Cicerale, il padre di Cafasso: “Altro che overdose, l’hanno ammazzato”
| di RedazioneSALERNO — «Prego, entrate», dice aprendo la porta alle nove di sera il signor Pasquale Cafasso, 72 anni, mentre una cappa di nebbia avvolge questo minuscolo paesino del Cilento vicino ad Agropoli. Il paesino dei ceci, per questo si chiama Cicerale. Ma c’è la nebbia adesso, una nebbia fittissima, anche intorno alla morte di suo figlio Gianguerino, secondo lui: «L’hanno chiamato pusher e pappone, anzi il pappone dei trans di Roma nord, l’hanno dipinto come il grande ricattatore di Marrazzo, invece il mio Gianguerino è morto come un cane a 36 anni il 12 settembre in una squallida camera d’albergo, ma pochi giorni prima m’aveva detto di avere paura… Altro che overdose, l’hanno ammazzato. Eppure nessuno in tutti questi mesi è venuto mai a parlare con noi». Il signor Cafasso si commuove, accanto a lui c’è la moglie Laura, sono sposati da 38 anni, hanno altri tre figli e tre nipotini. «Ecco — aggiunge la mamma di Gianguerino —, avete tanto parlato del video di Marrazzo con i trans. Beh, la volete sapere una cosa? Gianguerino, il mio primogenito, non aveva un videotelefonino, perché io gli dicevo sempre: ti posso mandare a Roma le foto dei nipotini? Ma lui diceva di no, perché il videofonino non ce l’aveva…».
«Hanno pure detto che era un confidente dei carabinieri arrestati», s’indigna papà Pasquale. «Macché confidente. Poco tempo prima che lo trovassero morto, mi raccontò che voleva lasciare il suo appartamento in affitto a Roma perché lì dentro accadevano strane cose, lui faceva il guardiano in una fabbrica con la sua compagna che faceva le pulizie, noi sapevamo che si chiamava Jennifer ma ignoravamo che fosse un trans. Dunque, mio figlio diceva che quando tornava la sera trovava le cose spostate, una volta le camicie nell’armadio, un’altra gli oggetti personali, anche il mobilio. Diceva: papà, io devo andarmene non mi sento più sicuro…».
«Fino ai 18 anni — dice la signora Laura — Gianguerino non aveva avuto problemi. Era un bravissimo pasticciere. Poi però è partito per il militare, è andato a Roma a fare l’aeronautica. Tutto normale fino a otto mesi fa quando per una delusione d’amore si è trasferito a Roma dove ha incontrato Jennifer, che però poi non è manco venuta ai funerali. È sparita. Quel giorno, il 17 settembre, nella chiesa di San Giorgio c’erano tantissimi fiori e tantissimi amici per salutare il Gigante Buono, come lo chiamavamo. Era un ragazzone di 120 chili che viveva per gli altri, altro che pusher e pappone. Chiedetelo a Giorgio, un ragazzino down che vive in paese. Un giorno gli dovevano portare a casa un pianoforte, ma non riuscivano a farlo salire per le scale. Giorgio chiese aiuto a Gianguerino che in dieci minuti radunò 8 amici e il pianoforte entrò a casa. Questo era mio figlio».
FONTE: corriere del mezzogiorno
©Riproduzione riservata