Cilento nascosto, il fascino dei siti archeologici minori da scoprire
| di Marianna ValloneSe gli scavi archeologici di Paestum e Velia sono i più famosi e conosciuti, il Cilento racchiude anche altri siti archeologici meno noti, ma da scoprire per poter toccare con mano l’antica storia del territorio. Il tesoro dell’antica città di Leo, a Roccagloriosa, è sorprendente. In questa zona sono stati riportati alla luce resti di una cultura lucana con secoli e secoli di storia, che ha lasciato storie e oggetti di grande bellezza. Tra i reperti, a catturare l’attenzione, sono gli Ori di Roccagloriosa, che appartengono alla tomba 9, scavata sul finire degli anni Settanta da Maurizio Gualtieri. Si tratta di pezzi unici ritrovati in tutta l’Italia meridionale tra il V e il IV secolo a. C. La loro particolarità è la minuzia e laboriosità con cui siano stati realizzati. Nel corredo c’è il bracciale, che è un pezzo unico, con due serpenti che si intrecciano. Sono conservati nel Museo Antonella Fiammenghi, nel cuore del borgo cilentano. Suggestivo è il sito di Sacco Vecchia, un piccolo paesino posto quasi al confine tra Cilento e Vallo di Diano. Custode di realtà protostoriche e storiche, preziose e poco conosciute conosciute, Sacco Vecchia e Grotta di Jacovo. I primi insediamenti umani si fanno risalire ad un’epoca molto antica. Infatti, nei pressi delle sorgenti del fiume Sammaro, è presente una grotta (grotta di Jacopo) dove sono stati rinvenuti frammenti dell’età del bronzo. Anche le origini di Laurino sono antiche. Il patrimonio strappato in parte alle viscere della terra, nei pressi del paese, è collocabile nel Bronzo Medio, soprattutto per alcuni giacimenti archeologici come la grotta dei Fraulusi in località Pruno e la Tempa di San Giovanni. Le più remote testimonianze archeologiche dell’alta Valle del Calore risalgono al Neolitico finale (fine IV inizio – III millennio a.C). Sorprende il sito della Civitella, posto all’interno del territorio della antica colonia Focea di Elea / Velia, nel comune di Moio della Civitella. Nell’ipotesi attualmente più accreditata, é legato nella sua genesi alla colonia Focea di Velia ed alle sue esigenze di controllo militare ed economico del territorio interno. Un unicum importante di architettura militare il complesso fortificato che interessa l’intera parte sommitale della collina, un sistema difensivo completato da porte di accesso, ognuna con uno schema planimetrico diverso che si adatta al diverso contesto strutturale, orografico e funzionale nella quale era inserita: una caratteristica che la rende uno dei più interessanti esempi di architettura militare del comprensorio. Un gioiello d’archeologia a Policastro. Le prime indagini archeologiche furono condotte tra il 1960 e il 1969 e portarono alla luce parte di una delle antiche strade della Buxentum romana, ancora oggi visibile a poche decine di metri dal duomo; furono portate alla luce anche alcune strutture murarie di epoche diverse, insieme ai resti di una sepoltura maschile risalente al IV V secolo d.C. Dal 2011 sono state aperte due prime aree di scavo per indagare l’antico quartiere urbano conservatosi nell’area del Parco Archeologico Pinto e la necropoli romana che si estende a ridosso dell’antica cinta muraria della città. Infine, l’insediamento lucano di Caselle in Pittari, che si estende in località Laurelli su un ampio pianoro, delimitato da due corsi d’acqua. Le indagini sistematiche nel sito hanno preso il via nel 1990, con diverse campagne di scavo. Quest’area archeologica rappresenta un tassello fondamentale per ricostruire le dinamiche dei rapporti e degli scambi che, in epoca lucana, videro protagoniste le genti stanziate in quest’area.
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