Il dialetto cilentano, suoni vocalici e consonantici, affinità e diversità (alcuni esempi)
| di Giuseppe ConteSe è vero che il dialetto cilentano, presenta una certa difformità all’interno dell’ambito territoriale in cui agisce, è pur vero che diverse sono le affinità con quelli circostanti.
Rapportandolo alla lingua nazionale (l’italiano, anch’esso partorito dal latino), la prima affinità, consiste nella stessa varietà di suoni, almeno a livello vocalico: per questo le parole che compongono il parlato locale sono rappresentate mediante l’utilizzo dell’alfabeto italiano.
Spesso, i vari studi, anche se scarni, sul dialetto cilentano, omettono l’uso di un alfabeto fonetico specifico, in quanto, l’idioma cilentano è costituito da vocali e consonanti del tutto chiare.
Una quantità di divergenze, più o meno consistente, la riscontriamo a livello vocalico fra il cilentano e i restanti dialetti meridionali.
In linea di massima, le vocali accentate nel dialetto cilentano, dipendono dalla finale, mentre ciò non accade nei dialetti calabresi e siciliani, i quali tendono a chiudere in “i” e “u” la “e” e la “o” (entrambe vocali chiuse), indipendentemente dalla finale.
Tuttavia, il cilentano sembra compensarsi, allorché, accanto a tutte queste differenze, troviamo una serie di affinità, altrettanto rilevanti. Per esempio, il nesso “nd”, come in “quando”, diventa “nn”, restituendoci “quanno”, mentre la doppia l “ll” di “gallina”, si rende in “dd”, dandoci “addina”. Tali nessi li riscontriamo anche in buona parte degli altri dialetti meridionali, parlati a sud del Cilento.
Citando il nesso “nd”, mi viene subito da evidenziare la differenza tra “tempo e quantità”, cioè tra “quanto e quando”. Il tempo, come è noto, si rende in “nn” dandoci “quanno”, mentre la quantità, per una mera coincidenza, ci viene reso secondo l’indicativo del tempo nella lingua nazionale e dunque “quanto” diventa “quando” (che, talvolta suona come “quandu”), poiché, la “t” si addolcisce in “d”.
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