4 marzo 1943: la poesia di Lucio Dalla, tra dolcezza e ribellione

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4 marzo 1943: la poesia di Lucio Dalla, tra dolcezza e ribellione

Lucio Dalla al Festival di Sanremo dell’anno 1973 presenta un brano, classificatosi poi al terzo posto, dal titolo: “4 marzo 1943 che poi era la sua data di nascita. Il brano fu composto  insieme alla critica dell’arte Paola Pallottino.

Dice che era un bell’uomo
e veniva, veniva dal mare
parlava un’altra lingua però sapeva amare
e quel giorno lui prese mia madre sopra un bel prato
l’ora più dolce prima d’essere ammazzato
Così lei restò sola nella stanza,
la stanza sul porto
con l’unico vestito, ogni giorno più corto
e benchè non sapesse il nome
e neppure il paese
m’aspettò come un dono d’amore
fino dal primo mese
Compiva sedici anni
quel giorno la mia mamma
le strofe di taverna
le cantò la ninna nanna
e stringendomi al petto che sapeva,
sapeva di mare, giocava a far la donna
con il bimbo da fasciare
E forse fu per gioco o forse per amore
che mi volle chiamare come Nostro Signore
della sua breve vita il ricordo,
il ricordo più grosso, è tutto in questo nome
che io mi porto addosso
E ancora adesso che gioco a carte
e bevo vino,
per la gente del porto
mi chiamo Gesù Bambino
E ancora adesso che gioco a carte
e bevo vino,
per la gente del porto
mi chiamo Gesù Bambino
E ancora adesso che gioco a carte
e bevo vino,
per la gente del porto
mi chiamo Gesù Bambino

Tuttavia il titolo originale era: “Gesubambino” ma la commissione Rai lo censurò in quanto ritenne che nel testo vi fossero frasi definite “blasfeme”. .La coautrice  Paola Pallottino in una intervista spiegava che: “Gesubambino” “voleva essere un mio ideale risarcimento a Lucio per essere stato orfano dall’età di 7 anni. Doveva essere una canzone sull’assenza del padre, ma poi è diventata una canzone sull’assenza della madre. Lucio la cantò la prima volta dal vivo nel dicembre del ’70 al teatro Duse di Bologna. Piacque così tanto che i discografici della Rca decisero di portarla a Sanremo. Fu il suo primo grande successo, ma Lucio ne rimase anche un po’ prigioniero”.

Il brano  racconta una storia semplice, di persone umili, dell’ innocenza , della dolcezza  e l’amore di una mamma  Ci descrive  dell’incontro  di un uomo che veniva dal mare  e parlava una altra lingua  e  una ragazza di appena sedici anni con la quale fece l’amore lasciando  nel suo ventre quel dono d’amore che la legava a quell’uomo, perso poi per sempre quando venne ucciso. È una donna che fa della semplicità un autentico pregio: canta le strofe di taverna come delle ninnananne e decide di chiamare suo figlio Gesùbambino,. Anche i termini usati nel brano rendono realistica e vera questa storia, il vino, le carte , il porto, il prato.

Le parti del testo censurate furono: “giocava alla Madonna con il bimbo da fasciare” e divenne: “giocava a far la donna con il bimbo da fasciare”

L’ultima strofa della canzone si concludeva originariamente con l’espressione: “E anche adesso che bestemmio e bevo vino, per ladri e puttane sono Gesù Bambino” si tramutò in: “E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino

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