisamente così, nel senso che lo stesso Metrò del Mare, che faticosamente si è riusciti almeno in parte a mantenere come servizio di collegamento tra le Coste, deve puntare anche alla conoscenza e all’incentivazione delle aree interne. Del resto, iniziammo così alcuni anni fa, quando ero presidente della Provincia di Salerno, e, con l’assessore al ramo Giampaolo Lambiase, lanciammo e realizzammo l’idea de “Le Vie del Mare per il Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano”, proprio al fine di usare anche quell’espediente per diffondere la conoscenza delle aree interne. La nostra soddisfazione fu notevole perché effettivamente gli utenti nella misura di oltre il 90% raccolsero il suggerimento e non utilizzavano l’escursione giornaliera solo per ragioni “balneari”, ma, giunti all’approdo prescelto, salivano sui pullman messi a disposizione dall’Ente Parco e fruivano dell’itinerario verso l’interno con l’assistenza di giovani accompagnatori appositamente formati, con la sosta in aree attrezzate, la degustazione di prodotti tipici e le visite programmate. Certo, è un lavoro paziente ma è possibile. Si tratta di osare e sicuramente anche le piccole economie locali possano trarne vantaggi e convenienze!
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