Rosantico, boom di presenze a Paestum nel primo mese di apertura
| di Laura Del VermeCome si facevano belle le donne nell’antichità? Molte ricorrevano certo a decotti di fiori, olii ed essenze profumate. Vanità e lusso, cosmesi benessere, nel nome di una rosa che ha incantato poeti, intellettuali ed artigiani e che non esiste più. Una narrazione visiva che parte dall’Afrodite di Sinuessa ed approda alla magia di un essenza conservata in centinaia di contenitori esposti su un tappeto di mirto e petali; queste sono alcune delle suggestioni che riesce fatalmente a ricreare Rosantico, la mostra visitabile dal 23 marzo al 31 ottobre al museo di Paestum curata da Adele Campanelli in collaborazione con Marina Cipriani, Gianni Avagliano, Michele Iodice e chi scrive.
Lo spunto è stato il ripristino del paesaggio naturale pestano, curato dall’ente parco del Cilento e declinato nel reimpianto di alcune coloratissime varietà di rosa, ‘discendenti’ dell’antica rosa damascena nel parco della città antica. Nell’Iliade, Afrodite preserva il cadavere di Ettore nell’olio di rose, scrive Mauro Menichetti nel catalago, edito da arte’m, che raccoglie come tanti petali della rosa centifolia, contributi di archeologi, storici dell’arte, musicisti e giornalisti.
Ci sono passi che ripercorrono le tappe di una produzione artigianale che a Paestum e Capua aveva i suoi centri più rinomati come ricordano Jean-Pierre Brun e Francesco Sirano. Luoghi dove si produceva quel rhodinon, estratto appunto dalle rose, che attirava le matrone in preparazione per le Veneralia, le festività in onore della dea della bellezza, che ha il suo spazio trionfale nella decorazione dell’anfora del pittore di Afrodite. E gli oggetti sembrano così esprimere la sintesi metaforica tra loro contenuti reali e quelli iconografici: il loro valore erotico, i loro magici effetti sulla vita amorosa di una donna.
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