Coronavirus, virologo Silvestri: «Sviluppare vaccino efficace è strada maestra»
| di Redazionedi Giangaetano Petrillo
In un articolo pubblicato dal professore Roberto Burioni, Guido Silvestri spiega a che punto è lo sviluppo di un vaccino contro il COVID-19, e l’ottimismo di cui parla è quello che viene dalla conoscenza, dalla ricerca scientifica. La ritirata di COVID-19 continua e oggi ha anche ripreso velocità, il che ci fa molto piacere. Siamo al 31^ giorno consecutivo in cui cala il numero totale dei ricoveri in terapia intensiva per COVID-19 in Italia e siamo ormai al 23% del valore di picco. Ed è importante che scenda anche il numero dei ricoveri ospedalieri totali. Quindi barra dritta, avanti tutta con il distanziamento sociale e con l’uso dei dispositivi di protezione individuale.
La prima cosa da chiarire – si legge nell’articolo – è che un vaccino sicuro e di grande efficacia, tipo per esempio quello del morbillo, o della polio, o del tetano, è certamente la più grande speranza per eliminare una volta per tutte la minaccia di COVID-19 dalla faccia del nostro pianeta. Per questo è assolutamente giusto e logico che in questa area della ricerca scientifica siano investite ingenti risorse finanziarie e di personale. Se vogliamo tornare a una vita veramente normale al 100%, sviluppare un vaccino efficace è la strada maestra.
La seconda cosa da chiarire – continua Guido Silvestri – è che creare contrapposizioni artificiali di priorità tra vaccini e altri interventi socio-sanitari per prevenire, e soprattutto per curare COVID-19, è un ragionamento davvero da imbecilli. La ricerca sul vaccino deve andare avanti in modo efficace mentre, al contempo, devono procedere con eguale efficacia quelle su antivirali, anticorpi monoclonali,plasma, immuno-modulatori e altre potenziali terapie, insieme ovviamente alla ricerca di base sui tanti aspetti di questo virus e della malattia che ancora non abbiamo bene compreso.Non bisogna, quindi, far divergere i due opposti ma paralleli piani, quello della ricerca del vaccino e quello della ricerca di reagenti al virus, ne tantomeno confondere e quindi convergere quelle che sono pur sempre due ricerche distinte.
I vaccini più promettenti al momento sono quelli che inducono la produzione di anticorpi che neutralizzano il virus. Gli studi più estesi indicano che questo virus ha una capacità di mutare relativamente bassa, soprattutto se paragonata ad altri virus come HIV, hepatitis C, influenza. In altre parole questo è un motivo di grande ottimismo, insieme alla nota osservazione che i pazienti guariti da COVID-19 e con anticorpi IgG nel siero non sembrano ammalarsi per una seconda volta. Lo ripeto per chi non avesse capito – tiene a precisare Silvestri -, un vaccino contro COVID-19 dovrebbe funzionare sulla base di quello che sappiamo sulla biologia di questo virus. Lo scenario più roseo, ovviamente, è quello di un vaccino che induce la produzione di anticorpi neutralizzanti, che conferiscono una protezione sterilizzante, cioè le persone vaccinate non si infettano proprio, e che dura per tutta la vita. Scenari meno rosei, ma sempre altamente positivi sono un vaccino che protegge dalle conseguenze più severe dell’infezione, come polmonite, ARDS, MOF, ma non dalla colonizzazione delle vie aere superiori, che causerebbe un banale raffreddore, ma permetterebbe la diffusione del virus.
E’ un vaccino che conferisce una protezioni limitata nel tempo, per esempio di 2-3 anni, e che quindi dovrà essere ripetuto a intervalli regolari. Importante, per ovvii motivi, che il vaccino funzioni bene sugli anziani – cosa da non dare per scontata e che bisognerà valutare con attenzione. Mark Twain diceva che smettere di fumare è facilissimo, e infatti lui lo aveva fatto centinaia di volte. In questo senso sapere che ci sono oltre 70 candidati vaccini per COVID-19 può essere visto in modo positivo, anche se in realtà non abbiano bisogno di 70 vaccini, ma di uno che funzioni bene. È ovvio che la ricerca di un vaccino per COVID-19 deve marciare veloce, perché non abbiamo tempo da perdere. Ricordo – scrive il virologo – che gli studi pre-clinici comprendono le analisi in vitro e la sperimentazione sugli animali.
Mentre gli studi clinici sull’uomo si dividono in quelli di sicurezza ed immunogenicità, che stabiliscono che il vaccino non fa danni e stimola la produzione di anticorpi, e quelli di efficacia, in cui si dimostra che il vaccino protegge dall’infezione o almeno dalla malattia. Per il momento diversi candidati sembrano in grado di far produrre anticorpi neutralizzanti che proteggono dall’infezione nel modello animale e presto avremo i risultati dei primi studi clinici.Come avrebbe detto Einstein, andiamo il più veloce possibile, ma non più veloce di quanto sia possibile andare. Sappiamo bene – conclude Silvestri – che predire il futuro non è facile e ne sanno qualcosa certi epidemiologi futuristi che ci hanno letteralmente massacrato con terrorizzanti previsioni da worst-case scenario, che non tengono conto di aspetti fondamentali della biologia di questo virus. Però, sulla tempistica della disponibilità di un vaccino io sto dalla parte di chi preferisce andarci cauto, e se me lo chiedono dico che ci vorranno 12-18 mesi minimo – anche se i dati che stanno arrivando dagli studi sui macachi indicano un livello tale di immunogenicità e protezione dall’infezione sperimentale che lascia presagire un ottimo funzionamento anche nell’uomo.
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