Armi e truffe coi falsi incidenti, il gioco dei capiclan della Piana

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Armi e truffe coi falsi incidenti, il gioco dei capiclan della Piana

La droga era la principale fonte di guadagno della terza generazione del clan Pecoraro Renna. I “gemelli” Bisogni, in particolare Enrico, anche dopo essere finito in carcere, prima di essere trasferito in regime di “41 bis”, continuava a tessere i fili della rete di spaccio e a coltivare nuove alleanze, come quella con i nemici storici della famiglia De Feo, per mantenere in vita il mercato foriero di introiti illeciti, insieme alle estorsioni, che garantiva le famiglie dei sodali e un vitalizio a quelle dei detenuti. Dalle intercettazioni, però, emergono altri filoni di guadagni illegali: la compravendita di armi e le truffe dei falsi sinistri stradali.

Le armi clandestine. Di armi, ascoltando le intercettazioni, si parla spesso tra gli indagati. Soprattutto nelle conversazioni in ambientale captate dalle cimici installate nella Bmw di Principato. L’armiere del clan è – secondo la Procura antimafia – Francesco Pellegrino. È lui che, in macchina con Principato, porta in visione una pistola da vendere a terzi. «La cosa non sta inguaiata, la vedi è buona», dice Pellegrino mentre si sente il rumore classico dello scarrellamento di una pistola. I due discutono sul prezzo. Pellegrino vuole 850 euro. Intanto, Principato cerca altre soluzioni: “ Senno’ che tieni? Hai detto quel “quaranta piccolino”». Pellegrino rilancia: «Tengo una “nove per diciannove”». Ma il prezzo sale: 1500 euro. Principato prende tempo e si capisce che le armi servono ad altre persone: «Glielo devo far sapere se la vogliono. Dai, ti faccio sapere France’ se la vogliono». Le armi clandestini compaiono anche in occasione dell’arresto di Principato, avvenuto a marzo 2018, quando i carabinieri sequestrano nella sua seconda casa un fucile.

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