Coppie di fatto senza diritti economici: ecco le regole per tutelare il proprio convivente
| di RedazioneL’amore da solo non basta. Soprattutto dinanzi alla legge. Tutti conoscono la storia di Lucio Dalla e del suo compagno Marco Alemanno. Quest’ultimo, in seguito alla morte del cantante, aveva sostenuto che i parenti del defunto gli avessero portato via tutto.
Per quanto l’accaduto possa risultare spiacevole da un punto di vista umano, non venne eseguito alcun illecito perché il “convivente di fatto” non è erede per legge. In questa triste vicenda cosa è mancato per tutelare il compagno di Dalla? Un preparato consulente finanziario in grado di aiutare la “coppia di fatto” nel proteggere il patrimonio nei confronti del convivente.
In effetti, seppur in molti sappiano cosa accade in termini di eredità quando muore un coniuge, solamente in pochi conoscono la regolamentazione giuridica delle coppie di fatto che oramai, in Italia, sono oltre un milione. Cosa accade se muore un convivente?
Quali sono i diritti dell’amato rimasto in vita?Può pretendere la pensione di reversibilità oppure il Tfr del defunto? E quali sono le azioni che si possono compiere per tutelare il proprio compagno?
«Il modo più semplice per proteggere il proprio convivente in vista del proprio decesso è, prima di tutto, il testamento. Solo attraverso quest’atto che si può redigere in diverse forme presso un notaio o in forma privata attraverso il testamento olografo, è possibile secondo la legge italiana, disporre della cosiddetta “quota disponibile” a favore di una persona non erede», spiega Alex D’Alessandro, consulente finanziario e patrimoniale. «Tale quota va in genere da un quarto alla metà del patrimonio del testatore a seconda della composizione familiare e, quindi, della presenza di altri eredi poiché la rimanente parte del patrimonio costituisce serbatoio delle quote di legittima a favore di ascendenti, coniuge, discendenti e parenti fino all’6° grado».
La legge può venire in soccorso delle coppie di fatto anche formalizzando la convivenza di fatto, con una dichiarazione all’anagrafe del Comune di residenza. «Con un contratto di convivenza -prosegue D’Alessandro- si può attribuire a un convivente il comodato, l’usufrutto o la proprietà della casa e regolare il diritto di abitazione. Per legge, però, un convivente non eredita in automatico dal parente deceduto il passaggio testamentario è la prima azione da mettere in atto con l’accortezza di non violare i diritti degli eventuali legittimari».
Esistono anche altri strumenti, determinanti per proteggere il proprio compagno come, ad esempio, la stipula di una “polizza vita”. «Stipulando una polizza vita, il capitale va integralmente al beneficiario essendo al di fuori dell’asse ereditario e quindi esente da tassa di successione e, visto che per i conviventi non è possibile istituire un fondo patrimoniale, potrebbe essere utile creare un vincolo di destinazione o un trust per limitare l’esposizione dei beni alla responsabilità patrimoniale. Con questo strumento si possono tutelare reciprocamente i due conviventi, creando uno strumento paragonabile a quello della comunione legale, ma con la libertà di fissare autonomamente le relative regole di gestione dei beni conferiti in Trust, Inoltre, visto che né la pensione di reversibilità né il TFR sono contemplati in caso di decesso di uno dei conviventi, una soluzione possibile potrebbe essere stipulare una forma di previdenza complementare, un fondo pensione con utilizzo del TFR a favore del compagno».
Ma tornando al bene per eccellenza di noi italiani, ovvero la casa, D’Alessandro consiglia di redigere un testamento con “vincolo di destinazione” della casa di proprietà a favore della figlia e usufrutto del convivente. «Questo strumento -suggerisce il consulente patrimoniale- imprime ad alcuni beni un vincolo, chiamato appunto di destinazione; un soggetto può creare un patrimonio separato rispetto a quello “generale” di cui è titolare. Quindi si viene a creare una massa patrimoniale distinta e separata rispetto alla restante parte del patrimonio con un effetto segregativo. Possiamo affermare che l’atto di destinazione sta alle coppie di fatto, come il fondo patrimoniale sta ai coniugi. In questa maniera, la proprietà dell’immobile rimane al convivente, ma all’apertura della successione passerà alla figlia senza che possa essere aggredita da soggetti terzi».
Infine, un altro passaggio utile alla tutela del coniuge è la polizza temporanea in caso di morte a favore del convivente che potrà mettere a disposizione di esso quanto necessario al pagamento delle imposte di successione. «Questa polizza -conclude D’Alessandro- si può utilizzare anche nel caso in cui uno dei due conviventi passasse a miglior vita. In questa maniera si potrà coprire il reddito dell’unico produttore, moltiplicato per 10 anni. Ipotizzando che il reddito del defunto sia di 50.000 euro, suggerisco una TCM di 500.000. La TCM si può utilizzare anche nel caso in cui si abbia un mutuo alle spalle e si debba ancora finire di pagare».
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