Costiera cilentana, FareAmbiente: «Baia di Trentova e Punta Tresino ‘scippate’ ai turisti»
| di Lucia CarielloTra le zone della provincia di Salerno ad avere il maggior pregio paesaggistico naturale va annoverata di certo quella porzione lussureggiante della Costiera Cilentana comprendente la Baia di Trentova e di Punta Tresino.
Si tratta di un’area ubicata al confine tra i comuni di Agropoli e Castellabate che può essere visitata e ‘vissuta’ (a meno che non la si raggiunga in barca) esclusivamente percorrendo una stradina sterrata che costeggia il mare. Un sentiero che, prendendo le mosse dalla spiaggia di Trentova, attraversa il pianoro costiero del Sauco, dove si trovano le mura perimetrali di una villa romana e una tomba bisoma risalenti al III sec. a.c., scende alla spiaggia del Vallone, porto naturale greco romano, e risale sino ai ruderi della Torre Madievale del Tresino.
Il percorso certo è sempre stato un po’ disastrato, tuttavia transitabile. La spiaggia se pur ostica da raggiungere, nondimeno è sempre stata goduta dai cittadini più intrepidi e da quanti rifuggono gli stabilimenti balneari comodità all inclusive. Purtroppo oggi, però, il passaggio è completamente inibito da un grosso cancello e da un’imponente recinzione in filo spinato, eretti all’incirca a metà del percorso. L’area è stata delimitata con notevole impiego di mezzi in barba ai controlli, a qualsiasi disciplina, alla normativa comunitaria e nazionale istitutiva delle aree protette. Di conseguenza non è più possibile visitare i reperti archeologici né accedere alla caletta del Vallone, a meno di avere un’imbarcazione o essere un escursionista con addestramento ed equipaggiamento da incursore militare oppure ancora il proprietario delle chiavi del cancello. Eppure sembrava che i luoghi fossero stati fatti oggetto di tutt’altra attenzione da parte delle autorità. Dell’interesse dimostrato è agevole dare cronologica contezza.
Già nel settembre 2007 il Comune di Agropoli e Italia Turismo Spa siglavano un accordo con il quale si impegnavano a predisporre un programma di valorizzazione dell’area di Trentova, giungendo poi a presentare la proposta di creare un Club Med da 430 alloggi plus campo da Golf con conseguente naturale bagarre ambientalista ed annesso spauracchio di ricorso al referendum popolare come strumento necessario per la definizione del caso. Nell’ottobre 2009 il sindaci dei comuni di Agropoli e Castellebate, Francesco Alfieri e Costabile Maurano, firmavano un protocollo d’intesa «per il ripristino e il miglioramento del sentiero naturalistico». A tre mesi di distanza il Comune di Agropoli, che nell’accordo era stato individuato come soggetto capofila dell’intervento, con una nuova delibera approvava un progetto preliminare di azione dell’importo complessivo di € 100.000 da finanziarsi con fondi Regionali (Pirap). L’obiettivo dichiarato era di programmare nella Baia di Trentova e Punta Tresino interventi di sistemazione del sentiero che ne migliorassero la fruizione anche in chiave turistica tenendo in conto che trattasi di una zona appartenente al parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano classificata dal Piano Paesistico Territoriale come a ‘conservazione integrale’. Nel giugno 2010 il Comune di Agropoli presentava ricorso al Tar contro il decreto istitutivo della riserva marina di Santa Maria di Castellabate contenente il divieto per i diportisti di transito, ormeggio e balneazione nella baia del ‘Vallone’, cercando di evitare il concretizzarsi di uno ‘scippo dal mare’. Alla fine del 2011 il Comune di Agropoli elaborava un Progetto di Intervento Unitario per l’area di Trentova Tresino con riproposizione progetto Campo da Golf.
A oggi l’area di Tresino non è più stata oggetto di uno ‘scippo dal mare’ ma da terra. La situazione è tale che il promontorio e la caletta del Vallone non possono più essere raggiunti. Com’è logico che sia in questo caso non solo si danneggia l’ambiente ma anche la miscela di storia cultura conoscenza che quel habitat rappresenta. Sappiamo che a volte è necessario difendere la proprietà privata dall’aggressione altrui. E’ naturale che ognuno protegga la casa in cui vive dagli attacchi dei ladri, in modo da evitare che il furto arrechi danno alla propria intimità ed al proprio patrimonio. Ci sono casi però, e questo è ancora più grave, in cui è un bene comune e non il bene individuale a dover essere protetto dall’aggressione dei singoli. Quando si sottrae un bene comune, infatti, il danno coinvolge l’intera comunità. Quello del Vallone è un furto che ci danneggia tutti. Il movimento ecologista europeo FareAmbiente si riserva di effettuare tutti gli accertamenti del caso ed allertare le Autorità competenti al fine di chiarire la vicenda.
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