‘Da Carmelo’ a Palinuro: la rivoluzione di Adele e una storia d’amore lunga 60 anni
| di Luigi MartinoCerte volte vorrei essere qualcun altro. Qualcuno in grado di tornare indietro, di osservare, di passeggiare altrove. E questo qualcuno poi dovrebbe raggiungermi qui, a raccontare paesaggi e profumi di un’epoca troppo lontana. A narrare rughe, strette di mano e storie. Storie che se nessuno le raccontasse, rimarrebbero sospese tra quel grosso Capo che ospita il faro e la scacchiera di conche delle Saline. Esatto, quella lì, quella che al tramonto si colora d’arancio, di giallo, di vita.
Vorrei essere in grado, anche solo per una manciata di secondi, di osservare Carmelo, giovane, che nelle tasche porta con se’ più umiltà che danaro. Un vizio che non si è mai tolto, d’altronde. Vorrei seguire con i miei occhi la sua corriera quando andava a consegnare il pane al convento. Lì, in alto, a Centola. E poi vorrei essere un uccello, piccolo, di quelli che non disturbano nemmeno. Di quelli che non t’accorgi dove posano. M’immagino fermo, su quel davanzale. Il becco poggiato alla finestra e la testa pronta a capire Maria in quale istante preciso si è innamorata di lui. S’è innamorata così forte che le suore l’hanno cacciata via. E quando Adele, figlia di questo ricordo sbiadito ma possente, fissa i sacrifici della famiglia e mi raccomanda di non far parlare troppo il papà, capisco che questo pomeriggio potrebbe finire incastonato in un romanzo colorato, senza nulla d’inventato.
La storia di Carmelo Serva è qui, cucita tra i sentieri che s’inerpicano sulla Molpa, i gozzi in legno dei pescatori e il giallo della Primula, simbolo di una leggenda. Palinuro era nocchiero di Enea, caduto in mare di notte, tradito dal dio Sonno, mentre conduceva la flotta verso l’Italia. Carmelo, invece, è da oltre 60 anni al timone di quella che oggi è una nave enorme, con la chiglia in ferro, abituata a superare tempeste e ostacoli d’ogni tipo. Questa nave è una sua creatura, nata dalla passione e dai sacrifici. Dove adesso c’è il ristorante ‘Da Carmelo’, negli anni ’40 non c’era nulla. Chiudete gli occhi e provate ad immaginare un po’. Non c’erano nemmeno tante persone. I turisti erano abituati a frequentare il centro di Palinuro e l’altro locale di Carmelo, il primo, quello che mise sù appena si sposò con Maria e lasciò il mestiere di panettiere. Dal forno delle rosette passò a quello per le pizze. E la sua era la più buona. Aveva imparato a Salerno, in via Irno, dai fratelli Guccione. E viveva lì, a Fratte, lontano dal suo mare.
«Conoscevo la pasta e la sentivo buona sotto le mani. Poi gli ingredienti giusti e tanto amore, così facevo la pizza buona. E tornai qui con un mestiere mio». Chi sceglieva Palinuro per scappare dal trambusto delle città, imparò presto a degustare le prelibatezze di Carmelo u’pizzaiuol. Animo gentile, capo chino dedito al lavoro e pazienza. «Quando mia moglie venne cacciata dal convento per colpa mia – racconta Carmelo – m’accorsi d’averla fatta grossa e dovetti scappare per qualche giorno da Palinuro. Poi, al mio ritorno, trovai mamma sull’uscio di casa che mi fece capire che dovevo sposarmi». E così fece. Maria si è rimboccata le maniche ed è rimasta sempre accanto a Carmelo. Lui continuava a sfornare sfere grassocce d’amore; lei imparava l’arte dei fornelli. Armata di mantesino e cucchiarella, ha capito ben presto qual era il trucco per far felici i clienti: preparare tutto con il sorriso.
