Quattro sindaci cilentani intervistati , l’imperativo è difendere il Cilento
| di RedazioneAlcune settimane dopo l’assassinio di Angelo Vassallo, «Sette», a firma di Cesare Fiume, pubblica l’Io non ho paura dei sindaci del Cilento. Da Pisciotta a Camerota i primi cittadini annunciano resistenza, consapevoli che la camorra gli ha messo gli occhi addosso e che la gente «di fuori», da Napoli a Casal di Principe sta comprando case e attività commerciali.
Francesco Alfieri, 45 anni, democristiano e oggi nel Pd, è il sindaco di Agropoli, il portone-nord del Cilento. «Se mi sono chiesto “chi me lo fa fare”?», dice il primo cittadino con il volto di De Gasperi sulla scrivania, «Certo, basta un disoccupato esasperato, senza arrivare alla malavita e addio. Sono sufficienti tre righe e una firma per dimettersi ma io non lo farò. Anche se i timori ci sono: noi sindaci di piccoli paesi mica giriamo con le scorte che hanno in Parlamento». Alfieri ha lanciato la provocazione di diventare leghista, esattamente come Vassallo che prima di morire aveva detto qualcosa di simile chiedendo per Pollica il federalismo come unica fonte di salvezza. «Se fosse stato ucciso un sindaco della Lega», continua indignato il primo cittadino di Agropoli, «credo che quel partito sarebbe stato più vicino ai suoi amministratori. Noi qui siamo senza scudi».
Cesare Festa, sindaco di Pisciotta, parla al presente, come se Vassallo non fosse mai morto, e si indigna sui «Se l’andava cercando» che si fanno sempre più incessanti in paese. «Angelo non se l’è cercata: forse non ha capito il pericolo», afferma, «Piuttosto l’unica cosa che spero è che la sua morte serva a far capire che non devono lasciarci soli. Non è Angelo che vuole fare l’eroe: è lo Stato che non lo protegge». Festa è un uomo di destra, con radici missine. Vassallo, uomo di sinistra ma con radici verdi. Tutti e due sulla trincea in difesa della costa. «Prima c’era il centrosinistra sia in Regione Campania che in Provincia, a Salerno», continua Festa «e le mie richieste d’aiuto non ottenevano risposta. Adesso c’è il centrodestra in Regione e pure a Salerno: lei pensa sia cambiato qualcosa? Non ti ascoltano allo stesso modo».
«Ogni giorno abbiamo qualche certezza in meno», racconta Domenico Bortone, il sindaco di Camerota, « Io mi difendo parlando dei temi più delicati dell’amministrazione comunale sempre alla presenza di qualche collaboratore. Non deve passare l’idea», continua. «che il sindaco sia avvicinabile nel modo sbagliato. Se molli, non hai più diritto di far sentire la tua voce e io non mollo». Con una metafora linguistica Bortone conferma guardando la piazza di Camerota: «È un bel dialetto il nostro, che non mi piace quando diventa napoletano. Dobbiamo stare attenti e guardarci intorno, visto che tutti sappiamo quelli che siamo».
Giuseppe Cilento è il sindaco della piccolissima San Mauro, nell’entroterra cilentano che con Pollica condivide il segretario comunale e gli scuolabus. «Noi, d’estate, siamo un po’ il dormitorio di Acciaroli. E di facce nuove, in paese, ne sono spuntate, eccome», afferma, «È arrivata gente da Napoli, ha comprato e aperto un bar dalla mattina alla sera ma nessuno di San Mauro ci è mai entrato». I proprietari del locale si sono poi dileguati: «È entrata la Finanza in quel bar, per darci una mano perché nel mio Comune non ci sono i carabinieri e dopo quattro mesi quei napoletani hanno dovuto chiudere e se ne sono andati».
da www.corriere.it
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