Dal Carroccio al cartoccio. È fuga dalla Lega nel Vallo di Diano
| di Redazionedi Pasquale Sorrentino
All’inizio, quando Salvini ancora non aveva azionato la sua bestia mediatica, nel Vallo di Diano c’era un avamposto della Lega Nord. Giuseppe Vitolo e Fabio Leuzzi, due ragazzi di San Rufo, avevano aderito al partito del Carroccio. Furono seguiti da Loredana Maraniello, Domenico Setaro e Stefania Ferullo. Ma – si può dire a distanza di poco tempo – non dalla Lega. Se infatti la Lega si voleva presentare come novità – pur essendo il più vecchio partito presente in Parlamento – in provincia di Salerno ha comunque mosso nelle poche occasioni elettorali l’ancien regime della destra territoriale dimenticandosi – completamente – dei pionieri valdianesi (o degli Alburni). Non solo, anche per quanto riguarda i problemi del territorio, poco è stato fatto e poco si è mosso (Cantalamessa venne in un’occasione a Polla per far visita all’ospedale). Né atti concreti, né passerelle, quindi del Carroccio nel territorio e infatti i pezzi si sgretolano.
«Quando sono entrata nella Lega ci ho creduto, quando eravamo in pochi, quando non ci credeva nessuno. Mi sono presa offese e minacce ma non mi sono mai fermata, mossa dalla passione e dal progetto di Salvini». È l’incipit del je accuse di Maraniello. Come lei anche Vitolo e Leuzzi. L’impressione è che siano stati “usati” per capire se la Lega potesse entrare nel sud della provincia e una volta sacrificati sull’altare del populismo li abbia defenestrati per affidarsi a politici navigati.
«Territorialità e militanza sono stati sostituiti da poltrone e interessi personali, territori abbandonati, zero progettualità. Assenza e candidature calate dall’alto hanno azzerato tutto il lavoro fatto», continua Marianiello che potrebbe ora approdare alla corte di Meloni. Dal Vallo di Diano agli Alburni. La famiglia Palmieri, padre sindaco e figlio coordinatore giovanile, avevano optato per la salita sul Carroccio per poi scendere considerata la poca attenzione nei loro confronti e del territorio.
«Prima delle elezioni politiche avevo aderito alla Lega – tuona Pino Palmieri dal suo feudo di Roscigno – in modo convinto per essere di rottura con il “sistema politico” esistente sul territorio. A distanza di circa quattro anni devo ricredermi per la scelta fatta. Parole come territorio, appartenenza e militanza sono tutte cazzate dette e ridette». Una Lega che nel Vallo di Diano più che al Carroccio è vicino al cartoccio.
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