A Sapri la mostra su José Ortega
| di Marianna VallonePer la prima volta fuori dai suoi confini “naturali”, quelli di Bosco, dove ha vissuto dal 1980 fino a poco prima della sua morte, la mostra su José Ortega incanta tutti, soprattutto gli studenti del golfo di Policastro, che hanno approfittato dell’esposizione e delle visite guidate per conoscere più da vicino l’allievo e amico di Pablo Picasso, militante antifascista e tenace oppositore della dittatura di Franco.
L’auditorium Giuseppe Cesarino a Sapri ha ospitato, dal 14 gennaio e fino ad oggi, l’intera suite dei ‘Segadores’, le venti incisioni su pietra litografica realizzate tra il 1969 e il 1970 dal pintòr della mancha ed ispirate dalle sofferenze dei lavoratori della terra, i mietitori. La mostra, intitolata “La realtà come rappresentazione e come interpretazione: la pittura civile di Josè Garcia Ortega”, fu concepita dopo El terror, il primo ciclo di xilografie e le incisioni della serie che va sotto il nome di Lotte del popolo spagnolo, ma immediatamente prima del grande ciclo di Dürer, dedicato alla guerra civile spagnola.
L’esposizione è curata da Franco Maldonato, coordinatore polo museale San Giovanni a Piro, e organizzata con il patrocinio morale della Provincia di Salerno, del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, dei Comuni di Sapri e San Giovanni a Piro, in collaborazione con Cicas Turismo e l’associazione Oltre Pisacane.
«La fonte della mia ispirazione è la realtà. E’ sempre da questo punto che io inizio»: e di quella realtà, nei Segadores, Ortega non fu solo il narratore ma anche il testimone, avendo lavorato con i suoi mietitori nei campi ove fu costretto a nascondersi durante la clandestinità per sottrarsi alla ricerca della Guardia Civil. Il paesaggio naturalistico è quello di una terra che è possibile lavorare solo a prezzo di sete e fame e quasi sempre a costo di un eterna prigionia; mentre il paesaggio umano è quello di donne e uomini che ingaggiano quotidianamente una lotta consapevole ma non meno angosciosa contro le asperità della terra e l’incertezza delle stagioni.
«La poetica di Ortega – al di là di qualsiasi concessione ad un nostalgismo pure ricorrente in taluni autori del suo tempo – vive della lucida consapevolezza che l’arte non può essere evasione o intrattenimento ma militanza a servizio dei valori costitutivi dell’umanesimo e, fra questi, la fratellanza universale e la giustizia sociale. – ha spiegato Maldonato – E Ortega, forse più che lo stesso Picasso – che con Guernica aveva inaugurato la corrente di pensiero della pittura civile – ne è stato l’interprete più coerente: dal ciclo dei Segadores fino ai murales di Bosco. Sembra volerci dire – con le parole di John Keats – che «verità è bellezza, bellezza è verità: solo questo su questa terra sappiamo. Ed è quanto basta».
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