Caso Pino Russo. In Appello scagionato dall’accusa di violenza carnale
| di Maria Antonia CoppolaDopo circa sette ore di camera arriva per Giuseppe Russo la sentenza della Corte di Appello di Salerno: assolto con formula piena perché il fatto non sussiste. Dopo un anno trascorso presso il carcere di Vallo della Lucania, per la condanna ricevuta dai giudici del tribunale di Sala Consilina, dopo alcuni mesi trascorsi agli arresti domiciliari e sottoposto poi all’obbligo della firma, i legali di Pino Russo, Paladino e Carbone, promettono il risarcimento dei danni e la totale riabilitazione per il loro assistito.
La vicenda che coinvolse il giovane imprenditore edile di Camerota, risale alla sera del 27 luglio 2009 a Capitello, a casa della donna che lo denunciò per averla costretta ad un rapporto sessuale. La chiamata ai carabinieri della compagnia di Sapri, le successive indagini, costarono a Russo una condanna a quattro anni e undici mesi di carcere. Le testimonianze di Pino Russo hanno descritto, sempre, una versione diversa da quella della sua ex vittima: un invito via sms, un incontro consenziente, legami che la denunciante avrebbe avuto con alcuni dei carabinieri coinvolti nella fase delle indagini. Una storia somigliante sempre di più ad un ricatto.
L’arringa dell’avvocato difensore è stata tenace ed ha dimostrato, tabulati telefonici alla mano, che c’erano state diverse telefonate il 27 luglio, intercorse tra la donna e uno dei carabinieri, evidenziando soprattutto quelle verificatisi nelle ore appena precedenti la presunta violenza carnale. Il militare, suo probabile amico, condusse le indagini che incastrarono Russo.
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