Capaccio, l’appello disperato di una madre: «Mio figlio deve andare in comunità, ha bisogno di aiuto»

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Capaccio, l’appello disperato di una madre: «Mio figlio deve andare in comunità, ha bisogno di aiuto»

“Ogni giorno temo di ricevere una telefonata che mi comunichi che mio figlio non c’è più”. È con queste parole strazianti che Gina Iuliano lancia un disperato appello per il trasferimento del figlio 38enne, Gianni, da anni prigioniero della dipendenza da droga e attualmente rinchiuso nel carcere di Bellizzi Irpino. La madre chiede con forza che Gianni venga trasferito in una comunità di recupero, temendo per la sua vita. “Se non mi trasferiscono in comunità, mi uccido”, le ha confidato Gianni durante una visita in carcere, una frase che rimbomba senza tregua nella mente della donna.

Gianni, che ha trascorso gran parte della sua giovinezza dietro le sbarre a causa di furti e spaccio, è attualmente in carcere per scontare un altro anno di pena. Ma per sua madre, la detenzione non è la risposta. “Mio figlio ha bisogno di disintossicarsi, non di stare in prigione. Solo in una comunità può iniziare un percorso di recupero”, afferma Gina, con la voce rotta dalla preoccupazione.

Gianni ha iniziato a fare uso di droghe quando aveva solo 16 anni. Nonostante la sua dipendenza, era riuscito a costruirsi una vita: aveva trovato lavoro come pizzaiolo, si era sposato ed era diventato padre di due bambini. Ma la droga ha distrutto tutto. Il lavoro è andato perso, il matrimonio è finito, e la sua vita è precipitata in una spirale di criminalità e dipendenza.

Dopo essere stato recentemente rilasciato dal carcere di Salerno e posto agli arresti domiciliari nella casa di famiglia a Capaccio Paestum, Gianni è tornato a fare uso di crack. I rapporti con la madre si sono deteriorati rapidamente e, dopo soli cinque giorni, è stato nuovamente arrestato e trasferito a Bellizzi Arpino. “Non mi ha mai maltrattata, ma litigavamo spesso. Quando è tornato a casa, faceva uso di droga”, spiega Gina.

La madre di Gianni ora si rivolge disperatamente alle autorità, al carcere e al Sert di Avellino, chiedendo che il figlio venga inserito in un programma di recupero. “Voglio solo che mio figlio abbia una possibilità di tornare a vivere, di liberarsi dalla schiavitù della droga”, conclude Gina. Il suo appello è una richiesta di speranza, affinché Gianni possa finalmente uscire dall’oscurità della dipendenza e riappropriarsi della sua vita.

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