Christian Fagetti, il ballerino solista del Teatro alla Scala originario di Rofrano
| di Marianna ValloneSolista del Teatro alla Scala, è uno dei danzatori italiani più apprezzati. Originario di Rofrano, borgo del Cilento, Christian Fagetti è diventato ballerino solista della compagnia nel 2018, ma vive nell’ambiente dal 2002. Ha danzato con i più grandi e sogna di condividere la scena con Claudio Coviello, primo ballerino del Teatro alla Scala, che è anche uno dei suoi migliori amici.
Cosa c’era nella sua testa, e nei suoi sogni, da bambino?
Da bambino avrei voluto fare il disegnatore. Per intenderci, mi vedevo come gli artisti di strada che fanno i ritratti alle persone, anche se la danza sicuramente è sempre stata dentro di me. Fin da piccolo ballavo sempre in casa e non stavo mai fermo, ma mi sono avvicinato a questo mondo a dieci anni grazie alla mia migliore amica d’infanzia Manuela, che mi propose di iscriverci a un corso di danza moderna nella scuola di ballo del nostro quartiere. Da lì a pochi mesi, capii che il mio vero sogno sarebbe stato quello di diventare un danzatore. In realtà da piccolo il mio sogno era quello di diventare un ballerino televisivo, ma il destino mi ha indirizzato su un’altra strada e mi ritengo molto fortunato di essere arrivato qui al Teatro alla Scala.
Quando ha capito che la danza non era più solo una passione?
L’ho capito quando sono entrato nella scuola di ballo del Teatro alla Scala a quindici anni. In quella scuola, all’epoca diretta dalla Signora Anna Maria Prina, ho iniziato a studiare a livello professionale. Ho capito che non sarebbe stato facile raggiungere il mio sogno, quello di diventare un danzatore professionista, e la danza oltre che uno stile di vita è diventata anche una sfida da superare ogni giorno per arrivare ad essere chi sono oggi, ovvero un Ballerino Solista del Teatro alla Scala.
Cos’ha provato la prima volta che ha ballato alla Scala di Milano?
Ho provato immensa gratitudine fin dal primo giorno che sono salito su quel palcoscenico e la cosa bella è che non ho mai sentito il “peso” della grandezza e del nome del Teatro alla Scala. Quel palcoscenico l’ho sentito sempre come se fosse “casa mia”. Mi sono sentito sempre a mio agio.
Quali sono i ruoli che ha interpretato nella sua carriera a cui è più legato?
Ho avuto la fortuna di interpretato molti ruoli, ma sicuramente uno tra questi è stato il primo ruolo nel quale ho capito realmente cosa volesse dire trasformarsi nel personaggio che si interpreta: Rothbart, il mago cattivo de “Il lago dei cigni” di Rudolf Nureyev. Un altro ruolo al quale sono molto legato è “Espada” il torero in “Don Chisciotte” (sempre di Nureyev). Questo è il ruolo che nella mia carriera ho danzato di più. Cimentarsi per molte volte nello stesso personaggio, da la possibilità di crescere con esso ed ogni volta che salgo sul palcoscenico la performance acquisisce un valore in più, per me e spero anche per chi mi guarda.
Ha origini cilentane, sua madre è di Rofrano. Che legami ha con questo territorio? Ci ritorna spesso?
Ogni volta che sento nominare il Cilento, mi viene in mente una sola parola: Casa. Io sono nato a Milano ed ho sempre vissuto qui, ma gran parte del mio cuore e della mia anima sono in quelle terre, soprattutto in un piccolo paesino in collina, circondato dai monti e qualche chilometro distante dal mare, a Rofrano. Mia madre e la mia famiglia del sud mi hanno trasmesso l’amore per quel paese che io definisco da sempre magico, perché li si respirano un’aria ed un’energia uniche. Non c’è giorno in cui mia madre non pensi a Rofrano, li sono le sue radici, i suoi fratelli, i miei parenti e amici. Dico sempre che quel paese è “il mio angolo felice nel mondo”. Quando sono lì, stacco totalmente la spina. È come se vivessi un’altra vita. Ci vado ogni anno da quando sono nato durante le vacanze estive, da piccolo stavo un mese con i miei genitori, adesso vado per pochi giorni, ma sono sacri perché prima di ricominciare la mia vita frenetica milanese ho bisogno di andare lì a ricaricarmi. E poi è d’obbligo andare al mare a Marina di Camerota e Palinuro! Colgo l’occasione per salutare tutti i miei parenti e amici di Rofrano.
Come ha vissuto il periodo di pandemia con i teatri chiusi?
Come per tutti, non è stato un periodo facile, il nostro settore ne ha risentito molto e i nostri fisici anche. Noi lavoriamo con il nostro corpo quotidianamente sei giorni su sette, abbiamo bisogno di sale ballo adatte, spazzi grandi, pavimenti idonei. Ci siamo ritrovati invece che alla sbarra, attaccati alla cucina, e al posto del pavimento ammortizzato, le piastrelle di casa. Ho cercato di fare il meglio che potevo anche se sono stati allenamenti molto limitati come ben si può immaginare. Nonostante questo, ho avuto modo di fare un percorso personale e in qualche modo sono riuscito a trovare un lato positivo di questa quarantena forzata, ovvero quello di prendermi più cura di me.
Con chi vorrebbe danzare?
Non le dico che vorrei danzare con Roberto Bolle perché ho avuto già l’onore di farlo. Se devo pensare a qualche altro mio collega, mi piacerebbe poter condividere la scena con Claudio Coviello, primo ballerino del Teatro alla Scala, ma in primis è uno dei miei migliori amici. È un artista vero e di rara sensibilità, è uno dei pochi danzatori che ad oggi mi fa emozionare quando lo guardo in scena mentre interpreta un ruolo. Nutro una profonda stima per lui.
Ha un sogno da realizzare?
Più che un sogno direi che è la voglia di iniziare qualcosa di nuovo, un percorso diverso. Amo la danza, non né posso e non né potrei mai fare a meno, ma a questa altezza della mia carriera sento che ho bisogno di esprimermi anche con altri mezzi. Mi piacerebbe iniziare un corso di recitazione e se fossi portato, forse li potrei iniziare a sognare nuove situazioni e magari realizzarle, perché no… vi farò sapere.
©Riproduzione riservata