Camerota, la storia del gabbiano che ha scelto un mozzo per amico
| di Luigi MartinoNiente Whatsapp. Per darsi appuntamento usano il sole e qualche fischio. La lingua di ognuno di loro è incomprensibile all’altro. Negli occhi, però, si riconoscono. E anche nella sagoma, nei profumi. Una storia apparentemente banale, forse normale, che diventa incredibilmente affascinante se si presenta nella traiettoria di chi, le bellezze, le intrappola per collezionarle.
Succede che Tony nasce praticamente a mare, in una di quelle case che hanno i balconi sempre sporchi di salsedine e di tramonti. Da piccolo, prima di andare a scuola, percorreva tutto il perimetro dei moli e delle banchine e con il capo chino, cercava di scrutare in basso. Aveva il vizio di dover sapere sempre se il suo porto, ogni giorno, gli riservasse sorprese nuove. Lezioni più utili di altre. Ora conosce a menadito gli anfratti, i fondali. E crescendo ha ascoltato più sinfonie di venti e di cime tese, che musiche di cantati pop.
Di professione è mozzo, accompagna i turisti alla scoperta della costa di Marina di Camerota, nel Cilento. Ma è sugli smartphone di tutti quelli che salgono sulla barca dove lavora, perchè Tony, senza avvisare nessuno, ogni giorno porta il pranzo ai gabbiani dell’area marina protetta. E loro, quell’esercito di pennuti reali dai colori incredibili, si avvicinano al gozzo in navigazione emettendo quel tipico suono stridulo, e raggiungono le braccia tese di Tony per accaparrarsi il pasto. Non è stato semplice abituarli alla presenza dell’uomo, lì dove, appollaiati, senza dar conto al maestrale d’inverno, passano tutta la loro vita senza essere disturbati.
Proprio durante una di queste traversate, tra la baia degli Infreschi e Cala Fortuna, Tony ha conosciuto Rinco, un cucciolo di gabbiano. Lo ha ribatezzato subito e lo ha scelto come amico. Anzi, forse, è più corretto dire che Rinco ha scelto Tony. Da quell’incontro, infatti, ogni volta che Tony scende di casa imbracciando canne da pesca, guadino, ami e vermi, Rinco lo inquadra da lontano, lo riconosce, aspetta che Tony si piazzi in un punto preciso della banchina e lo raggiunge.
Si salutano come se si fossero incontrati al bar per il consueto caffè delle 14.00. Rinco osserva tutti i passaggi e fa incetta di dosi di pazienza di Tony che, senza nemmeno prestare così tanta attenzione, costruisce le montature forbite di galleggianti, piombi e girelle. E allora Rinco non vola, si sciacqua le zampette nelle pozzanghere, resta accanto a Tony. Talvolta garrisce per richiamare l’attenzione, finchè Tony non tira su un’occhiata, oppure un cefalotto, e ricambia quella compagnia, con un regalo più che gradito.
Tony ha imparato il rifugio di Rinco. Prima che il sole si tuffi in mare, il volatile va via. Raggiunge casa. L’incantesimo si rinnova il giorno seguente. Per loro, ormai, è abitudine. Per gli altri, è una storia preziosa. Per chi la racconta, è privilegio.
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