Blessing, prostituta per evitare morte: «Così ce l’ho fatta» | FOTO
| di Luigi MartinoE’ arrivata in ritardo a Camerota. Ed è stata una mezza fortuna. Perchè l’incontro che sarebbe dovuto tenersi nelle piccole e accoglienti stanze della Casa della Cultura – Fondazione Meeting del Mare, è stato spostato all’interno della chiesa di Santa Maria delle Grazie. La causa? L’elevato numero di partecipanti. E già, perchè la storia di Blessing Okoedion non interessa a poche persone. E questo è un bene, un segnale forte, in un’epoca piuttosto povera da questo punto di vista.
Lei, con le treccine e un viso segnato, è nigeriana, sfuggita dall’inferno della tratta, come recita l’incipit posto appena sotto al titolo del suo libro, ‘Il coraggio della libertà’. Ed avendo a disposizione poco spazio in copertina, tutte le altre cose dalle quali è dovuta sfuggire, le ha raccontate nelle pagine interne e alla platea che, attenta, ha catturato le sue parole. L’incontro, organizzato dall’associazione culturale Bookcrossing Camerota, in collaborazione con C.R.E.A. Fondazione Meeting del Mare e con la Pro Loco di Camerota, è stato moderato da Pietro Avallone, con gli interventi di don Gianni Citro, presidente della Fondazione, Alessandra Ruocco, coordinatrice dello Sprar di Torre Orsaia e centro antiviolenza Iris, e Gerarda Cella, delegata alle Pari opportunità del Comune di Camerota.
«Chi vive nella miseria nutre una quantità infinita di sogni. Chi vive nella saturazione dei beni della vita, vive nella moria dei sogni». E’ da questo concetto che è nato l’intervento di don Gianni. Lo stesso che qualche mese fa nella chiesa di Marina di Camerota sedeva di fianco a Pietro Bartolo, un medico che di storie come quella di Blessing ne ha vissute tante, forse troppe. Quell’incontro è sembrato un po’ l’introduzione di quest’altro. Ugualmente interessato, paurosamente simile. «Blessing ha avuto una forza che l’ha spinta ad uscire fuori dalla schiavitù, a non accettarla un secondo in più. È possibile ancora cadere in queste trappole dell’ignoranza perché, purtroppo, nonostante ci troviamo immersi nell’era della digitalizzazione e della tecnologia, esistono delle frange inconcepibili di ignoranza. La schiavitù più assurda è proprio l’ignoranza. Esiste ignoranza nei ragazzi che sono sempre connessi alle reti internet, nei ragazzi che vanno a a scuola. Per questo esistono queste storie tragiche. Perchè esiste l’ignoranza. E l’istruzione ci salva e ci guarisce da questa orrenda malattia dell’odio» chiosa il sacerdote prima di lasciare la parola a Blessing.
«Il primo grazie lo devo a Dio – dice la donna – e la mia storia è importante perchè con il racconto di essa vanno tolti i pregiudizi, va combattuta la schiavitù e l’ignoranza». Poi si scusa per aver fatto tardi e parte dall’inizio: «Nel 2013 sono arrivata in Italia. La prima violenza che ho subito è stata quella di veder cancellato il mio nome e la mia storia: i trafficanti mi hanno tolto i documenti. Subito dopo mi hanno chiesto la valigia. L’ho aperta. E mi hanno detto che quei vestiti non erano buoni perchè lì, dove ero arrivata, faceva freddo». Blessing è a Castelvolturno, in provincia di Caserta. Non conosce la lingua e nemmeno il suo destino. E’ fiduciosa. Ha parlato con il consolato in Nigeria e ha consegnato il suo curriculum. Le hanno detto che in Europa il lavoro si trova. E lei ha raggiunto prima la Spagna e poi l’Italia. Ma lo spettro dei trafficanti si manifesta subito. «Loro sono ovunque e non è vero che non ci sono negli altri Stati dell’Europa. Loro sono in Spagna, in Italia ma anche in Germania e in Olanda».
E anche Blessing finisce nella loro morsa. «”Hai debiti per 65 mila euro”. Mi dissero i trafficanti. Con questa affermazione sono finita nelle loro mani. In Nigeria ero ignorante rispetto a questo argomento. Con i miei amici pensavamo che potesse riguardare tutti tranne che noi. Noi eravamo istruiti e intelligenti. Solo chi vuole guadagnare soldi senza lavorare sodo finisce nelle mani dei trafficanti. Ma non è così». E Blessing lo scopre presto.
«Ero spaventata. Per pagare questi presunti debiti che non avevo mai fatto in realtà, dovevo prostituirmi. Mi avevano costretta. E non vedevo via d’uscita» continua la ragazza nel suo racconto drammatico. Ha la voce forte, batte metaforicamente i pugni. In chiesa il silenzio della folla fa’ un casino incredibile. Sinonimo di un livello molto alto d’attenzione. Nessuno lascia le panche. Nessuno distoglie lo sguardo da quegli occhi neri e profondi. Gli stessi che campeggiano sulla copertina del libro.
Per Blessing è l’inizio dell’inferno. Ha varcato la porta delle fiamme e cade in un dirupo che non conosce valli. «Dovevo guadagnare una somma prestabilita e impartita dai trafficanti ad inizio settimana. Mi controllavano con donne in auto, ragazzi in bicicletta e persone che passeggiavano lungo la strada dove noi eravamo costrette ad aspettare i nostri clienti – dice Blessing -. Sulla strada ho conosciuto ragazze minorenni, altre più grandi. Tutte con le stesse storie e paura. Mi sconsigliavano di andare dalla polizia. Mi dicevano che senza documenti e senza saper parlare l’italiano era inutile. Ma io ho seguito Dio. Lui mi ha aiutato molto in questo».
Blessing si allontana dalla strada senza il permesso dei trafficanti. Cerca le indicazioni di una caserma ma conosce solo l’inglese. Lungo la sua strada c’è un ragazzo nigeriano che chiede l’elemosina. Lei lo prega di aiutarla, lui le dice che dalla polizia non deve andare, la rinchiudono in carcere e poi la rispediscono in Nigeria ma i trafficanti andranno comunque a prenderla. Lei si inginocchia e lui si convince indicandole un commissariato.
«Sono arrivata in commissariato – continua Blessing – ho trovato una poliziotta che forse non ha capito il mio grido di paura in inglese e mi ha detto di tornare il giorno dopo. Ma non potevo. Sarei morta. Uscita di lì i trafficanti avrebbero saputo del mio tentativo di denuncia e mi avrebbero uccisa. Allora ho insistito, ho parlato con due poliziotti grazie all’amico nigeriano che mi ha tradotto. I poliziotti mi hanno mandato dalle suore. La denuncia non sarebbe bastata. Se non avessi trovato la mano tesa delle suore, oggi non sarei qui a raccontare la mia storia. Le suore mi hanno permesso di vivere ancora. E di tramandare ciò che mi è successo. Ciò che succede ogni giorno a tantissime ragazze come me».
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