Allarme cinghiali Cilento, Wwf: «Stop caccia. Non sono tanti»
| di Luigi MartinoI cinghiali distruggono i raccolti. I cinghiali invadono i paesi, aggrediscono le persone e causano incidenti stradali. Il Parco del Cilento si divide: da un lato i cacciatori e alcuni amministratori del territorio, in prima linea il sindaco di Ottati, che sono favorevoli all’apertura della caccia agli ungulati; dall’altro lato gli animalisti e le associazioni ambientaliste come il Wwf e la Lav. «La presenza del Cinghiale sul territorio italiano ed in particolare nel sud Italia, con le sue innegabili ripercussioni su alcune attività agricole, ha determinato una serie di prese di posizione in cui spesso è emersa una visione semplicistica del problema che invece va inquadrato nella sua più complessa dimensione, individuandone le cause e valutando le possibili soluzioni – spiega Piernazario Antelmi del Wwf Campania -. E a tale proposito occorre ricordare che il cinghiale rappresenta uno degli esempi più eclatanti della pessima gestione venatoria italiana, basata più sull’improvvisazione, il pressappochismo e una richiesta consumistica piuttosto che su solide e indispensabili basi scientifiche. In Campania e in particolare in provincia di Salerno la diffusione delle popolazioni di cinghiali ha avuto risvolti negativi soprattutto per quanto riguarda le interferenze del selvatico con certi tipi di coltivazioni (ad esempio grano, olive, mais e uva), trova la sua causa principale proprio nelle scriteriate operazioni di immissione e di ripopolamento tendenti alla massimizzazione degli abbattimenti, favorite dalle amministrazioni pubbliche con il sostegno delle associazioni venatorie. E così, paradossalmente, mentre da un lato si lamentavano i danni prodotti dall’aumento dei cinghiali sul territorio, continuavano i ripopolamenti e le immissioni, spesso abusive o comunque difficilmente controllabili, di altri cinghiali, con il rischio, tra l’altro, di introduzione di malattie come ad esempio la peste suina che può arrecare danni non solo alle popolazioni degli stessi cinghiali, ma anche ai maiali domestici».
Le foto degli animali stramazzati al suolo dopo essere stati travolti da automobili, fanno il giro dei media locali e del web. Su Facebook anche un’amministratore comunale di San Mauro Cilento aveva denunciato un incidente con la successiva morte di un ungulato di 80 chili circa. A Casalvelino, invece, una donna del posto ha investito un’intera famiglia. Quattro gli esemplari morti in quell’occasione. «Quanto al numero di cinghiali presenti sul territorio – spiegano dal Wwf – parlare di “sovrappopolamento” è quanto meno azzardato, vista la mancanza assoluta di dati reali del prelievo venatorio (ove consentito) e i dati sulla effettiva consistenza delle popolazioni, la cui dinamica è soggetta ad ampie fluttuazioni in quanto fortemente condizionata da diversi fattori ambientali, come la disponibilità stagionale di cibo, gli incendi, la pressione venatoria. Né il fatto che i cinghiali arrechino danni all’agricoltura, costituisce di per sé è una prova che i cinghiali stessi siano in sovrannumero rispetto alla capacità portante dell’ambiente, per cui, in mancanza di una conoscenza adeguata di tutte le caratteristiche di una popolazione, quali la densità, l’incremento riproduttivo annuo, la struttura demografica, non si può certo parlare di gestione della specie senza incorrere nella facile demagogia e nel pressappochismo: aumentare gli abbattimenti, anche se selettivi, come richiesto da più parti, non vuol dire automaticamente ridurre l’impatto della specie sull’agricoltura. E’ strano – concludono i membri del Wwf – poi che nessuno abbia mai sottolineato che il cinghiale è cacciato per tre mesi l’anno, che ogni squadra ne può abbattere fino a sei al giorno (ma è capitato che siano stati uccisi anche dieci animali in una giornata da una sola squadra…) e che la specie è sottoposta ad un bracconaggio spietato e crudele mediante l’uso di lacci che provocano spesso lo strazio di altri animali, compresi i cani degli stessi cacciatori; per non parlare di cinghiali lasciati morire e imputridire senza neppure essere recuperati. Il problema è reale e preoccupante ma che certo non si può risolvere con l’abbattimento indiscriminato in area Parco».
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