Il ritorno della Democrazia Cristiana, l’auspicio dell’arcivescovo Pierro
| di Maria Antonia CoppolaL’invito a recuperare la tradizione e il ruolo «pacificante» arriva dalle colonne del settimanale diocesano «Agire».
L’arcivescovo di Salerno, monsignor Gerardo Pierro, non smentisce neanche stavolta la sua attenzione verso le dinamiche politiche locali e nazionali. E dalle colonne del settimanale diocesano «Agire», nell’editoriale contrassegnato con l’asterisco, da sempre attribuito direttamente al presule o comunque da lui ispirato, auspica la ricostruzione di un partito cattolico che, in qualche modo, possa recuperare la tradizione e il ruolo della Democrazia cristiana. «Il 18 aprile 1948 — esordisce Pierro — segnò la grossa affermazione della Dc che, con altre forze liberaldemocratiche, sconfisse il Fronte Democratico Popolare di Nenni e Togliatti. Questo è secondo gli storici l’evento decisivo per il futuro dell’Italia all’indomani della sconfitta militare della seconda guerra mondiale».
Dall’analisi storica, il vescovo di Salerno entra nel merito politico. «Il grosso impegno profuso — insiste il vescovo — portò al boom economico che impose l’Italia all’attenzione di tutti, anche degli Stati vincitori. In quegli anni, però, maturò la polemica tra coloro che auspicavano un periodo di riforme ispirate al cattolicesimo sociale e quanti privilegiavano il compromesso con le altre forze di ispirazione liberaldemocratica. In sostanza si fronteggiavano due posizioni: quella della presenza e quella della mediazione». Poi il passaggio agli ultimi decenni. «Col terremoto politico di Tangentopoli del 1992, gli scenari cambiarono di colpo — insiste il sacerdote — i partiti di governo scomparvero, irruppe sulla scena politica Silvio Berlusconi e comparvero anche nuove forze e nuove aggregazioni che presero il posto dei partiti tradizionali. Molti hanno affermato che la Dc è finita e che la sua rinascita è improponibile. Ma è proprio così?».
Ed è questo punto che Pierro rilancia forte l’idea di una nuova esperienza politica che nasca dalle ceneri della Dc: «La necessità di riformare la seconda parte della Costituzione e l’urgenza di creare un clima di pacificazione nazionale esigono la presenza dei cattolici in politica? Abbiamo valori importantissimi quali la centralità della persona, il valore sacro ed inviolabile della vita umana in ogni istante, la figura ed il contributo della donna, il ruolo e la stabilità della famiglia fondata sul matrimonio, il pluralismo sociale, l’attenzione alle fasce deboli della popolazione, la giustizia sociale e la solidarietà per il cui conseguimento bastano le attuali forze politiche e la diaspora tra i cattolici? La domanda sembra avere diritto di cittadinanza o potrebbe inquietare le coscienze di chi vuole essere protagonista del cambiamento e non semplice comparsa?».
Insomma, dietro gli interrogativi che il vescovo pone, si conferma la sua idea che un nuovo partito di centro possa rappresentare la soluzione ad alcuni problemi del Paese. L’interrogativo, stavolta però, non è posto da Pierro. Ma è ugualmente giustificabile. Il vescovo, che votò anche alle primarie del Pd nel 2006, è forse posizionato sulla scia della Costituente di Centro immaginata da Ciriaco De Mita in Campania e prefigurata da Pierferdinando Casini su scala nazionale?Di certo l’irruzione di Pierro nel dibattito politico non passerà inosservata. Soprattutto perchè si avvicinano anche le elezioni regionali.
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