«Dal porto di Marina di Camerota arrivavano centinaia di aragoste – continua Carmelo mentre, seduto su una poltrona in vimini, nel giardino tra la casa e il suo ristorante, stringe sotto braccio un bastone in legno -. Erano ancora vive, i turisti scappavano e io ridevo». Ha gli occhi azzurri e le mani che raccontano poesie bellissime. Il papà lo ha perso presto. La mamma, contadina, si arrangiava per tirare avanti la famiglia. Distribuiva anche l’acqua in paese, quando l’acqua, qui, nel Cilento, era merce rara. «Ho la terza elementare, non avevo tempo per studiare, mi servivano i soldi per mangiare e imparai il mestiere di panettiere – dice -. Quando ho aperto il ristorante non dormivo mai, di notte andavo al mercato del pesce di Torre Annunziata e poi a prendere le mozzarelle a Capaccio. Erano altri tempi. Qui la sala è stata sempre piena di persone belle, provenienti da ogni parte del mondo».
E ‘Da Carmelo’, infatti, Cristiano Malgioglio, Mina, Stella Carnacina. E poi Annalisa Minetti, J-Ax, Lorenzo Jovanotti. Tutti i personaggi famosi degli anni ’80/’90 che oltrepassavano il letto del fiume Mingardo, finivano per accomodarsi tra i tavoli in legno scuro di Carmelo. «Ero molto amico di Fred Buongusto e Bombolo che qui dentro ha girato le scene di un film». Ha il petto che si gonfia d’orgoglio quando parla della sua storia Carmelo. «Non lo so quanta fatica ho fatto insieme a mia moglie, non lo so quanta gente è passata di qua. Ringrazio Dio per averci dato la forza di fare tutto». Ma poi all’improvviso si ferma e quelle palle azzurre che il Signore gli ha messo a posto degli occhi, si bagnano. Guarda il cielo. Poi il silenzio.
«Non voglio pensare alle cose che non devo pensare adesso – continua – e ti dico che qua, quando a novembre chiudevo il ristorante, me ne andavo a Cuba insieme ad un mio amico di Ascea. Ho girato buona parte dell’America centrale e meridionale. E un giorno a Santo Domingo incontrai una persona che era stata a cena da me, mi riconobbe e mi strinse la mano. Gli altri italiani non capivano e questo mio cliente afferrò la guida Michelin e disse: “Ecco chi è questo signore”». E nella guida Michelin campeggia tutt’ora il nome del suo ristorante. Lo stesso che trovi su ‘La Repubblica’, su ‘Touring Club’ e sulle riviste più blasonate d’Italia.
Lo spaghetto alla Carmelo ha lo stesso sapore della sua storia. Il trito di gamberi rossi e la cipolla sono un paradiso. E lo stesso spaghetto, vecchio almeno sessant’anni, è nel nuovo menù di Adele. La figlia di Carmelo ha preso in mano le redini del ristorante. Lo ha stravolto e trasformato in un ambiente semplice e accogliente. Le tovaglie bianche sono baciate dalle rose rosse. Un locale tra il contemporaneo e lo stile moderno. Colori chiari e radici ben ancorate alle tradizioni. «La storia della mia famiglia è racchiusa qui anche se i tempi e i posti cambiano. Muta l’aspetto ma l’animo è quello di mio papà e mia madre» racconta Adele a poche ore dall’inaugurazione del nuovo locale. Nel 2018 il ristorante è finito tra i Bib Gourmand della guida Michelin. E la notizia è riconfermata anche per il 2019.
E’ una cucina raffinata e gustosa quella che oggi viene servita qui, tra il verde lussureggiante della macchia Mediterranea e il profumo del mare adagiato sui molluschi appena pescati. Il pane di Storie di Pane, l’olio di Marco Rizzo, la sopressata di fichi di Giuseppe Pastore, i fagioli di Controne e i ceci di Cicerale di Michele Ferrante, i cavatelli con la farina di grani antichi, la mozzarella di Cicco Di Buono e dell’azienda agricola ‘Le Starze’: un mix di cilentanità impossibili da raccontare battendo solo le mani sulla tastiera. ‘Da Carmelo’ non è un ristorante ma un’esperienza. E’ una storia da ascoltare con il palato e un lusso da saggiare con gli occhi.
E chissà se, adesso, quell’uccellino fermo sul davanzale del convento di Centola dove è cresciuta Maria, è rimasto a far compagnia alla Madre Superiore e a don Giovanni. Loro, testimoni di quell’amore così forte, capiranno finalmente perchè settanta anni fa Carmelo andò a prendersi sua moglie e la mise di fianco a lui, al timone di questa che oggi è un meraviglioso scrigno di prelibatezze e fiabe.
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