“Quanto è bello lu murire acciso”
| di Marisa RussoAd Agropoli, Sabato 9 aprile alle ore 19 per il Progetto “Il Cinema racconta l’Italia”, a cura di M. Grazia Caso, sostenuto dal Comune, Sindaco Franco Alfieri, Assessore all’Identità Culturale Francesco Crispino, proiezione gratuita al Municipio del film del 1975 “Quanto è bello lu murire acciso”, che ripercorre la storia dell’impresa di Carlo Pisacane. Il titolo del film, che afferma un eroismo pronto a sfidare ogni rischio per un ideale, già titolo di una canzone popolare ritrovata e ripresa da Roberto De Simone, sembra drammaticamente rievocare anche la tragedia che colpì il regista, Ennio Lorenzini, finito per morte violenta a quarantotto anni per incidente stradale. La colonna sonora è realizzata con vari canti dalla Compagnia di Canti Popolari diretta da De Simone. Lorenzini, documentarista, regista di vari filmati per la televisione, per telegiornali e diverse rubriche, per lo più si è impegnato per argomenti sociali e politici. In questo film evidenzia l’impresa di Pisacane, affrontata per il riscatto dei contadini, dei disagiati, per convinzione ideologica e culturale, ma fallita per la mancanza proprio di coscienza e convinzioni di queste stesse classi sociali. Tra dialettica politica, le lotte cruenti si svolgono in atmosfera solare di una Natura splendente del Sud, indifferente alle vicende umane, sino all’uccisione di Pisacane da parte dei soldati borbonici e degli stessi contadini spinti dai latifondisti. Alla durezza della scena di donne e bambini che, indifferenti alla morte, depredano i caduti, seguirà nel finale l’immagine di un contadino che, allontanandosi, prende il fucile di un caduto, facendo così prevedere un futuro di riscatto. Da vari riferimenti, dalla posizione che viene data al cadavere, sembra che il regista paragoni tale figura storica a Che Chuevara. Presente alla proiezione Roberto Perpignani, docente del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, ma soprattutto montatore del film. Purtroppo è diffuso l’uso di sottovalutare il compito del montatore, il cui nome compare solo nei titoli di coda dei films, non letti se non dagli appassionati e cultori della cinematografia. Tuttavia esistono montatori, come Roberto Perpignani, che, oltre ed al di là della conoscenza tecnologica, adoperano una forte sensibilità artistica e quindi non fanno semplicemente una costruzione del film, ma partecipano alla sua creazione, con una particolare interpretazione. Vincitore due volte del David di Donatello, come migliore montatore, nel 1983 e nel 1995 per il film dei Taviani “La Notte di San Lorenzo”, amante dell’Arte pittorica, divenne montatore a venti anni per l’incontro con Orson Welles ed il consequenziale apprendistato con tale regista. Definito “montatore intellettuale” ha continuato la sua ascesa con i fratelli Taviani ed è autore del saggio “Dare forma alle emozioni”, frase ripresa dal critico d’Arte Duilio Morosini, titolo che afferma qual è stato il suo impegno costante.
©Riproduzione riservata