De Luca ha vinto, ma il Pd non voleva candidarlo
| di Redazionedi Giangaetano Petrillo
De Luca ha vinto, ma il Pd non voleva candidarlo. Il governatore uscente si riconferma alla guida della Regione Campania. Dopo una legislatura targata centrodestra con Stefano Caldoro, uscito nuovamente sconfitto con uno scarto superiore al 50%, la sinistra raddoppia come all’epoca del governatore Antonio Bassolino. È sembrata una formalità questa elezione. L’attenzione sembrava concentrarsi infatti più sulle percentuali delle singole liste e partiti che concorrevano al consiglio regionale, piuttosto che sul risultato finale, quasi del tutto scontato.
Una partita facile, dunque, ma del tutto inaspettata se solo spostassimo indietro le lancette di pochi mesi. De Luca era sconfitto. Il Pd a pezzi, e il M5S e la destra sovranista trionfanti. Le elezioni politiche del 2018, e ancor più le europee dello scorso anno, sembravano aver segnato una svolta, non solo nel paese, ma soprattutto – e a sorpresa – nel Mezzogiorno. Anche in Campania, dove il M5S aveva raccolto oltre il 50% e la Lega sembrava dovesse trainarsi i transfughi di Forza Italia, con tutti i suoi elettori. Se il M5S poi stava crollando in Italia, in Campania resisteva la sua roccaforte, dove era ancora primo partito, e la Lega si preparava a conquistare la Campania.
Un anno dopo tutto sembra essere cambiato. Eppure non sembrava dovesse finire così, anzi l’epilogo sembrava essere del tutto diverso. De Luca il Pd non voleva candidarlo. Una figura troppo ingombrante, e del tutto inadatta per aprire un dialogo con gli iscritti e gli elettori del M5S. Questo perché, a differenza delle politiche del 2018, anche in Italia qualcosa era cambiata. Il Pd era tornato in campo con la crisi di governo, e dopo la fuoriuscita di Renzi, sembrava lanciato in un struggente e vorticoso amore con il M5S.
Di converso, la crisi di Forza Italia ha determinato lo stesso processo, anche se opposto, nel centro destra, con una dialettica del tutto inedita tra Lega e Fratelli d’Italia. Tutto questo non sembrava una garanzia per un governa che sembrava sull’orlo di una crisi permanente. Ma dopo un lieve assist con le elezioni regionali in Emilia Romagna, il goal insperato, quello dell’ultimo secondo, arriva con la crisi pandemica scatenata dal virus nato in Cina, che ha radicalmente cambiato le relazioni del sistema politico.
Lo stato d’emergenza permanente oltre a moltiplicare il potere della comunicazione del governo, ha indotto ad una sovraesposizione mediatica diversi governatori. Tra cui Vincenzo de Luca. Ha avuto dalla sua l’istrionica teatralità napoletana, mista al pragmatico decisionismo che caratterizza i grandi amministratori locali. Lui infatti lo è stato a Salerno dove ha ricoperto la carica di sindaco nel 1993 dopo le dimissioni di Vincenzo Giordano e, successivamente, per quattro mandati dal 1993 al 2001 e dal 2006 al 2015. Tutti gli assetti di potere e di consenso si sono giocati sulla gestione della crisi sanitaria. Chi l’ha afferrata, come nel caso del governatore campano, ha accresciuto esponenzialmente la sua forza, chi invece non è riuscito ne è stato travolto. La Campania è una rappresentazione potente di questo processo globale. D
De Luca ha stravinto, perché in realtà non ha solo vinto, perché ha portato al massimo la sua capacità di comunicazione e di decisione, anticipando quasi sempre scelte poi decise anche dal governo centrale. Ha costruito un forte messaggio rassicurante nel momento di massima paura e disperazione. Ed infine, gli è stato servito su un piatto d’argento la contrapposizione storica tra Nord e Sud. Un campo dove molti sono stati i vinti, vedi i Fontana e i Salvini di turno, ma unico è stato il vincitore, Vincenzo De Luca. E così il risultato del 2018 è stato completamente ribaltato. C’è oggi sul quotidiano La Città di Salerno un ritratto del neo-vecchio governatore di Carmine Pinto, il quale ce lo descrive come uno che «non ha rivali», dove oramai «la dialettica per il presidente non è più tra maggioranza e opposizione, né interna al centro sinistra locale, ma tra Roma e Napoli».
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