Cilento, il covid cancella la tradizione: niente fòcare
| di Luigi Martinodi Luigi Martino
Divieto di assembramento e di conseguenza divieto di manifestazioni ed eventi pubblici. Probabilmente è dalla lontana prima metà degli anni ’40, periodo della seconda guerra, che non accadeva. Le piazze del Cilento potrebbero restare orfane delle antiche fòcare. La tradizione assume nomi diversi a secondo dei borghi e dei dialetti. Il significato originario resta pressoché invariato. Si tratta di un rito pagano. In passato s’accendevano grossi fuochi in piazza per propiziare l’abbondanza del raccolto.
La tradizione nel tempo è mutata. Almeno nel Cilento. Qui, infatti, le focare prendono vita la sera della Vigilia di Natale e restano accese fino al giorno successivo, il giorno della nascità di Gesù. E’ una fiamma di speranza, di passione. Arde e riscalda. Attorno si riuniscono le famiglie del paese, con la benedizione del sacerdote.
Quest’anno, però, le norme anti-covid, non consentono di creare assembramenti. La messa di Natale sarà con molta probabilità anticipata alle 20 e nemmeno le cerimonie per l’inaugurazione delle luminarie di Natale sono permesse. Niente fòcare, dunque, o focarazzi. Cambia poco. I paesi del Cilento riusciranno a rinunciare a questa antica tradizione? Ci sarebbe comunque la possibilità di accendere un fuoco, magari più piccoli, senza nessuno intorno. Potrebbe essere lasciato come simbolo. Chissà se quest’anno le pagine di questo quotidiano resteranno orfane delle splendide immagini che ogni anno ci giungono da ogni angolo del Cilento e del Vallo di Diano. La certezza di non vivere un Natale ‘normale’, è ormai più che scontata. Ma a staccarci da tradizioni così forti, quanto siamo pronti?
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