«Angelo Vassallo ucciso per 50 mila euro»: la pentita che svela la trama agli inquirenti

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«Angelo Vassallo ucciso per 50 mila euro»: la pentita che svela la trama agli inquirenti

A oltre un decennio dall’omicidio di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, emergono nuove rivelazioni che gettano una luce inquietante su una rete di presunti interessi criminali che coinvolge figure di spicco della malavita, imprenditori locali e membri delle forze dell’ordine. Documenti e testimonianze raccolte dagli inquirenti rivelano un intreccio di eventi e motivazioni che avrebbero portato al tragico epilogo del 5 settembre 2010, quando il “sindaco pescatore” venne brutalmente assassinato.

Il ruolo del clan Loreto-Ridosso e gli affari illeciti

Tra i protagonisti dell’indagine, Romolo Ridosso, ex collaboratore di giustizia e figura di spicco del clan Loreto-Ridosso, emerge come elemento centrale. Secondo fonti investigative, Ridosso avrebbe iniziato a interessarsi alla gestione di affari illegali lontano dai suoi contatti scafatesi, intrecciando rapporti con l’imprenditore Giuseppe Cipriano e il carabiniere Lazzaro Cioffi. Il piano era quello di reinvestire i proventi della droga in attività “legali”, come distributori di benzina, per contrastare i rivali del clan dei casalesi. In una delle intercettazioni chiave, Ridosso avrebbe mormorato: “Ci simm fatt pur o’ pescator”, frase captata da Antonella Mosca, sua compagna, all’indomani del delitto Vassallo.

Testimonianze e connessioni tra clan e carabinieri

Le indagini hanno portato alla luce anche la testimonianza di due detenuti, Eugenio D’Atri e Francesco Casillo, che avrebbero confermato le rivelazioni di Ridosso sui suoi legami con il carabiniere Cioffi, soprannominato “Marcolino” nel contesto dello spaccio di sostanze stupefacenti. D’Atri ha riferito ai magistrati che Ridosso temeva di essere stato immortalato dalle telecamere nella zona di Acciaroli. Paure che furono confermate dalla Mosca, la quale ha dichiarato agli inquirenti che, pochi giorni dopo l’omicidio del sindaco, Ridosso aveva ricevuto una visita non gradita da Cioffi e Cipriano, identificato come una persona “più bassa e tarchiata”. Dopo quell’incontro, sembra che Ridosso si sentisse più tranquillo, anche se consapevole di una situazione pericolosa.

Fabio Cagnazzo e il traffico di droga sulla costa cilentana

Un altro personaggio che emerge nell’inchiesta è Fabio Cagnazzo, che secondo gli inquirenti sarebbe stato mosso dal desiderio di “salvare l’onore”. Temendo di essere denunciato da Vassallo, Cagnazzo avrebbe pianificato l’omicidio, sostenuto da una rete di connivenze locali, tra cui l’appoggio degli imprenditori Palladino, che mettevano a disposizione un container per il traffico di droga sulla spiaggia. Tra le prove più significative, una sigaretta Lucky Strike rinvenuta sul luogo del delitto e attribuita inizialmente a un sospettato, Bruno Humberto Damiani, detto il “brasiliano”. Tuttavia, gli inquirenti hanno ritenuto inattendibili le dichiarazioni di Cagnazzo su Damiani, che si è rivelato un depistaggio.

La testimonianza di Pierluca Cillo: l’amico del sindaco

Nell’intreccio delle indagini, assume un ruolo chiave la testimonianza di Pierluca Cillo, agente immobiliare e amico di Vassallo, che racconta i timori del sindaco. “Ogni volta che torno a casa, cambio strada per sicurezza”, confidava Vassallo. Solo dopo diverse reticenze, Cillo ha parlato ai magistrati della sua amicizia con Giusy Vassallo, figlia del sindaco, che gli avrebbe rivelato le paure del padre per il coinvolgimento di Cagnazzo e Cioffi nel traffico di droga. Questo legame ha innescato una serie di pressioni e minacce su Cillo, tanto che fu costretto a denunciare un’aggressione subita da un ufficiale dei carabinieri.

Un intricato sistema di coperture e minacce

Gli ultimi sviluppi nelle indagini hanno portato il giudice Annamaria Ferraiolo a esprimere dubbi sul comportamento di alcuni membri delle forze dell’ordine. In particolare, la cronologia degli eventi ha evidenziato delle incongruenze sui movimenti di alcuni ufficiali la sera dell’omicidio e sulle azioni che seguirono il ritrovamento del corpo. Tali anomalie hanno gettato sospetti su un possibile coinvolgimento indiretto o su un tentativo di insabbiamento postumo del delitto.

L’omicidio di Angelo Vassallo, figura simbolo della legalità e della difesa dell’ambiente, resta ancora oggi un caso che scuote l’Italia e il Cilento. Le nuove rivelazioni portano alla luce un quadro complesso di interessi e connivenze che, tra accuse incrociate e confessioni tardive, non ha ancora trovato giustizia completa.

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