La moglie: “Angelo citato come esempio da Napolitano, ignorato da Berlusconi”
| di RedazioneACCIAROLI – “Ho pensato e sto ancora pensando a ogni dettaglio. Sto cercando di ricordare tutto quanto è successo negli ultimi tempi. Se qualcosa turbava i pensieri di mio marito, non l’ho capito e me ne faccio una colpa. Forse ho sbagliato anche io come moglie a non rendermi conto se aveva qualche problema, preoccupazioni. Ma Angelo a casa non parlava mai del suo lavoro. Sì, a volte si svegliava di notte, se ne andava in cucina a riflettere. Ma in tutti questi anni sarà capitato in un paio di occasioni”.
“Nell’ultimo periodo invece l’ho sempre visto dormire tranquillo”. La casa in collina guarda il porto di Acciaroli. Sul tavolo, una busta da lettera con l’intestazione Camera dei deputati, dentro c’è un messaggio di cordoglio, uno dei tanti. Angelina Vassallo, la moglie del sindaco di Pollica assassinato il 5 settembre in un agguato ancora senza colpevoli, prova a riannodare il filo dei ricordi, delle sensazioni e degli eventi accaduti prima e dopo quella terribile notte.
“Avverto molto forte il calore e la vicinanza delle persone che mi scrivono messaggi, parole di stima e di affetto. Ogni giorno qualcosa mi parla di lui. Anche il Capo dello Stato ha citato Angelo come esempio in occasione dell’apertura dell’anno scolastico. L’unico che non ha detto nulla è stato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Ma questo omicidio non è un problema politico. Angelo era un rappresentante del territorio, e il territorio è di tutti non di una parte”. Nella villetta, insieme con la famiglia Vassallo, vivono venti cani e sette gatti, tutti randagi. L’ultima arrivata, Fortunella, una bastardina fulva, era la preferita di Angelo.
“Quando ci siamo conosciuti io avevo 16 anni e lui 19, il prossimo 4 ottobre avremmo festeggiato trent’anni di matrimonio”, ricorda Angelina. Per quindici Vassallo è stato sindaco di Pollica: “Tante volte gli ho chiesto: come fai a restare sempre tranquillo con tutti i pensieri che hai? E lui rispondeva: sono sereno con me stesso. La prima cosa che ho fatto, dopo che l’hanno ammazzato, è stato di rivolgermi ai suoi amici più stretti. Ho detto loro: se sapete qualcosa che io non so avete il dovere di dirmelo. Mi hanno risposto tutti allo stesso modo: nessuno di noi riesce a darsi una spiegazione per quello che è successo. Adesso non so cosa pensare. Forse Angelo ha ricevuto qualche segnale, ma non ha capito di essere in pericolo, ha sottovalutato la situazione. Se avesse avuto dei timori, la sera dell’omicidio non avrebbe bloccato l’auto davanti al suo assassino. Magari era uno che conosceva, oppure è stato tratto in inganno con una richiesta di soccorso. Chi lo ha fatto, sapeva che Angelo si sarebbe fermato ad aiutarlo”.
Le indagini sono in pieno svolgimento. Si cerca l’arma del delitto, ma è buio pesto sul killer e sul movente. “Voglio sapere chi lo ha ucciso, per me, per i miei figli, per la nostra comunità che ha il diritto di tornare a una vita normale. Posso fare solo supposizioni, per noi a questo punto è tutto possibile. Io stessa ora mi chiedo: di chi mi potevo fidare? Secondo me l’assassino non ha agito da solo. Gli hanno teso una trappola ben organizzata. Angelo deve essere stato seguito, qualcuno potrebbe aver avvertito il sicario che stava rientrando a casa. Perché lo hanno fatto? Non riesco a spiegarmelo. Qui siamo abituati a vivere con le porte aperte, se qualcuno sente uno sparo pensa a un mortaretto esploso da un bambino o a un cacciatore di cinghiali. È stata la camorra? Ad Acciaroli la camorra non esiste. Qui a Pollica abbiamo avuto per lunghi periodi pentiti sotto protezione e loro familiari. Certo, anch’io comincio a pensare che ci possa essere un collegamento tra il delitto e persone legate alla criminalità organizzata. Non abbiano mai ricevuto alcuna minaccia. Neppure indirizzata contro il ristorante. Finivamo di lavorare alle due del mattino e io tornavo a casa da sola in auto senza mai temere nulla. Quella sera Angelo mi fece l’ultima telefonata intorno alle 21. Era andato a Cuccaro Vetere per una riunione politica. “Torno a casa, sono stanco”, mi ha detto. È l’ultima volta che ho sentito la sua voce”.
Vassallo aveva un carattere intransigente e decisionista. Simbolo della legalità e del rispetto del territorio cilentano che negli ultimi anni ha conosciuto una crescita economica e turistica. Era anche un uomo pronto a difendere le proprie scelte senza preoccuparsi di alzare la voce. “In questi quindici anni ci sono state tante rogne e piccole beghe. Qualche volta gli ho detto: prima o poi ti faranno un “paliatone”, l’avrà pensato anche lui. Ma mi rassicurava sempre con un sorriso: non ti preoccupare”. Una delle piste investigative ipotizza che Vassallo possa essere entrato in contrasto con gli spacciatori di droga che in un’occasione aveva personalmente affrontato a muso duro. “C’ero anche io quella sera. Eravamo usciti a fare una passeggiata. Era l’una di notte. Si avvicinarono alcuni turisti per lamentarsi: “Sindaco, al moletto, dove stazionano i nostri ragazzi, ci sono gli spacciatori. Faccia qualcosa”. Mio marito chiamò la polizia municipale. Arrivò una pattuglia con due vigilesse e insieme andarono a vedere che stava succedendo. Mi hanno poi raccontato che lui, senza mezzi termini, aveva detto a quelli di cambiare aria. Accadeva spesso che la gente si rivolgesse a lui per compiti che dovrebbero essere di altri. Al sindaco non compete l’ordine pubblico. Ma qui ad Acciaroli, anche quando in agosto arrivano migliaia di persone, non c’è nemmeno una stazione dei carabinieri. Se si telefona al 112 di notte la chiamata viene deviata a Vallo della Lucania. Angelo l’ha fatto presente tante volte, invano. Ha scritto un sacco di lettere. E la gente continuava a parlare con lui per qualsiasi problema. Mio marito era fatto così, trovava una soluzione per ogni interrogativo”.
Vassallo, licenza liceale, pescatore prestato alla politica.
“Il nostro è un mondo semplice. Vedete questa casa? Noi lavoriamo la terra, alleviamo gli animali. Angelo per lavoro ha viaggiato tanto. È stato in Cina, in Corea, posti lontanissimi e così diversi. Ma poi quando tornava mi ripeteva sempre: Angelì, il posto più bello del mondo è Acciaroli. Ci credeva davvero. Si affacciava dalla terrazza di casa da cui si vedono il porto e il paese ed era felice”. Un mondo spezzato da quei nove colpi di pistola, ancora senza un perché. “Giustizia deve essere fatta, ho fiducia, vedo grande impegno nei magistrati e nelle forze dell’ordine. Ma Angelo Vassallo non me lo restituisce nessuno”.
fonte: www.repubblica.it
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