Un patto tra Casalesi e ‘Ndrine ammazzate il sindaco Vassallo
| di RedazioneCilento, oasi di natura incontaminata. E immune, fino a poco fa, dal veleno di Gomorra e ‘Ndrine che da decenni soffoca i territori del golfo di Policastro: 50 chilometri a Nord, l’agro nocerino-paganese delle camorre cutoliane e 40 a sud la Calabria delle ‘Ndrine. Ma l’appetito delle Mafie da decenni aveva adocchiato l’angolo vergine del loro cemento e della loro coca, e il sindaco di Pollica Angelo Vassallo provò ad arginare l’assalto di Casalesi e calabresi, che ne hanno deciso l’assassinio. La Dda di Salerno segue questa pista: sarebbero stati i calabresi ad incaricarsi dell’omicidio dietro suggerimento di Antonio Iovine, il boss dei boss dei Casalesi latitante da diciassette anni. Perché la storia del radicamento delle ‘Ndrine reggine e cosentine in Cilento è lunga almeno trenta anni. Dagli anni 80 erano stati mandati qui in soggiorno obbligato una decina di boss della Locride, dai Pelle e Vottari di Platì, ai Morabito di San Luca. Un affiliato alla ‘ndrina Pelle da 18 anni ha preso residenza a Marina di Camerota, poco lontano.
Il procuratore di Salerno Franco Roberti, esperto di mafie (fino al 2009 alla Dda di Napoli) da anni segue le infiltrazioni di neoCutoliani, Casalesi e Ndrine sul golfo di Policastro, tanto da censire, con il procuratore generale del capoluogo Lucio Di Pietro, una mappatura delle infiltrazioni mafiose. Ora tentano questa pista, anche se l’agguato al sindaco Pd, che non sarebbe realizzato da killer professionisti, rappresenterebbe una incongruenza per questa tesi. E a Pollica tra l’89 e il ’92 rimase in soggiorno obbligato Don Ciccio Muto, capo del “locale” di ‘Ndrina di Cetraro. L’uomo che avrebbe deciso d’affondare la Jolly Rosso e almeno altre 2 navi cariche di scorie nucleari in pieno alto Tirreno cosentino, secondo le dichiarazioni del pentito di ‘ndrina Francesco Fonti.
Proprio Muto, “il re del pesce”, nato pescatore e monopolista delle forniture ittiche cosentine, ai giudici antimafia calabresi aveva ribattuto che nel 1992, nel quale secondo Fonti avrebbe avvelenato il Tirreno con rifiuti al Cesio 137, non avrebbe potuto affondare la Jolly Rosso perché si trovava al confino a Pollica. Lì il boss pianificò, per il Pm antimafia di Cosenza Vincenzo Luberto, affari d‘oro col cutoliano Mario Pepe, raìs a Nocera: ne nacque il disastro urbanistico dell’Alto tirreno cosentino, poco a sud di Acciaroli: Amantea, Praia, Fuscaldo e Cetraro sommerse dal cemento di Gomorra per le seconde case al mare di napoletani e salernitani. E secondo la dda cosentina, Muto trasportò in Cilento una sua attività già redditizia in Calabria: l’usura, fino ad appropriarsi di due pescherie ad Acciaroli. Ma Vassallo si interpose sul cammino delle mafie, e i calabresi si ritirarono dal commercio. Ma chi dice Muto pensa ai Mancuso d’un paese vicino, Limbadi (Vibo V.). Mancuso che come pochi trattano coca; che hanno introdotto in Cilento gli alleati, che li avevano lanciati nel narcotraffico, dal porto di Gioia: i Pesce e i Bellocco, padroni a Rosarno e nel secondo hub portuale d’Europa, insieme coi gioiesi Piromalli.
Per gli investigatori delle Dda salernitana e reggina, da almeno 6 anni Salerno sta gradualmente sostituendo i moli del porto calabrese, come scalo privilegiato delle partite di coca dei boss della Locride e della Piana di Gioia; qui la guardia di Finanza nel 2004 aveva intercettato oltre 500 chili di coca nascosta in travi di marmo, destinata ai Mancuso, Pesce Bellocco e Piromalli. Sempre qui, in pieno centro a Salerno dov’era di compere natalizie, venne acciuffato a dicembre 2008 il boss Giuseppe Barbaro da Platì, trasferito ad Agropoli. E se negli anni ’70 era Raffaele Cutolo il contatto tra ’Ndrine e Gomorra, negli anni ‘90 i Casalesi soppiantarono don Rafaé. Nel ’75 l’inventore della Nuova Camorra si affiliò alla ‘Ndrina dei De Stefano di Reggio con l’elevato grado di “santista”. Mesi dopo nel carcere di Poggioreale uccisero Don Mico Tripodo, raìs nel reggino che si opponeva agli Aspromontani. I Tripodo fuggirono dalla Calabria per Fondi (Latina) dove si sono impadroniti del mercato Ortofrutticolo. Sconfitto Cutolo, fu un altro Raffaele, “Sandokan” Schiavone, a capire che coi calabresi si facevano affari d’oro, che servivano come intermediatori coi colombiani. Dalla cattura di Sandokan l’eredità operativa, anche nei contatti con le ’Ndrine, è toccata ad Antonio Iovine da san Cipriano d’Aversa, latitante dal 1997 e uno dei killer più feroci dei Casalesi, che adesso sta decidendo come spartire “u businissi” in Cilento con le ’Ndrine. Territorio che cementa l’alleanza più pericolosa d’Italia: nel gergo degli investigatori calabresi l’autostrada A3 Salerno-Reggio è diventata la “Casal di Principe–Rosarno”.
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