Tragedia Ciclope, 8 prosciolti: uno solo va a processo
| di Luigi MartinoUn lungo silenzio, qualche sguardo perso nel vuoto, tante strette di mano e un pensiero rivolto al cielo. Antonio Della Ragione, papà di Crescenzo, giovane morto a 27 anni all’ingresso della discoteca Il Ciclope di Marina di Camerota nella notte del 10 agosto del 2015, ha ascoltato il giudice. Poi si è girato. E’ uscito fuori, nel corridoio del palazzo di giustizia di Vallo della Lucania, con volto affranto. C’era anche lui questa mattina quando il giudice per le udienze preliminari, Sergio Marotta, ha emanato il verdetto. Antonio Troccoli, Antonio Romano e Domenico Bortone, ex sindaci di Camerota, sono stati prosciolti. Per loro niente processo. Stessa decisione per i due comandanti dei vigili urbani, Antonio Ciociano e Donato Salvato, per il Sovrintendente Giovanniantonio Cammarano e i due tecnici Antonio Gravina e Gennaro D’Addio. Erano tutti accusati di omicidio colposo.
A processo ci va solo Raffaele Sacco (conosciuto da tutti come Lello), titolare di uno dei locali tra i più in voga del by night del Sud Italia. Condannato, invece, a 18 mesi, Antonio Campanile, responsabile della squadra di buttafuori che aveva chiesto, tramite il suo avvocato, rito abbreviato. L’uomo, di Napoli, era accusato di favoreggiamento. Secondo gli inquirenti, infatti, «avrebbe fatto sparire il masso che travolse e uccise Crescenzo».
Il boccone è amaro per la famiglia di Crescenzo. I genitori, assistiti dagli avvocati Domenico e Felice Lentini, una volta appreso la notizia hanno lasciato il tribunale cilentano senza troppa voglia di voler parlare con nessuno. Ci sono voluti più di 30 mesi per arrivare all’udienza filtro e mandare a processo una sola persona sui dieci indagati. Otto, infatti, vengono liberati al termine della fase istruttoria, poiché, secondo il giudice, «le prove a loro carico non sarebbero state sufficienti per rinviarli a giudizio».
Un passo indietro
Nella notte di San Lorenzo di quasi tre anni fa si ballava sulla spiaggia del Mingardo. Il lido Ciclope Beach era pieno di giovani. All’improvviso si scatena la tempesta. Fulmini e pioggia, la festa si sposta all’interno della grotta del Ciclope. Lo annunciano gli speaker ai microfoni. Una mandria di ragazzi corre nella grotta «Caprara». Il Ciclope, però, seconda un’ordinanza sindacale affissa all’albo pretorio del Comune di Camerota e conservata agli atti, quando piove non può restare aperto. In barba a quel documento la festa continua. Crescenzo arriva insieme ad alcuni amici. E’ un attimo: dal costone di stacca una roccia che lo travolge e lo uccide. Per lui non c’è scampo, come confermerà in un secondo momento l’esito dell’autopsia. Il 27enne muore sul colpo. La relazione consegnata dal medico legale in procura è scioccante. Il caso assume subito i contorni di un giallo. Il masso non è mai stato ritrovato. Il corpo del giovane sarebbe stato spostato di qualche metro. Per Antonio Della Ragione quella del figlio è stata una «morte annunciata». Lo piange tutte le mattine, anche sui social, dove lo ricorda con una frase accompagnata da una fotografia. Ogni giorno diversa. Ogni giorno con più dolore. «Angelo Vassallo – scrisse sui social – con te sindaco Crescenzo sarebbe ancora tra noi».
La dichiarazione
«Fin dal primo giorno ho riposto fiducia nella magistratura che ora ringrazio per il lavoro svolto. Sono stati mesi difficili ma oggi finalmente la giustizia ha fatto il proprio corso» dichiara l’ex sindaco di Camerota Antonio Romano, primo cittadino all’epoca dei fatti. «Ringrazio l’avvocato Marco Fimiani. Lo ringrazio per il lavoro svolto da mio difensore legale e lo ringrazio soprattutto dal punto di vista umano – continua Romano -. Mi è stato sempre vicino e le sue parole e il suo sostegno sono state davvero importanti per me. Un pensiero non può che andare alla famiglia di Crescenzo, non c’è giorno in cui non pensi a quel volto giovane che purtroppo si è spento quella tragica notte per colpa di un gioco del destino, una fatalità. Alla famiglia, oltre al mio abbraccio, va l’augurio che la verità possa sempre venire fuori, in qualsiasi momento. Dobbiamo pensare che Crescenzo non è andato via, è passato soltanto a vita migliore. Questa è una vicenda che ha colpito tutti – conclude – non solo Camerota, che comunque porterà sempre con se un bellissimo ricordo di quel ragazzo che amava tanto questo posto e questo mare».
Il sacerdote
Sulla morte di Crescenzo è intervenuto più volte don Gianni Citro, il parroco di Camerota che il 12 settembre del 2010 tenne anche una messa in onore del giovane ad un mese dalla sua morte. «Mi rendo conto che il contesto in cui viviamo trasforma facilmente la domanda di giustizia in sete di vendetta e questo logora la lettura lucida degli eventi. I carnefici – dichiarò il prete – passano per vittime e le vittime vengono ignorante, mortificate, dimenticate. Spero che la chiusura delle indagini possa tracciare una direzione in una vicenda oscura, dolorosa e vergognosa insieme». «Quello che vedo attorno a me è solo volontà di insabbiare – disse sempre don Gianni ai microfoni di un quotidiano locale – far finta di nulla, tentativi subdoli di ricomporre gli specchi infranti, alla faccia di chi ci ha rimesso la vita. Un po’ più in là vedo lo smarrimento e la solitudine di due genitori che piangono un figlio morto a ventisette anni, schiacciato da una pietra di una valanga di illeciti, di abusi e di indifferenza».
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