Camerota, addio e lacrime per Federico. Don Gianni: ora riempi questo silenzio

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Camerota, addio e lacrime per Federico. Don Gianni: ora riempi questo silenzio

di Luigi Martino

Camerota si è svestita del suo solito sorriso e ha indossato l’abito scuro, quello degli addii e dei silenzi. L’ultimo saluto a Federico Giuliani, il farmacista di 32 anni rimasto vittima di un tragico incidente stradale, è stato intenso e straziante. Il feretro, accompagnato dalla famiglia e dagli amici, scortato dalla polizia locale, è arrivato pochi minuti dopo le 19.00 in piazza San Domenico. Prima, ad accoglierlo, una folla in lacrime dinanzi la sua farmacia.

A spezzare il silenzio e il dolore le parole del parroco, don Gianni Citro: «Noi cristiani diamo sempre l’impressione di essere distratti. Spesso diamo anche una pessima testimonianza di quello che come uomini di fede riusciamo ad essere. La nostra superficialità è il nostro disinteresse. Poi avvertiamo sempre il richiamo della presenza di Dio nella nostra vita. Nonostante i limiti e le pagine sporche, si traduce in una storia di salvezza. Perché abbiamo tutti indistintamente un bisogno eterno di salvezza. Questa piazza così piena di amici e amiche di Federico, di persone che hanno imparato a guardarlo negli occhi e a capire cosa ci fosse nella sua anima profondissima. Questa grande folla che circonda una famiglia devastata. Questa famiglia luminosa nel suo dolore. Questa folla silenziosa. Perché in alcuni momenti della vita il silenzio è importante. Noi che viviamo in una civiltà di chiacchiere abusive inutili ora sperimentiamo la forza del silenzio. Tutti abbiamo un bisogno infinito di unirci ad un desiderio grandissimo della mamma, papà, sorelle di Federico. Di fare silenzio perché Federico possa occupare questo silenzio. Perché è questo che chiediamo. Questa anima di Dio. Di raggiungere il silenzio di questa famiglia. Il silenzio attonito, confuso. Federico deve venire a riempire questo silenzio. Perché si è aperta una voragine nella storia degli affetti. Se uno guarda in questa voragine vede un abisso senza fondo».

In prima fila c’era la mamma, Gilda, insieme al papà, Sandro. Poi le sorelle, gli zii, il nonno. Poco distante il sindaco di Camerota, Mario Salvatore Scarpitta, e il vice presidente della Provincia di Salerno e sindaco di Centola, Carmelo Stanziola. Poi gli amici della scuola, quelli della classe ‘88. Tutti con il volto segnato, tutti con lo sguardo fisso nel vuoto.

«Tu Gilda – ha proseguito don Gianni – stai chiedendo le parole del Vangelo da ieri sera. Le parole del miracolo e della vita. Stasera nel Vangelo c’è l’incontro di una donna che ha perso un figlio. E c’è Gesù che si commuove per il pianto di questa donna. Mentre il corpo e la vita di Federico era sbattuta sull’asfalto in quel preciso istante c’era il signore della nostra vita, della nostra salvezza. Il signore che ci accoglie in questa piazza. Lui ha detto a Federico alzati e rimettiti in piedi in un mondo dove la fine non c’è più. Siamo qui stasera perché abbiamo un bisogno irrefrenabile di assistere e ascoltare alle parole della vita. Nulla ha più motivo di essere se la vita di Federico non fosse eterna. Abbiamo bisogno di riempirci l’anima di questa visione. E non ne ha bisogno solo la mamma, il papà, le sorelle e tutta la cara famiglia. Ne abbiamo bisogno tutti. – ha proseguito don Gianni – La vita è fatta di cose dello spirito che non passano mai che nessuno può distruggere nemmeno la morte. Ogni giorno della nostra vita deve essere impegnato per coltivare le cose dello spirito e i valori dell’anima. Non ero amico di Federico e non ho avuto questa fortuna. Lo conoscevo così di passaggio e questa cosa mi mancherà. La sua perdita ha fatto esplodere delle eredità che conoscevo così di passaggio. Ad una famiglia così provata, dico che oggi può recuperare forza solo da una grande speranza, una grande luce. Questa famiglia non ha un morto da piangere ma un virente da seguire. L’essere vero di Federico è una virtù incredibile. Vi dico una cosa: tra le pagine bellissime, semplici ma che restano nella storia di questo paese, della sua anima immensa, del suo cuore profondo, testimonianze di attenzione all’altro, al sofferente, perché la sua professione aveva a che fare con il mondo dei sensibili, dei malati. Federico così giovane era diventato un uomo meraviglioso. La cosa più bella che mi è capitata di sentire e di vedere è una storia di amore. Ho sentito tanti racconti di amore nella mia vita. La fidanzata di Federico aveva grandi problemi e Federico non solo non l’aveva smessa di amare (don Gianni si commuove) ma l’amava sempre di più. Come si può pensare che l’amore sia una cosa che finisca. Federico si è alzato da qualche altra parte. Tutti voi siete chiamati ad amare un vivo. Perché Federico è vivo in cristo, è vivo in cielo. Federico non ha dato importanza ai valori della materia e del corpo. Federico non si è arreso davanti a nulla. Questo corpo di carne che portiamo addosso conta poco. Perché siamo creature eterne. Federico non lasciare solo questo silenzio. Perché quando ieri sera mi chiedevo mentre tu eri sull’asfalto chi avrebbe aiutato tua mamma, tuo papà e le sorelle, mi è venuta subito una risposta, li avresti aiutati tu e già li stai aiutando. Un giorno ci ritroveremo tutti in cielo dove tu già sei. Ciao Federico».

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