Ambulanze e 118, l’inchiesta si allarga: nel mirino dei pm postazioni del Cilento
| di Redazionedi Redazione
Le ombre sulla via delle Croci. Il lavoro del pm Francesca Fittipaldi, che s’è avvalsa del supporto degli agenti della Squadra Mobile, esecutori, il 20 gennaio scorso, di un’ordinanza di custodia cautelare a firma del gip del Tribunale di Salerno, Gerardina Romaniello, ha tratteggiato un quadro a tinte fosche d’una parte del mondo delle sirene “made in Salerno”. Figurano molti volti del mondo del primo soccorso nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta “Le Croci del Silaro”, che ha portato in carcere l’imprenditore pestano Roberto Squecco, signore delle sirene e dei funerali, e ai domiciliari altre nove persone, facendo scattare per la dirigente Asl del 118, l’angrese Gerarda Montella, il divieto di dimora a Nocera Inferiore, città che ospita il suo ufficio di alta funzionaria. E sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti, che ipotizzano il reato di turbata libertà degli incanti, sono finiti tre bandi pubblici per le ambulanze indetti dall’Asl. Il caso più eclatante? La maxi-gara del 2017, poi revocata sul finir del 2018. Sul piatto c’erano 13 lotti, valore complessivo 11 milioni di euro, per il trasporto degli infermi nel Salernitano.
Una fetta ciascuno, per i pm. Il “grande accusatore” è Roberto Schiavone, patron della “Humanitas” di Salerno, che il 22 agosto del 2019, interrogato dagli agenti sui rapporti con Squecco, parlò del summit di Torrione, nello studio d’un noto commercialista. Riferì, come si legge nel verbale, che, «allorquando fu bandita l’ultima gara per il 118, poi sospesa dall’Asl, (Schiavone) fu contattato ed invitato presso lo studio d’un dottore commercialista, dove s’incontrò con altri operatori del settore, tra cui Francesco Guariglia della “Croce Bianca”, Squecco della “Croce Azzurra”, un rappresentante di un’associazione di Roccadaspide, Antonio Carucci della “Croce Rossa” di Salerno ed altri presidenti di associazioni». Un summit tra “i signori delle sirene”, «convenuti per concordare tra loro come dividersi le offerte da presentare sui vari lotti della gara», che «gli proposero di concorrere per un paio di postazioni in uno dei lotti, ma (Schiavone) rifiutò». Nel mirino pure un’altra procedura dello stesso anno: in palio l’affidamento a rotazione tra tutte le “sirene” in graduatoria, due mesi a testa, della postazione 118 di Santa Maria di Castellabate.
Si fecero avanti in otto: al primo posto c’era la “Croce Azzurra città di Agropoli”, al terzo la “Croce Azzurra città di Capaccio”, al quarto la “Croce Azzurra città di Acerno”, intestate rispettivamente a Giuseppe Pinto, il fedelissimo di Squecco, a Giuseppina D’Ambrosio, sua cognata, e a Donato Potolicchio, suo cugino. Tre “prestanome”, tutti ai domiciliari, ché dietro c’era Squecco, che così stipulò con l’Asl quasi il 50 per cento delle convenzioni. E poi il “dopo-Squecco” con Squecco. Il 22 gennaio del 2020, dopo un primo sequestro ai danni di Squecco, l’Asl aveva dato il via ad un bando di gara per l’affidamento – pure in questo caso bimestrale e a rotazione – tra le associazioni in “lizza” per le postazioni di Agropoli e Capaccio, in passato nelle mani di Squecco. Nella graduatoria del 18 febbraio al primo posto c’era la “Croce Gialla” di Campagna, guidata da Rosario Cioffoletti, al secondo la onlus “Il Punto” di Baronissi, presieduta da Antonio Aliberti, al terzo l’associazione angrese “Il Castello”, intestata a Rolando Sinopoli. La gara del “dopo-Squecco”, ma il manager pestano, intercettazioni telefoniche alla mano, per i pm ci mise comunque la mano. L’interesse? «Nessuna delle tre onlus partecipanti alla gara – scrisse il gip – avrebbe potuto garantire, senza il sostegno occulto di Squecco, i servizi oggetto del bando, in ragione dell’indisponibilità del personale specializzato da impegnare sulle postazioni».
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